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Errori da evitare quando si incontra un paziente di Alzheimer


Dal momento che sono andata in pensione tre anni fa, mi sono offerta volontariamente di andare a trovare alcune signore con demenza in una struttura locale di assistenza alla memoria.


In un primo momento ho esitato a fare questo perché pensavo che sarebbe stato deprimente e mi avrebbe ricordato il mio compagno di vita, Ed, scomparso per Alzheimer diversi anni fa.


Ma non è stato deprimente per niente, tranne un po' la prima volta. Avevo anche pensato che mi sarei sentita devastata se una delle donne che andavo a trovare fosse morta. Bene, due sono morte finora. Sono molto triste che se ne siano andate ma non posso in sincerità dire che io sia devastata.


Ho sempre sentito dire che quando si fa questo tipo di lavoro di volontariato si riceve molto più di quanto si dà. Non l'avevo mai creduto. Ma devo dire che nel mio caso è stato proprio vero. Non importa in quale stato d'animo mi trovo quando arrivo, mi sento sempre meglio quando me ne vado. Davvero!


Conoscendo il mio interesse, e le numerose pubblicazioni sul caregiving di Alzheimer, sia io che l'amministratore della struttura abbiamo pensato che sarebbe stato un gioco da ragazzi. Avrei dovuto essere la visitatrice suprema. (Ho anche pubblicato un articolo sulla visita alle persone con Alzheimer).


Sono imbarazzata nel dire, però, che ho fatto molti errori nel corso dei mesi. In realtà, direi che meritavo il punteggio peggiore quanto alla capacità di visita, soprattutto all'inizio. Ho imparato che sapere cosa fare, e farlo, in realtà possono essere due cose molto diverse.


Ecco qui un elenco dei miei errori, sperando che possa essere di aiuto agli altri.

  1. Non ho pensato di spiegare a una qualsiasi delle donne chi ero e perché ero lì. Due erano vigili e abbastanza curiose di chiedermelo. La terza sembrava confusa per la mia presenza.
  2. Ho dato a Nancy (nome di fantasia) tre istruzioni in una sola frase. Quando le ho detto che ero lì per farle visita, lei mi ha chiesto come sarebbe andata. Ho detto: "Per prima cosa andiamo giù nella tua camera, poi ci sediamo, e poi parliamo un pò". (Non c'è da stupirsi se non voleva parlare con me!) Non poteva ricordare queste tre cose.
  3. Mentre ci stavamo recando alla stanza di Nancy le ho parlato da dietro, chiaramente una cosa da non fare. Lei non riusciva a sentirmi bene e non sapevo nemmeno se stavo parlando con lei.
  4. Non ho osservato che Nancy si stava agitando seriamente quando le facevo sentire Elvis e non ho fermato la musica, come avrei dovuto.
  5. Ho chiesto a tutte e tre, almeno una volta, se si ricordavano qualche persona o evento specifico. Ciò non faceva che confonderle e farle sentire male, non riuscendo a ricordare.
  6. Ho corretto Carolyn quando mi ha detto che non aveva una figlia. In precedenza mi aveva parlato di sua figlia, così glielo ho ricordato. L'ho messa inutilmente in imbarazzo.
  7. Ho sempre dimenticato di rivolgermi a loro usando di frequente il loro nome. Usare il nome aiuta a sviluppare un legame.
  8. Un giorno, quando sono andata a trovare Carolyn, aveva già un altro visitatore. Quella donna mi ha detto di entrare e l'ho fatto. Carolyn è diventata confusa. C'erano troppi stimoli per lei. Non ho avuto il buon senso di uscire e tornare più tardi. Avrei dovuto andarmene immediatamente quando ho visto quanto era confusa.
  9. Ho semplicemente dato per scontato che Ruth non ricordasse nulla della precedente visita, quando le avevo dato una fotografia di una rosa. Quando sono arrivata il Giovedì successivo ho preso quella fotografia e le ho chiesto da chi l'aveva avuta. Sembrava un po' seccata e ha detto che gliela avevo data io. Mai più darò per scontato che una persona con Alzheimer non ricordi qualche evento specifico!
  10. Infine, quando Ruth mi ha chiesto di suo marito ho fatto l'errore di dirle che era morto, invece di usare l'approccio che si usa in queste occasioni di dire una bugia innocente, inventando un motivo per cui lui era solo momentaneamente assente.


Beh, questo è tutto. Se parliamo di essere in imbarazzo, certamente lo sono. Ma almeno so quali sono gli errori che ho fatto, e che ora sto cercando di evitare.

 

 

 


Fonte: Marie Marley su Huffington Post (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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