Ricerche
Altra conquista nel rilevamento precoce dell'Alzheimer
Neuroblastoma umano con il nucleo delle cellule in blu; aggregati di amiloide-beta rossi all'interno dei lisosomi verdastri. (Foto: Lotta Agholme)Se l'Alzheimer potrà essere curato in futuro, questo richiederà una diagnosi precoce, che non è ancora possibile. Ora ricercatori della Linköping University in Svezia, hanno identificato sei proteine nel liquido spinale che possono diventare marcatori della malattia.
L'Alzheimer provoca una grande sofferenza e ha un tasso di mortalità del cento per cento. La distruzione delle cellule cerebrali inizia 10 o più anni prima del momento in cui iniziano a comparire i sintomi. Attualmente non c'è alcun trattamento che può interrompere il processo.
La maggior parte dei ricercatori ora concorda che una delle cause della malattia sono gli accumuli tossici (placche) della proteina amiloide-beta. In un cervello sano, le cellule sono purificate da tali prodotti in eccedenza attraverso i lisosomi, "impianti di smaltimento dei rifiuti" delle cellule (in verde nella foto).
"Nelle vittime dell'Alzheimer, succede qualcosa ai lisosomi per cui essi non riescono a prendersi cura del surplus di amiloide-beta. Essi si riempiono di spazzatura che normalmente sarebbe scomposta nelle parti che la componengono e riciclata", dice Katarina Kågedal, docente di Patologia Sperimentale all'Università di Linköping. E' lei la responsabile dello studio pubblicato ora in Neuromolecular Medicine.
L'ipotesi dei ricercatori era che questi cambiamenti nella rete lisosomiale del cervello potrebbero essere riflessi nel liquido spinale, che circonda le varie parti del cervello e drena il liquido verso la colonna spinale. Essi hanno studiato i campioni di midollo spinale di 20 pazienti affetti da Alzheimer e di un numero uguale di soggetti sani di controllo.
La ricerca mirava a 35 proteine associate alla rete lisosomiale. "Sei di queste erano chiaramente aumentate nei pazienti, nessuna di loro era in precedenza conosciuta come marcatore dell'Alzheimer", dice la Kågedal.
Parte del gruppo di ricerca: da sinistra Hanna Appelqvist, Linnea Sandin, la responsabile della ricerca Katarina Kågedal e Camilla Janefjord.
La sua speranza è che la scoperta del gruppo possa contribuire alla diagnosi precoce della malattia, che è necessaria inizialmente per eseguire i test clinici affidabili di farmaci candidati.
Ma forse le sei proteine lisosomiali potrebbero essere anche "bersagli farmacologici", obiettivi per lo sviluppo di farmaci. "Può essere una questione di rafforzare la protezione contro la formazione di placche o di riattivare i lisosomi in modo che riescano a scomporre le placche", dice la Kågedal.
Lo studio è stato condotto su 20 campioni di midollo spinale anonimi e archiviati, ed i risultati sono stati confermati in seguito su una gamma indipendente di campioni di uguale dimensione. Tutti i campioni sono stati forniti dal Laboratorio di Chimica Clinica del Sahlgrenska University Hospital.
Fonte: Linköping University.
Riferimenti: Andrea Armstrong, Niklas Mattsson, Hanna Appelqvist, Camilla Janefjord, Linnea Sandin, Lotta Agholme, Bob Olsson, Samuel Svensson, Kaj Blennow, Henrik Zetterberg, Katarina Kågedal. Lysosomal Network Proteins as Potential Novel CSF Biomarkers for Alzheimer’s Disease. NeuroMolecular Medicine, 2013; DOI: 10.1007/s12017-013-8269-3
Pubblicato in liu.se (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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