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Il rugby è legato alla demenza, secondo un esperto Inglese

Un esperto di lesioni cerebrali afferma che c'è un legame tra la demenza ad insorgenza precoce ed il rugby, uno sport ad alto grado di impatto come il football americano e l'hockey su ghiaccio.

Queste attività stanno iniziando a provocare quei problemi di vecchiaia che finora erano associati agli ex pugili, secondo il Dr Willie Stewart.


In un'intervista al Radio Scotland della BBC, il neurologo ha discusso la sua ricerca sul cervello con un ex giocatore di rugby, del quale ha esaminato parti di tessuto, trovando le proteine ​​anomale associate alle lesioni alla testa e alla demenza.


L'ex giocatore che ha preso parte allo studio ha livelli più elevati di tali proteine di un pugile dilettante in pensione che ha la demenza pugilistica, nota anche come sindrome del pugile suonato, encefalopatia del pugile e altri nomi. I sintomi compaiono solitamente circa 15 anni dopo l'inizio della carriera del pugile e comprendono problemi alla memoria, al linguaggio e alla personalità e una mancanza di coordinamento. Fino a poco tempo si riteneva che interessasse solo i pugili che hanno subito lesioni da commozione cerebrale in seguito a ripetuti colpi alla testa, afferma il dottor Stewart.


La percentuale di giocatori di rugby colpiti probabilmente è inferiore rispetto ad altri sport ad alto impatto dove la commozione cerebrale è comune, ma resta preoccupante. Parlando a Radio Scotland, il dottor Stewart ha detto: "Nel cervello delle persone sopravvissute a ferite alla testa stiamo trovando cambiamenti al microscopio molto simili a quelli della demenza, quindi le anomalie delle persone con Alzheimer".


"Sappiamo che nel pugilato, per esempio, le lesioni ripetute al cervello possono indurre una sindrome, la sindrome da pugile suonato, e si può immaginare che cos'è. La patologia, meglio classificata come demenza pugilistica, credavamo fosse legata solo alla boxe e che insorgesse dopo molte commozioni cerebrali. Ma quello che stiamo vedendo qui, e in America, è che sta accadendo in altri sport dove gli atleti sono esposti a lesioni alla testa ad alti livelli".


"Questi sport includono il football americano, l'hockey su ghiaccio e ora ho visto un caso in una persona che praticava il rugby. Il danno si manifesta in un certo numero di forme, vediamo un accumulo di una proteina sul cervello che appare normalmente nei casi di Alzheimer, che si accumula nelle cellule nervose ed è associata ad un funzionamento non corretto del cervello, quindi provoca problemi di memoria e problemi di personalità".


Il dottor Stewart, che esercita al Southern General Hospital di Glasgow, crede che debbano essere prese maggiori precauzioni da giocatori e organizzatori. "Dalle evidenze attuali del football americano e del pugilato, penso che sarebbe sciocco pensare che non ci sarà alcun problema e che il rugby è immune da danni al cervello", ha detto. "Quanti giocatori saranno interessati, quante commozioni cerebrali sono necessarie, dopo quanto tempo si svilupperà; queste sono domande alle quali non possiamo rispondere, ma il sospetto è che servono pochi casi, ma non zero.


"Se diciamo che si tratta dell'1% dei giocatori di rugby di livello internazionale, allora per ogni weekend del torneo delle Sei Nazioni c'è un giocatore o due che potrebbe in seguito sviluppare la demenza, che non sarebbe insorta senza gli impatti dello sport. Le statistiche sulla demenza pugilistica dice che un numero tra il 15% e il 20% dei pugili che vanno in pensione dopo una lunga carriera svilupperà la demenza.
Non credo che il rugby sia assolutamente vicino a queste cifre, ma anche solo l'1% è preoccupante".


Il neurologo ha detto che tutti gli sport che comportano un rischio di lesioni alla testa, compresi calcio, corse di cavalli e salto ad ostacoli, hanno la responsabilità di assicurare che gli atleti recuperino pienamente. "Il consiglio generale per la commozione cerebrale è 'in caso di dubbio, saltare il giro'. Così, in tutti i livelli di sport, se si pensa ci sia stata una commozione cerebrale, il giocatore dovrebbe essere fatto uscire e non esposto a rischio, perché il secondo infortunio alla testa in un breve spazio di tempo, prima che il cervello abbia avuto il tempo di recuperare correttamente, può essere molto più grave".

 

 

 

 

 


Pubblicato da Paul Ward in The Scotsman (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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