Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Il cervello 'ricorda' gli antidepressivi? Prove della potenza del placebo.

Gli individui con grave disturbo depressivo (MDD), sono spesso sottoposti a cicli ripetuti di trattamento con antidepressivi durante la loro vita.

Questo perché la malattia può ripresentarsi nonostante il trattamento e perchè trovare il farmaco giusto per uno specifico individuo può richiedere molto tempo.


Mentre la relazione tra l'intervento preventivo di trattamento e la risposta del cervello a quello successivo è sconosciuta, un nuovo studio dei ricercatori della UCLA suggerisce che il modo in cui il cervello risponde ai farmaci antidepressivi può essere influenzato dal ricordo che ha dell'esposizione precedente all'antidepressivo. È interessante notare che i ricercatori hanno usato un placebo innocuo come la chiave per tracciare le orme del precedente uso di antidepressivo.


Aimee Hunter, l'autore principale dello studio e assistente professore di psichiatria al Semel Institute for Neuroscience and Human Behavior dell'UCLA, e colleghi, hanno dimostrato che una semplice pillola di placebo, fatta per assomigliare all'antidepressivo vero, può "ingannare" il cervello per farlo rispondere allo stesso modo del farmaco reale. Il rapporto è stato pubblicato on-line il 23 marzo nella rivista European Neuropsychopharmacology.


I ricercatori hanno esaminato i cambiamenti nella funzione del cervello in 89 soggetti depressi nel corso di otto settimane di trattamento, utilizzando un farmaco antidepressivo o una pillola placebo dall'aspetto simile. Hanno deciso di confrontare i due trattamenti - farmaci versus placebo - ma hanno anche aggiunto un tocco in più: hanno esaminato separatamente i dati relativi ai soggetti che non avevano mai preso un antidepressivo e quelli che l'avevano fatto. I ricercatori si sono concentrati sulla corteccia prefrontale, una zona del cervello ritenuta coinvolta nella pianificazione del comportamento cognitivo complesso, nell'espressione della personalità, nelle capacità decisionali e nella moderazione del comportamento sociale, tutte cose contro cui lottano le persone depresse.


I cambiamenti del cervello sono stati valutati utilizzando misurazioni dell'elettroencefalogramma (EEG) sviluppate all'UCLA con i co-autori Dr. Ian Cook, professore Miller Family di Psichiatria all'UCLA, e il dottor Andrew Leuchter, professore di psichiatria e direttore del Laboratory of Brain, Behavior and Pharmacology del Semel Institute all'UCLA. Le misurazioni EEG, registrate da elettrodi sul cuoio capelluto, sono legate al flusso sanguigno nella corteccia cerebrale, che indica il livello di attività cerebrale. Il farmaco antidepressivo somministrato durante lo studio è apparso produrre una leggera diminuzione dell'attività cerebrale prefrontale, indipendentemente dal fatto che i soggetti avevano ricevuto un precedente trattamento antidepressivo durante la loro vita o meno. (I ricercatori fanno notare che una diminuzione dell'attività cerebrale non è necessariamente una cosa negativa; con la depressione, una eccessiva attività cerebrale può essere grave al pari di quella troppo ridotta).


Tuttavia, i ricercatori hanno osservato notevoli differenze nella potenza del placebo, a seconda dell'uso precedente di antidepressivi dei soggetti. Coloro che non erano mai stati trattati con un antidepressivo hanno mostrato forti aumenti di attività cerebrale prefrontale durante il trattamento con placebo. Ma coloro che hanno utilizzato farmaci antidepressivi in passato hanno mostrato lievi diminuzioni dell'attività prefrontale: cambiamenti indistinguibili da quelli prodotti dal farmaco vero e proprio. "La risposta del cervello alla pillola placebo sembra dipendere da quello che è successo in precedenza, sul fatto che il cervello abba 'visto' prima i farmaci antidepressivi o no", ha detto la Hunter, che è membro del gruppo di ricerca placebo al Laboratory of Brain, Behavior and Pharmacology. "Se lo ha visto prima, arriva la risposta specifica del cervello 'esposizione all'antidepressivo' ".


Secondo la Hunter, l'effetto appare evidentemente come un fenomeno di condizionamento classico, in cui una precedente esposizione al farmaco reale può aver prodotto la risposta specifica del cervello prefrontale e la successiva esposizione ai segnali che circondano la somministrazione del farmaco (il rapporto con il medico o l'infermiere, l'ambiente di trattamento medico, l'atto di prendere una pillola prescritta e così via) provoca una risposta simile del cervello attraverso il 'condizionamento' o l' 'apprendimento associativo'.


Mentre i farmaci possono avere un effetto potente sulla nostra fisiologia, ha detto la Hunter, "i comportamenti e gli spunti nell'ambiente che sono associati all'assunzione di farmaci possono provocare i loro stessi effetti. La storia di trattamento di ognuno è uno dei molti fattori che influenzano gli effetti complessivi del trattamento". Eppure, ha osservato, ci sono altre possibili spiegazioni, e sono necessarie ulteriori ricerche per districare i cambiamenti nella funzione del cervello legati all'esposizione agli antidepressivi, rispetto ai cambiamenti cerebrali legati al miglioramento clinico durante il trattamento.


I finanziamenti per lo studio sono arrivati dal National Institute of Mental Health, da Eli Lilly and Company, dai Wyeth-Ayerst Laboratories, e da Aspect Medical Systems; questi finanziatori non hanno alcun ruolo ulteriore nello studio. La Hunter ha ricevuto il sostegno finanziario da Covidien.

 

 

 

 

*************************
Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce? Puoi usare il modulo dei commenti qui sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica.

 

************************
Fonte: Materiale della University of California - Los Angeles. Articolo originale scritto da Mark Wheeler.

Riferimento:
Aimee M. Hunter, Ian A. Cook, Andrew F. Leuchter. Does prior antidepressant treatment of major depression impact brain function during current treatment? European Neuropsychopharmacology, 2012; DOI: 10.1016/j.euroneuro.2012.02.005.

Pubblicato in ScienceDaily il 26 Marzo 2012
- Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra:

Notizie da non perdere

Accumulo di proteine sulle gocce di grasso implicato nell'Alzheimer ad es…

21.02.2024

In uno studio durato 5 anni, Sarah Cohen PhD, biologa cellulare della UNC e Ian Windham della Rockef...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee g...

Svelata una teoria rivoluzionaria sull'origine dell'Alzheimer

28.12.2023

Nonostante colpisca milioni di persone in tutto il mondo, il morbo di Alzheimer (MA) man...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Infezione cerebrale da funghi produce cambiamenti simili all'Alzheimer

26.10.2023

Ricerche precedenti hanno implicato i funghi in condizioni neurodegenerative croniche co...

Scoperta nuova causa di Alzheimer e di demenza vascolare

21.09.2023

Uno studio evidenzia la degenerazione delle microglia nel cervello causata dalla tossicità del ferro...

Malato di Alzheimer: la casa di cura la paga lo Stato?

25.05.2023

Chi si fa carico delle spese per un malato di Alzheimer ricoverato in una casa di riposo? Scopriamo ...

I ricordi potrebbero essere conservati nelle membrane dei tuoi neuroni

18.05.2023

Il cervello è responsabile del controllo della maggior parte delle attività del corpo; l...

Gli interventi non farmacologici per l'Alzheimer sono sia efficaci che co…

19.04.2023

Un team guidato da ricercatori della Brown University ha usato una simulazione al computer per di...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Flusso del fluido cerebrale può essere manipolato dalla stimolazione sensorial…

11.04.2023

Ricercatori della Boston University, negli Stati Uniti, riferiscono che il flusso di liq...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

Orienteering: un modo per addestrare il cervello e contrastare il declino cogn…

27.01.2023

Lo sport dell'orienteering (orientamento), che attinge dall'atletica, dalle cap...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello d...

Scoperta ulteriore 'barriera' anatomica che difende e monitora il ce…

11.01.2023

Dalla complessità delle reti neurali, alle funzioni e strutture biologiche di base, il c...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

Goccioline liquide dense come computer cellulari: nuova teoria sulla causa del…

22.09.2022

Un campo emergente è capire come gruppi di molecole si condensano insieme all'interno de...

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

Scoperto un fattore importante che contribuisce all'Alzheimer

22.08.2022

Una ricerca guidata dai dott. Yuhai Zhao e Walter Lukiw della Luisiana State University ...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.