Ricerche
Nanodispositivi potrebbero contrastare la formazione di placche di Alzheimer
Parte dell'immagine di copertina della rivista AFM dedicata alla ricerca descritta in questo articolo.
Le persone con morbo di Alzheimer (MA) hanno un tipo specifico di placca, composta da molecole auto-assemblate chiamate peptidi amiloide-beta (Aβ), che si accumulano nel cervello nel corso del tempo. Si ritiene che questo accumulo contribuisca alla perdita della connettività neurale e alla morte delle cellule. I ricercatori stanno studiando i modi per impedire ai peptidi di formare queste placche pericolose, per fermare lo sviluppo del MA nel cervello.
In uno studio multidisciplinare, scienziati dell'Argonne National Laboratory del Ministero dell'Energia (DOE) degli USA, insieme con i collaboratori dell'Istituto Creano di Scienza e Tecnologia (KIST) e del Korea Advanced Institute of Science and Technology (KAIST), hanno sviluppato un approccio per prevenire la formazione della placca, progettando un dispositivo di dimensioni nanometriche che cattura i peptidi pericolosi prima che possano auto-assemblarsi.
“I peptidi Aβ derivano dal taglio della proteina precursore dell'amiloide, un componente normale delle cellule cerebrali”, ha detto Rosemarie Wilton, biologa molecolare nella divisione di bioscienze dell'Argonne. “In un cervello sano, questi peptidi scartati sarebbero eliminati”. Il cervello incline allo sviluppo del MA, però, non elimina i peptidi, lasciando che si raggruppino in placche distruttive.
“L'idea è che, alla fine, un impasto di nostri nanodispositivi possa raccogliere i peptidi mentre cadono dalle cellule, prima che abbiano la possibilità di aggregarsi”, ha aggiunto Elena Rozhkova, scienziata del Centro Materiali su Nanoscala (CNM) dell'Argonne.
Decorare la superficie
I ricercatori hanno coperto la superficie del nuovo nanodispositivo con frammenti di un anticorpo - un tipo di proteina - che riconosce e si lega ai peptidi Aβ. La superficie del nanodispositivo è sferica e porosa, e i suoi crateri massimizzano la superficie disponibile che gli anticorpi devono coprire. Più superficie significa più capacità di catturare i peptidi appiccicosi.
Per trovare il rivestimento ottimale, gli scienziati hanno prima cercato nella letteratura esistente gli anticorpi che hanno un'alta affinità con i peptidi Aβ. Era importante scegliere un anticorpo che attirasse i peptidi, ma che non si legasse ad altre molecole nel cervello. Poi la squadra, guidata dalla Wilton, ha prodotto gli anticorpi nei batteri e ha testato le loro prestazioni.
Una molecola anticorpale completa può essere lunga fino a qualche decina di nanometri, una cosa grande nel regno delle nanotecnologie. Tuttavia, solo una frazione di questo anticorpo è coinvolto nell'attirare i peptidi. Per massimizzare l'efficacia e la capacità dei nanodispositivi, il gruppo della Wilton ha prodotto piccoli frammenti di anticorpi per decorare la superficie del nanodispositivo.
Progettare e testare il nanodispositivo
Gli scienziati del CNM hanno costruito la base dei nanodispositivi sferici e porosi su silice, un materiale usato da tempo nelle applicazioni biomediche grazie alla sua duttilità nella sintesi e la sua non tossicità nel corpo. Rivestiti con i frammenti di anticorpo, i nanodispositivi catturano e intrappolano i peptidi Aβ con elevata selettività e resistenza.
“Molti tentativi di prevenire il MA hanno cercato di impedire agli enzimi di tagliare i peptidi Aβ dalla superficie della cellula”, ha detto la Rozhkova, che ha guidato il progetto del CNM. “Il nostro approccio di eliminazione è più diretto. Abbiamo preso blocchi di costruzione dalle nanotecnologie e dalla biologia per progettare una 'gabbia' di elevata capacità, che intrappola i peptidi e li elimina dal cervello”.
Al CNM, gli scienziati hanno testato l'efficacia dei dispositivi, confrontando come i peptidi si sono comportati in assenza e in presenza dei nanodispositivi. Usando la microscopia elettronica a trasmissione (TEM) in vitro, hanno osservato un notevole calo dell'aggregazione del peptide in presenza dei nanodispositivi. Essi hanno analizzato ulteriormente le interazioni con la microscopia confocale a scansione laser e la misurazione di termoforesi in microscala, due altre tecniche per la caratterizzazione delle interazioni su scala nanometrica.
Gli scienziati hanno anche eseguito la diffrazione raggi X a piccolo angolo per studiare i processi che rendono porosi i nanodispositivi durante la sintesi. I ricercatori hanno effettuato la caratterizzazione a raggi X, guidati da Byeongdu Lee, della X-ray Science division dell'Argonne.
Questi studi hanno confermato che i nanodispositivi sequestrano oltre il 90% in più di peptidi dal percorso di aggregazione, rispetto alle particelle di silice di controllo senza i frammenti anticorpali. Tuttavia, i dispositivi devono ancora dimostrare la loro efficacia e sicurezza all'interno delle cellule [umane] e nel cervello.
Joonseok Lee - che originariamente aveva proposto questo esperimento all'Argonne come direttore del post-dottorato e che ha iniziato il progetto del nanodispositivo - ha proseguito lo studio del potenziale terapeutico di questo dispositivo al KIST e al KAIST.
“La posizione di direzione del post-dottorato è una rara opportunità offerta all'Argonne che consente progetti di ricerca unici e collaborazioni inter-settore che non potrebbero altrimenti essere possibili”, ha detto la Rozhkova. “Abbiamo menti incredibili nel laboratorio che vogliono esplorare argomenti fuori della zona predefinita della ricerca, e questo programma incoraggia questa creatività e innovazione".
Gli esperimenti in vivo - quelli nelle cellule viventi - eseguiti da Lee e dai suoi collaboratori hanno dimostrato che i nanodispositivi non sono tossici per le cellule. Essi hanno inoltre testato l'efficacia dei dispositivi nel cervello di topi con MA, dimostrando la soppressione di circa il 30% di formazione di placca nei cervelli che contengono i nanodispositivi rispetto ai cervelli di controllo. La ricerca sui topi è stata condotta al KIST e KAIST in Corea del Sud con le appropriate approvazioni governative.
Questo studio ha combinato i punti di forza dell'ingegneria degli anticorpi e della nanotecnologia, la potenza di due divisioni dell'Argonne, e una collaborazione innovativa risultante dal programma di post-dottorato del laboratorio, per esplorare un approccio tecnologico che possa prevenire il MA.
Con un approccio simile, gli scienziati possono anche accoppiare le nanoparticelle di silice ad anticorpi diversi che puntano molecole bersaglio correlate ad altre malattie neurodegenerative come l'Huntington e il Parkinson, entrambe con aggregazione di proteine anomali. Le nanoparticelle porose possono essere ulteriormente adattate per applicazioni che comprendono la scansione fluorescente e la risonanza magnetica.
Fonte: Savannah Mitchem in Argonne National Laboratories (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Huijin Jung, You Jung Chung, Rosemarie Wilton, Chang Heon Lee, Byung Il Lee, Jinyeong Lim, Hyojin Lee, Jong‐Ho Choi, Hyuno Kang, Byeongdu Lee, Elena A. Rozhkova, Chan Beum Park, Joonseok Lee. Silica Nanodepletors: Targeting and Clearing Alzheimer's β‐Amyloid Plaques. Advanced Functional Materials, 17 Feb 2020, DOI
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