Iscriviti alla newsletter

Antidepressivi mostrano segni di poter contrastare l'Alzheimer

Un nuovo studio su topi ed esseri umani riferisce che antidepressivi ampiamente usati possono ridurre le placche cerebrali infauste associate all'Alzheimer.

Le scansioni del cervello di persone che hanno assunto antidepressivi rivelano un minor numero di macchie della proteina beta-amiloide, un obiettivo delle strategie di prevenzione dell'Alzheimer, rispetto alle persone che non hanno preso i farmaci.

Molti nel settore hanno espresso cautela sui risultati.

Ma, se confermati da ulteriori studi, i risultati potrebbero puntare a un nuovo modo relativamente sicuro per trattare e prevenire l'Alzheimer, che è la sesta causa di morte negli Stati Uniti. "Penso che questa sia una meravigliosa notizia, e penso che ci sarà un sacco di entusiasmo per questo", dice l'internista Michael Weiner, che guida la Alzheimer Disease Neuroimaging Initiative al campus Veterans Affairs Medical Center della University of California a San Francisco. "E indica la strada verso un possibile approccio per trattare l'Alzheimer di cui non si è parlato molto".

Nello studio, i topi geneticamente modificati per produrre beta-amiloide in eccesso, o A-beta, hanno ricevuto uno dei tre inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, una classe di antidepressivi che aumentano i livelli circolanti di serotonina, messaggero chimico nel cervello. Dopo una singola dose di antidepressivi, i livelli di A-beta sono diminuiti nel liquido che circonda le cellule del cervello del topo, riferiscono i ricercatori in un rapporto apparso online la settimana del 22 agosto nei Proceedings of the National Academy of Sciences. Un giorno intero dopo aver ricevuto il farmaco, il livello di A-beta dei topi è sceso di quasi un quarto.

La somministrazione continua del farmaco per lungo termine, ha avuto un effetto maggiore. Topi ingegnerizzati che hanno assunto il citalopram SSRI per quattro mesi avevano circa la metà delle placche di A-beta nel cervello rispetto ai topi che non avevano avuto la medicina. Questa riduzione sembra avvenire attraverso una proteina chiamata ERK, che funge da intermediario tra le proteine sensibili alla serotonina delle cellule cerebrali e la e produzione di A-beta. Capire i dettagli di questo processo può aprire la porta allo sviluppo di nuovi modi per prevenire la formazione di A-beta, dice il co-autore dello studio John Cirrito della Washington University School of Medicine a St. Louis.

Per vedere se un effetto simile potrebbe accadere nelle persone, gli scienziati hanno scansionato il cervello di 186 anziani cognitivamente normali e hanno cercato i segni delle placche di A-beta. Il team ha utilizzato un composto chiamato PIB che si lega ai grossi grumi di A-beta nel cervello e si illumina su una PET. Di questi partecipanti, 52 hanno riferito di aver preso un antidepressivo negli ultimi cinque anni. Queste persone, i ricercatori hanno scoperto, avevano circa la metà del carico di A-beta nel cervello rispetto alle persone che non avevano preso un antidepressivo. Di più, la lunghezza del tempo in cui i partecipanti hanno preso i farmaci era correlata alla densità delle placche di A-beta nel cervello: più lunga è la dose di antidepressivo, minore la densità di placca.

"Pensiamo che ci siano influenze che vanno in due direzioni opposte", dice il coautore dello studio e psichiatra Yvette Sheline, anche lei della Washington University. "Pensiamo che la depressione spinge verso la demenza, ma il trattamento antidepressivo spinge verso la protezione". Trovare risultati simili nei topi e nell'uomo aumenta la credibilità dello studio, dice Weiner. "Quando si dispone di dati animali e dati sugli esseri umani che coinvidono, si inizia ad entusiasmarsi". Eppure, Weiner e altri raccomandano cautela, poichè sarebbe prematuro concludere che gli antidepressivi proteggono contro l'accumulo di A-beta o che un minor numero di placche si traduce necessariamente in una minore gravità della malattia.

Lo studio ha scoperto un'associazione - non una chiara causa ed effetto, nota Weiner. "Non possiamo dire con certezza che il motivo per cui persone che hanno preso il SSRI hanno meno amiloide corticale sia dovuta al fatto che hanno preso gli SSRI" dice. E la neuroscienziata molecolare Heather Snyder dell'Associazione Alzheimer di Chicago fa notare che anche se gli antidepressivi sono in grado di ridurre l'A-beta, gli scienziati ancora non sanno come i livelli di A-beta danneggiano il cervello. "Non sappiamo davvero cosa farà alla cognizione la modulazione dell'amiloide", dice. "E non sappiamo se abbiamo bisogno di ridurla del 10 o del 20 per cento, o se deve essere completamente invertita".

Un altro fattore di confusione è che l'A-beta può assumere forme diverse nel cervello, da piccole molecole a ciuffi appiccicosi di grandi dimensioni, e alcune forme possono essere più pericolose di altre. Interpretare i grumi di A-beta che il PIB rileva nelle scansioni del cervello umano rimane impegnativo. "Siamo stati molto cauti", spiega Cirrito. "Ci sono un sacco di persone su questi farmaci e non vogliamo che nessuno si entusiasmi eccessivamente senza motivo". Lui e i suoi colleghi hanno un programma per verificare se le dosi acute di SSRI cambiano i livelli di A-beta nel liquido cerebrospinale di soggetti sani.

Even if the new findings are replicated in larger studies, a major question about Alzheimer's and antidepressants remains, Sheline says. Sheline dice che "Anche se le nuove scoperte vengono replicate in studi più ampi, rimane una domanda importante riguardo l'Alzheimer e gli antidepressivi. La vera questione (su cui questo documento non fornisce alcun chiarimento) è se questo significa che a lungo termine, quelli trattati con SSRI avranno meno rischio di demenza? E questo è esattamente quello che deve essere verificato dallo studio più grande".

 

 

 


Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce?
Puoi usare il modulo dei commenti sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica. Non tenerla per te, non farci perdere l'occasione di conoscerla.

 

 


Scritto da Laura Sanders, pubblicato in Science News il 22 agosto 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi, eventualmente citati nell'articolo, sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non si propone come terapia o dieta; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer Riese. I siti terzi raggiungibili dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente; in particolare si segnala la presenza frequente di una istituzione medica con base in Germania (xcell-Center) che propone la cura dell'Alzheimer con cellule staminali; la Società Tedesca di Neuroscienze ha più volte messo in guardia da questa proposta il cui effetto non è dimostrato. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione, una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e a informarti:

Notizie da non perdere

La demenza ci fa vivere con emozioni agrodolci

23.05.2023

Il detto è: dolce è la vita. E, anche se vorremmo momenti costantemente dolci, la vita...

I ricordi potrebbero essere conservati nelle membrane dei tuoi neuroni

18.05.2023

Il cervello è responsabile del controllo della maggior parte delle attività del corpo;...

Immergersi nella natura: gioia, meraviglia ... e salute mentale

10.05.2023

La primavera è il momento perfetto per indugiare sulle opportunità.

La primavera è u...

Qualità della vita peggiora quando l'Alzheimer è complicato dal cancro

28.04.2023

Che considerazioni si possono fare per una persona con Alzheimer che riceve anche la diagnosi di can...

Gli interventi non farmacologici per l'Alzheimer sono sia efficaci che co…

19.04.2023

Un team guidato da ricercatori della Brown University ha usato una simulazione al computer per di...

Farmaci per il sonno: limitazioni e alternative

18.04.2023

Uno studio pubblicato di recente sul Journal of Alzheimer's Disease è l'ultima...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), ...

Flusso del fluido cerebrale può essere manipolato dalla stimolazione sensoria…

11.04.2023

Ricercatori della Boston University, negli Stati Uniti, riferiscono che il flusso di liq...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

10 Consigli dei neurologi per ridurre il tuo rischio di demenza

28.02.2023

La demenza colpisce milioni di persone in tutto il mondo, quasi un over-65 su 10. Nonost...

Orienteering: un modo per addestrare il cervello e contrastare il declino cogn…

27.01.2023

Lo sport dell'orienteering (orientamento), che attinge dall'atletica, dalle cap...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello ...

Scoperta ulteriore 'barriera' anatomica che difende e monitora il ce…

11.01.2023

Dalla complessità delle reti neurali, alle funzioni e strutture biologiche di base, il ...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

Goccioline liquide dense come computer cellulari: nuova teoria sulla causa del…

22.09.2022

Un campo emergente è capire come gruppi di molecole si condensano insieme all'interno d...

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

Scoperto un fattore importante che contribuisce all'Alzheimer

22.08.2022

Una ricerca guidata dai dott. Yuhai Zhao e Walter Lukiw della Luisiana State University ...

Dare un senso alla relazione obesità-demenza

2.08.2022

Questo articolo farà capire al lettore perché l'obesità a volte può aumentare il ris...

Svolta per l'Alzheimer? Confermato collegamento genetico con i disturbi i…

26.07.2022

Uno studio eseguito in Australia alla Edith Cowan University (ECU) ha confermato il legame tra Alzhe...

Studio rivela dove vengono memorizzati i frammenti di memoria

22.07.2022

Un momento indimenticabile in un ristorante può non essere esclusivamente il cibo. Gli ...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.