Un articolo molto inquietante sul New York Magazine è stato scritto da Michael Wolff.
Descrive la storia difficile della demenza di sua madre, un percorso di declino fisico e mentale di cui sono molto familiare visto che mio zio è morto dalle complicazioni dell'Alzheimer.
Ma Wolff dice che tali pazienti hanno perso la dignità, e invero, fa più che sottintendere che l'approccio corretto per affrontare la demenza è quello di ucciderli prima piuttosto che sostenere l'onere emotivo e finanziario di prendersi cura di loro per lungo tempo.
Cito dall'articolo "A Life Worth Ending" ("Una vita degna di finire"):
E' tranquilla e serena. Esclusa l'inquietudine di mia madre. Fissa in un muto rimprovero. Lo sconcerto e la rassegnazione in qualche modo non mitigano la sua rabbia. Cerca spesso di parlare, disperati appelli gutturali. Si sforza di connettere e, incredibilmente, a volte ce la fa: "Bel vestito" mi ha detto, di punto in bianco, pochi mesi fa, prima di ricadere. Questa è la cosa che si comincia ad apprezzare con spavento: la demenza non è assenza; non è un non-stato; in realtà potrebbe essere una condizione con più sensazioni e non con meno, una condizione che deve essere una specie di incubo costante, con la sua mancanza di chiarezza e di logica.
"La vecchiaia", dice uno dei protagonisti di Philip Roth, "non è una battaglia, è un massacro". Aggiungerei che è un olocausto. Le circostanze hanno cospirato per derubare la persona umana (una massa di umanità) di ogni speranza, dignità e conforto. Quando veniva cambiato il pannolino a mia madre, lei faceva rumori strazianti di disperazione per un certo periodo, prima di perdere la parola, concentrandosi si potrebbe capire cosa stava dicendo, ripetuto più e più e più volte: "E' una violazione. E' una violazione. E' una violazione".
Spesso, le persone che realmente soffrono nei casi di demenza sono i loro cari. So che per noi è così. E' molto difficile vedere tua madre, tuo padre, tuo zio, il tuo coniuge, prima vivace e interattivo, diventati così malati e vulnerabili. Ma non sono senza dignità, a meno che non li definiamo in tal modo. Le loro esigenze di igiene non li riducono a qualcosa di meno umano. La famiglia ha scelto di accettare alcuni interventi di alto livello, per cui nessuno li ha costretti. Ma anche queste sono chiamate difficili, quindi non si deve giudicare. Ed ecco la chiamata ad uccidere:
Non so come i gruppi di morte abbiano avuto un nome così brutto. Forse avrebbero dovuto chiamarsi gruppi di liberazione. Cosa non darei per un corpo con normale raziocinio al quale invocare la fine di mia madre. L'alternativa sono noccioline: aspettare per pagare miliardi e mandare alla bancarotta la nazione, come pure le nostre anime perchè tolleriamo la sofferenza dei nostri genitori e la nostra incapacità di aiutarli ad arrivare dove stanno andando.
La maggiore singola pressione per la sanità è nelle risorse sproporzionate dedicate agli anziani, non solo ai vecchi, ma ai vecchi più vecchi, eppure nessuno dice quello che tutti i figli vecchi dei vecchi genitori sanno: questo non solo è ostinarsi nell'errore, ma è rubare la vita da tutti i soggetti coinvolti. E sembra ancor più primitivo perché c'è una soluzione così semplice: darci il diritto di prevedere quando vogliamo andarcene. Dare alle famiglie la possibilità di scegliere quando troppo è troppo, e la fine, de facto, è già arrivata ...
La mia scommessa è che, anche in America, anche con una sanità così disastrata, noi baby-boomers dopo aver visto la morte lunga e straziante dei nostri genitori, non lo faremo per noi stessi. Troveremo sicuramente, la dovremo trovare, una via di uscita migliore, più economica, più rapida, più gentile.
Certo, i Baby Boomers, è sempre di noi [che si tratta].
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Mio zio alla fine era impotente, la sua condizione era resa più difficile da un grave glaucoma, aggiunto ai travagli della demenza. Ma non era senza dignità. In effatti suppongo che esigesse di più amore, impegno e attenzione rispetto a quando era un attivista vigoroso del sindacato dei camionisti. E le persone che l'hanno asssistito in una splendida casa di riposo Battista non avrebbero potuto essere più impegnate per il benessere, la pulizia e il comfort dei loro pazienti.
Abbiamo già il diritto di rifiutare trattamenti medici indesiderati. Prima di perdere le sue facoltà, mio zio ha chiarito che non voleva misure eroiche o antibiotici alla fine, e come suo procuratore, ho fatto in modo che non li ricevesse. Ma la sua non era una vita degna di finire, era una vita di cui valeva la pena prendersi cura. E questo è precisamente ciò che mio zio ha ricevuto, attenzione personale e amorevole fino a quando è arrivato il suo tempo.
Ma c'è un piano per farci morire il più presto possibile. Quindi non sembra che i maggiori media siano granchè interessati a raccontare la storia dell'assistenza.
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Pubblicato da Wesley J. Smith in FirstThings.com il 24 Maggio 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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