Ricerche
L'effetto placebo è influenzato dalla genetica
Al banco dei farmaci del supermercato: 'Placebo' e 'Placebo super potenziato' I farmaci con effetto placebo hanno contribuito a alleviare i sintomi delle malattie per secoli e da più di 70 anni sono una componente fondamentale della ricerca clinica per testare nuove terapie farmacologiche.
Ma il motivo per cui alcune persone rispondono al placebo e altri no è tuttora argomento di discussione.
Con l'avvento della genomica, i ricercatori stanno imparando che le risposte placebo vengono modificate dalla genetica di una persona, una scoperta che solleva domande importanti e nuove riguardanti il ruolo del placebo nella cura del paziente e nello sviluppo di farmaci:
- Quanti biomarcatori genetici esistono?
- Il campo medico può sfruttare la risposta al placebo per migliorare il trattamento medico personalizzato?
- Quale potrebbe essere l'impatto delle interazioni placebo-farmaco?
- E cosa implicheranno queste nuove informazioni per gli studi clinici randomizzati, che dipendono dai controlli con placebo per testare l'efficacia di nuovi farmaci candidati?
- Un controllo "no-trattamento" dovrebbe essere aggiunto agli esperimenti futuri?
I ricercatori del Program in Placebo Studies (PiPS) del Beth Israel Deaconess Medical Center (BIDMC) e del Dipartimento di Medicina del Brigham and Women Hospital hanno esaminato queste tematiche provocatorie in una revisione delle evidenze provenienti da studi con placebo e da esperimenti clinici randomizzati.
L'articolo di ricerca, pubblicato online ieri in Trends in Molecular Medicine, introduce il concetto di «placeboma», e identifica una rete di geni che potrebbero influenzare significativamente la progettazione medica e del design degli studi clinici, suggerendo che i placebo hanno un ruolo più importante nella cura della salute di quanto si sia riconosciuto finora.
"Il sequenziamento genetico rivela che la risposta al placebo è, in effetti, un fenotipo complesso con una fisiologia che si sta svelando", dice l'autrice corrispondente Kathryn T. Hall, PhD, MPH, ricercatrice della Divisione di Medicina Generale e di Assistenza Primaria al BIDMC e alla Harvard Medical School. "Lo studio degli effetti genomici sulla risposta al placebo (quello che noi chiamiamo «placeboma») è all'inizio, ma ci sono già ampie evidenze che le variazioni genetiche nei percorsi cerebrali dei neurotrasmettitori modificano gli effetti placebo. Come risultato, le risposte placebo stanno emergendo come una serie di reazioni biologiche legittime che devono essere rigorosamente caratterizzate per uno sviluppo farmaceutico efficiente e per la cura ottimale del paziente".
L'articolo si concentra su alcuni concetti fondamentali per il futuro della ricerca e discute il ruolo del placeboma nella sanità.
I neurotrasmettitori e l'effetto placebo
L'effetto placebo insorge quando i pazienti mostrano un miglioramento da trattamenti che non contengono principi attivi. Gli scienziati all'inizio hanno usato strumenti comportamentali, come ad esempio le misure della personalità, per predire quali pazienti avrebbero risposto al placebo, ma negli ultimi dieci anni, lo sviluppo di sofisticate tecnologie di neuroscansione hanno fatto luce sull'attivazione di percorsi cerebrali dei neurotrasmettitori in risposta al placebo.
"Poiché [i neurotrasmettitori] sono i messaggeri chimici che eccitano o inibiscono le funzioni nervose nel cervello, molti di essi hanno un ruolo cruciale nella ricompensa e nel dolore", spiega la Hall. "Abbiamo ipotizzato che una variazione genetica, nei geni che codificano le proteine in questi percorsi di neurotrasmettitori, potrebbe anche modificare le risposte al placebo".
Nel 2012 la Hall ha identificato il primo biomarcatore del placebo, il gene catecol-O-metiltransferasi (COMT), riferendo che le variazioni genetiche nel COMT (che influenzano i livelli cerebrali del neurotrasmettitore dopamina) determinano anche il grado di risposta al placebo di un individuo.
Una revisione della letteratura scientifica degli ultimi 10 anni ha fornito agli autori l'ulteriore conferma che, oltre al gene COMT, c'è l'evidenza di variazioni genetiche in altri percorsi di neurotrasmettitori che modificano la risposta al placebo. Questi includono i percorsi oppioidi, endocannabinoidi e della serotonina, suggerendo l'esistenza potenziale di un placeboma o "rete" di geni.
La possibilità di interazioni placebo-farmaci
Sapere che i percorsi neurotrasmettitori sono coinvolti nella risposta al placebo solleva ora una nuova considerazione sia per la cura del paziente che per la ricerca clinica, dicono gli autori: e se le risposte al placebo e quelle farmacologiche condividessero gli stessi percorsi cerebrali?
"Stiamo scoprendo che il placebo non è l'unico componente dell'effetto placebo", spiega il co-autore della ricerca Ted Kaptchuk, Direttore dei PiPS al BIDMC e Professore di Medicina alla Harvard Medical School. "Su questi percorsi neurotrasmettitori, che sono modificati dalla genetica, agiscono sia i farmaci che i placebo. Ciò suggerisce ora che un farmaco potrebbe cambiare una risposta al placebo e una risposta al placebo potrebbe modificare una risposta farmacologica".
Gli autori aggiungono che la sovrapposizione potenziale tra il placebo, il trattamento farmacologico e la malattia aumenta la complessità del placeboma e sottolinea l'importanza di capire come esso si inserisce nelle reti più grandi e più complesse.
Ramo «no-trattamento» negli studi clinici
"La possibilità che ci possa essere una interazione placebo-farmaco, a causa della variazione genetica nel percorso dei geni placebo, suggerisce che abbiamo bisogno di affinare e ricalibrare le ipotesi di controllo con placebo negli studi clinici randomizzati", scrivono gli autori. "Un passo successivo importante nel descrivere il placeboma sarebbe includere un controllo non-trattamento negli studi clinici randomizzati, controllati con placebo. Questo approccio potrebbe essere economico e consentire una visione ampia dei geni della risposta al placebo e di altre molecole su varie condizioni e trattamenti".
Come «gold standard» [=pratica migliore] per la ricerca farmaceutica, gli studi clinici randomizzati dispongono di un «ramo placebo», progettato per controllare gli effetti non-specifici e non-farmacologici che fanno parte della gestione e della ricetta dei trattamenti clinici (cioè il modo in cui un medico è vestito, il modo in cui descrive cosa aspettarsi da un farmaco, perfino l'aspetto fisico dello studio del medico). Ma per studiare adeguatamente la risposta al placebo, gli autori propongono che sia integrato un controllo «no-trattamento» negli esperimenti.
"Il controllo migliore per un farmaco è un placebo, ma se si vuole studiare il placebo è necessario un controllo no-trattamento", dice la Hall. "Questa è una delle principali limitazioni della letteratura scientifica, ma crediamo che questo possa essere affrontata d'ora in poi inserendo tale ramo negli studi clinici futuri".
"La conoscenza del placeboma ha il potenziale di guidare lo sviluppo di nuove strategie sia per identificare i risponditori al placebo sia per progettare gli esperimenti clinici", aggiunge. "Il campo della farmacogenomica e il nostro sistema di assistenza sanitaria centrato sulla medicina di precisione, richiedono entrambi un trattamento giusto nel posto giusto al momento giusto, e incorporare il placeboma in questa strategia globale potrebbe contribuire a portare a trattamenti efficaci in termini di costo e a una migliore cura del paziente. Il placeboma ora ci permette di considerare il placebo in un modo biologico serio".
*****
Oltre alla Hall e a Kaptchuk, l'altro coautore è Joseph Loscalzo, del Dipartimento di Medicina del Brigham and Women Hospital. Gli autori sono finanziati dal National Center for Complementary and Alternative Medicine e dai National Institutes of Health.
Fonte: Beth Israel Deaconess (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Kathryn T. Hall et al. Genetics and the placebo effect: the placebome. Trends in Molecular Medicine, April 2015 DOI: 10.1016/j.molmed.2015.02.009
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Annuncio pubblicitario
Privacy e sicurezza dati - Informativa ex Art. 13 D. Lgs. 196/03
Gentile visitatore,
l'Associazione tratterà i Tuoi dati personali nel rispetto del D. Lgs. 196/G3 (Codice della privacy), garantendo la riservatezza e la protezione dei dati.
Finalità e modalità del trattamento: I dati personali che volontariamente deciderai di comunicarci, saranno utilizzati esclusivamente per le attività del sito, per la gestione del rapporto associativo e per l'adempimento degli obblighi di legge. I trattamenti dei dati saranno svolti in forma cartacea e mediante computer, con adozione delle misure di sicurezza previste dalla legge. I dati non saranno comunicati a terzi né saranno diffusi.
Dati sensibili: Il trattamento di dati sensibili ex art. 1, lett. d del Codice sarà effettuato nei limiti di cui alle autorizzazioni del Garante n. 2/08 e n. 3/08, e loro successive modifiche.
Diritti dell'interessata/o: Nella qualità di interessato, Ti sono garantiti tutti i diritti specificati all'art. 7 del Codice, tra cui il diritto di chiedere e ottenere l'aggiornamento, la rettificazione o l'integrazione dei dati, la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, e il diritto di opporsi, in tutto o in parte, per motivi legittimi, al trattamento dei dati personali che Ti riguardano.
Titolare del trattamento è l'Associazione di volontariato "Associazione Alzheimer o.n.l.u.s.”, con sede a Riese Pio X – Via Schiavonesca, 13 – telefax 0423 750 324.
Responsabile del trattamento è la segretaria dell’Associazione in carica.
Gestione «cookies»
Un cookie è una breve stringa di testo che il sito web che si sta visitando salva automaticamente sul computer dell'utente. I cookies sono utilizzati dagli amministratori di molti siti web per migliorarne funzionamento ed efficienza e per raccogliere dati sui visitatori.
Il nostro sito non utilizza i cookies per identificare i visitatori, ma per raccogliere informazioni al fine di arricchirne i contenuti e rendere il sito più fruibile.
Come cambiare le impostazioni del browser per la gestione dei cookies
È possibile decidere se permettere ai siti web che vengono visitati di installare i cookies modificando le impostazioni del browser usato per la navigazione. Se hai già visitato il nostro sito, alcuni cookies potrebbero essere già stati impostati automaticamente sul tuo computer. Per sapere come eliminarli, clicca su uno dei link qui di seguito: