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Ripristinare l'ordine nel cervello: rigenerare i neuroni per alleviare i sintomi dell'Alzheimer

Ripristinare l'ordine nel cervello: rigenerare i neuroni per alleviare i sintomi dell'AlzheimerL'Alzheimer è la malattia neurologica degenerativa più diffusa nel mondo. Oltre cinque milioni di americani vivono con essa, e un anziano ogni tre morirà con la malattia o con una forma di demenza simile.


Anche se la perdita di memoria è un sintomo comune del morbo, altre manifestazioni comportamentali (depressione, perdita di inibizione, deliri, agitazione, ansia e aggressività) possono essere ancora più difficili per le vittime e le famiglie con cui vivono.


Ora il Prof. Daniel Offen e il dottor Adi Shruster della Sackler School of Medicine dell'Università di Tel Aviv hanno scoperto che, ristabilire una popolazione di nuove cellule nella parte del cervello associata con il comportamento, riduce significativamente alcuni sintomi dell'Alzheimer, o addirittura li inverte del tutto.


La ricerca, pubblicata sulla rivista Behavioural Brain Research, è stata condotta su modelli di topo, ma fornisce un bersaglio promettente per i sintomi di Alzheimer negli esseri umani. "Fino a 15 anni fa, si credeva comunemente che noi nasciamo con un numero finito di neuroni; si perdono invecchiando o come risultato di un infortunio o una malattia", ha detto il Prof. Offen, che è anche Chief Scientific Officer della BrainStorm, una società biotech all'avanguardia nella ricerca sulle cellule staminali innovative. "Ora sappiamo che le cellule staminali possono essere usate per rigenerare delle aree del cervello".

 

Accelerare il recupero

Dopo l'introduzione delle cellule staminali nel tessuto cerebrale in laboratorio e vedendo dei risultati promettenti, il Prof. Offen ha sfruttato lo studio sui topi con sintomi simili all'Alzheimer. Egli ha introdotto il gene Wnt3a nella parte del cervello che controlla il comportamento del topo, specificamente paura e ansia, nella speranza che potesse contribuire alla formazione di geni che producono nuove cellule cerebrali.


Secondo il Prof. Offen, i topi di Alzheimer non trattati vagano spensieratamente in una zona sconosciuta e pericolosa del loro habitat, invece di valutare le potenziali minacce, come fanno invece i topi sani. Una volta trattati con il gene che aumenta la popolazione di neuroni nuovi, tuttavia, i topi tornano a valutare prima il nuovo ambiente, come al solito.


"I topi normali riconoscono il pericolo e lo evitano. I topi con la malattia, proprio come i pazienti umani, perdono il senso dello spazio e della realtà", ha detto il Prof. Offen. "Abbiamo prima dimostrato che le nuove cellule neuronali sono state prodotte nelle zone iniettate con il gene. Poi siamo riusciti a mostrare una riduzione dei sintomi a causa di questo ripopolamento neuronale". "La perdita di inibizione è un motivo di grande imbarazzo per la maggior parte dei pazienti e parenti di pazienti affetti da Alzheimer. Spesso, i pazienti si tolgono i pantaloni in pubblico, non avendo il senso del loro ambiente. Abbiamo visto un comportamento parallelo nei modelli animali di Alzheimer".

 

A seguire: la memoria

Dopo aver concluso che l'aumento della produzione di cellule staminali in una certa area del cervello ha avuto un effetto positivo sui deficit comportamentali dell'Alzheimer, il Prof. Offen ha spostato la ricerca alla zona del cervello che controlla la memoria. Lui e il suo team la stanno attualmente studiando in laboratorio e sono fiduciosi che i risultati del nuovo studio saranno simili. "Anche se ci sono molte domande a cui rispondere prima che questa ricerca produca terapie pratiche, siamo molto ottimisti circa i risultati e sentiamo che questa è una direzione promettente per la ricerca di Alzheimer", ha concluso il Prof. Offen.

 

 

 

 

 


FonteAmerican Friends of Tel Aviv University  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:  Adi Shruster, Daniel Offen. Targeting neurogenesis ameliorates danger assessment in a mouse model of Alzheimer's disease. Behavioural Brain Research, 2014; 261: 193 DOI: 10.1016/j.bbr.2013.12.028

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