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Altro passo nella comprensione dei meccanismi che generano l'Alzheimer

Un ricercatore della School of Medicine dell'Università di Pittsburgh ha scoperto che le placche mortali della malattia di Alzheimer interagiscono con alcune proteine cellulari per inibire i segnali normali che mantengono il flusso di sangue al cervello.

I livelli di ossido nitrico (NO) - una molecola di segnalazione che aiuta a regolare il flusso di sangue, e processi immunitariee neurologici - si ritiene che siano bassi nei cervelli di persone che hanno l'Alzheimer, ma il motivo non è ancora stato chiarito, ha detto il co-autore dello studio Jeffrey S. Isenberg, professore associato della Divisione di Pneumologia, Allergologia e Medicina Critica alla Pitt School of Medicine.

"La nostra ricerca fa luce su come si verifica la perdita di NO e rivela i percorsi biochimici che i progettisti di farmaci dovrebbero essere in grado di sfruttare per trovare nuovi farmaci per l'Alzheimer", ha detto. "Ci sono prove che suggeriscono che migliorare i livelli di NO può proteggere i neuroni da degenerazione e morte."

I ricercatori, guidati dal primo autore Thomas Miller e dall'autore senior David D. Roberts, entrambi del Laboratorio di Patologia National Cancer Institute (NCI) presso i National Institutes of Health, hanno scoperto in esperimenti su cellule umane e dei topi che il beta-amiloide, il componente principale delle placche che si accumulano sulle cellule cerebrali nell'Alzheimer, si lega ad un recettore di superficie cellulare chiamato CD36, che riduce l'attività del ciclasi guanilato, solubile agli enzimi, riducendo la segnalazione del NO. Ma questo effetto inibitorio richiede la presenza e l'interazione con CD47, un'altra proteina della superficie cellulare, indicando che serve identificare le altre fasi del cammino.

"E' possibile che un agente capace di bloccare il CD36 o il CD47 possa rallentare la progressione della degenerazione neuronale nell'Alzheimer, salvaguardando la produzione di NO nel cervello", ha detto Isenberg. "E' importante che abbiamo già identificato gli agenti terapeutici che possono interrompere il segnale di inibizione indotto da queste interazioni per massimizzare la produzione, la capacità di segnalazione e la sensibilità del NO".

I risultati sono stati pubblicati in Public Library of Science One.

Fonte: SiFiNews.com, 11 gennaio 2011

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