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La metilazione del DNA coinvolta nell'Alzheimer

La metilazione del DNA coinvolta nell'AlzheimerLa metilazione del DNA (Fonte: Beckman Institute for Advanced Science and Technology, University of Illinois at Urbana-Champaign)

Un nuovo studio condotto da ricercatori del Brigham and Women Hospital (BWH) e del Medical Center della Rush University rivela come i primi cambiamenti nella metilazione del DNA del cervello siano coinvolti nell'Alzheimer.


La metilazione del DNA è una alterazione biochimica dei mattoni costitutivi del DNA ed è uno dei marcatori che indicano se il DNA è aperto e biologicamente attivo in una determinata regione del genoma umano.


Lo studio è pubblicato on-line dal 17 Agosto 2014 su Nature Neuroscience. Secondo i ricercatori, questo è il primo studio di larga scala ad impiegare ricerche a livello di associazione dell'intero epigenoma che esaminano composizione e variazioni cromosomiche in relazione al cervello e all'Alzheimer.


"L'approccio del nostro studio ci può aiutare a comprendere meglio l'impatto biologico dei fattori di rischio ambientali, e delle esperienze di vita, sull'Alzheimer", ha detto Philip L. De Jager, MD, PhD, del «Program in Translational Neuropsychiatric Genomics», dei Dipartimenti di Neurologia e Psichiatria del BWH e autore principale dello studio. "Ci sono alcuni vantaggi a studiare l'epigenoma (= i cambiamenti chimici che si verificano nel DNA). L'epigenoma è malleabile e può ospitare tracce di eventi di vita che influenzano la suscettibilità alle malattie (come fumo, depressione e menopausa), che possono influenzare la suscettibilità all'Alzheimer e ad altre malattie".


I ricercatori hanno analizzato i campioni di 708 cervelli donati dai soggetti dello studio sugli Ordini Religiosi e del «Rush Memory and Aging Project», condotto dal co-autore, David A. Bennett, MD, dell'Alzheimer's Disease Center della Rush di Chicago. Essi hanno scoperto che i livelli di metilazione si correlavano all'Alzheimer in 71 dei 415.848 marcatori CpG analizzati (un paio di blocchi di DNA costituiti da una citosina e un nucleotide di guanina che si trovano uno accanto all'altro). Questi 71 marcatori sono stati trovati nei geni ANK1 e RHBDF2, così come in ABCA7 e BIN1 che ospitano varianti di suscettibilità conosciute dell'Alzheimer.


Inoltre, l'indagine di queste associazioni CpG ha svelato dei geni vicini la cui espressione dell'RNA era alterata nei campioni di cervello con Alzheimer: ANK1, CDH23, DIP2A, RHBDF2, RPL13, RNF34, SERPINF1 e SERPINF2. Questo suggerisce che le associazioni CpG identificano i geni la cui funzione è alterata nell'Alzheimer.


E inoltre: "Poiché questi risultati si trovano anche nel sottogruppo di soggetti che non sono cognitivamente compromessi al momento della morte, sembra che questi cambiamenti nella metilazione del DNA possano avere un ruolo nell'insorgenza dell'Alzheimer", ha detto De Jager. "Inoltre il nostro lavoro ha permesso di identificare le regioni del genoma umano che sono alterate nel corso della vita in un modo che è associato con l'Alzheimer. Ciò può fornire indizi per il trattamento della malattia con farmaci che influenzano la funzione epigenetica".

 

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Questa ricerca è stata sostenuta dai National Institutes of Health, dalla Siragusa Foundation, da Robert and Clarice Smith, dall'Abigail Van Buren Alzheimer's Disease Research Program e da Alzheimer's Research UK.

 

 

 

 

 


Fonte:  Brigham and Women's Hospital via EurekAlert (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:  Philip L De Jager, Gyan Srivastava, Katie Lunnon, Jeremy Burgess, Leonard C Schalkwyk, Lei Yu, Matthew L Eaton, Brendan T Keenan, Jason Ernst, Cristin McCabe, Anna Tang, Towfique Raj, Joseph Replogle, Wendy Brodeur, Stacey Gabriel, High S Chai, Curtis Younkin, Steven G Younkin, Fanggeng Zou, Moshe Szyf, Charles B Epstein, Julie A Schneider, Bradley E Bernstein, Alex Meissner, Nilufer Ertekin-Taner, Lori B Chibnik, Manolis Kellis, Jonathan Mill, David A Bennett. Alzheimer's disease: early alterations in brain DNA methylation at ANK1, BIN1, RHBDF2 and other loci. Nature Neuroscience, 2014; DOI: 10.1038/nn.3786

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