Le persone affette da demenza sono vulnerabili e hanno bisogno di essere protette da se stesse e dalle altre persone. Non è così?
Che dire se le persone affette da demenza fossero in effetti in grado di trovare soluzioni ai loro problemi? Che dire se le persone con demenza potessero in realtà mantenere e impiegare la qualità chiamata resilienza [che secondo Wikipedia è la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà]. Cosa potrebbe significare in termini di come e dove forniamo assistenza?
Queste sono le domande poste nel mio studio di dottorato di ricerca all'Università di Stirling in Scozia. Le persone affette da demenza sono generalmente considerate vulnerabili a causa delle supposizioni su dipendenza e ridotte capacità derivanti dall'età. L'invecchiamento è associato con la malattia e la perdita. Invecchiando, il corpo non è più considerato desiderabile ed è associato all'avvicinarsi della dipendenza e della morte.
La persona anziana con demenza conferma le aspettative della società sul ruolo del malato associato con l'organismo che invecchia. Come risultato, le persone con demenza sono spesso oggetto di esclusione basata esclusivamente sulle ipotesi di dipendenza, incapacità di auto-determinazione e perdita di autonomia. In sostanza, si invecchia, si diventa smemorati, si ha bisogno di aiuto per la gestione e allora si ha bisogno di assistenza. Di conseguenza, molte persone affette da demenza si ritrovano su una traiettoria verso l'ospedale o la casa di cura facendo poca attenzione a ciò che pensano o sentono a proposito della propria situazione.
Il concetto di resilienza sfida noi, "i professionisti", in quanto promuove la convinzione che chi ha una disabilità, come la demenza, può ancora trovare delle soluzioni alle proprie situazioni. Considerando la resilienza, si aprono opportunità uniche agli operatori per ripensare il modo in cui si lavora con una persona anziana che soffre di demenza, offrendo nuove opportunità creative per l'intervento terapeutico. Allora, cos'è la resilienza e come si riconosce?
Resilienza è un concetto che viene utilizzato per definire tratti psicologici, sociali ed emotivi positivi. I modelli di resilienza sono basati sulla forza e considerano che le persone sono in grado di auto-risolvere le situazioni di stress e di conflitto. È importante sottolineare che la resilienza non è un attributo notevole, ma è un fenomeno normale e come tale è applicabile a un persona con demenza come a chiunque altro. E' una qualità personale, un concetto politico e una risposta a fattori ambientali, ecologici e sociali. E' la capacità di recuperare da, o di adattarsi alla sfortuna, al cambiamento o alle avversità e può essere promossa attraverso sia ambienti protettivi che sfavorevoli.
La resilienza è collegata a: senso di sicurezza, di appartenenza e di essere collegati ad altri, senso interiore di valere e senso di padronanza e di controllo sulle proprie circostanze e il proprio ambiente. I componenti della resilienza possono essere il vigore, l'auto-accrescimento, le emozioni positive e l'umorismo. È importante notare che non è limitata ad una particolare posizione teorica. La resilienza può essere acquisita da percorsi sociali, psicologici, medici o spirituali. In questo modo è strettamente collegata all'identità, e in particolare al senso del sé di ogni persona, che cerca di proiettare nel mondo sociale in cui vive.
La resilienza come risposta allo stress è rilevante in questo campo, poichè l'individuo affronta sia i sintomi e i cambiamenti della demenza che i messaggi sociali negativi sull'invecchiamento e la disabilità. Le persone affette da demenza sono impegnate in un conflitto interiore, poichè si trovano ad affrontare la minaccia alla loro identità e le corrispondenti sfide emotive.
La capacità della persona con demenza di affrontare le minacce all'identità e al sé è influenzata da una serie di caratteristiche psicologiche, sociali ed emotive positive. La soluzione del conflitto interiore avviene usando la resilienza. Per la persona coinvolta, questo può manifestarsi nell'adattamento allo stress percepito o nel scegliere di ignorarlo. Tuttavia, le risposte di adattamento della persona possono essere male interpretate come sintomi di demenza da parte dei medici, con conseguente aumento degli sforzi nella lotta per la conservazione dell'identità. Per alcuni, qualora l'onere percepito superi la capacità di risposta della persona, sopravviene una crisi interpersonale. Quindi definisco la resilienza, nel contesto della demenza, come l'"onere sperimentato individualmente di fronte alle minacce interpersonali dell'invecchiamento con demenza".
La prima sfida è per i medici, per riconoscere lo status di persona del paziente con demenza invece di ridurre l'individuo a niente più che un elenco di deficit, sintomi e problemi. Da lì si deve quindi trovare un modo per impegnarsi con la persona in quanto cittadino: un membro della comunità con diritti e influenza. Il risultato di questo sarebbe l'uso di metodi terapeutici quando si lavora con una persona che soffre di demenza e non semplicemente avere a che fare con qualcuno che è il prodotto di un sistema di assistenza sociale. L'impegno con la persona in quanto cittadino è possibile attraverso la considerazione del medico delle influenze esterne sul comportamento così come di quei segni e sintomi provocati dalla demenza attraverso le modifiche al cervello.
Vediamolo un po' più in dettaglio. Le persone con demenza spesso sperimentano cambiamenti nella loro comunicazione verbale e fanno affidamento sulla comunicazione non verbale per esprimere come si sentono. Quando non capiamo il motivo di un certo comportamento, spesso cerchiamo una spiegazione medica o un sintomo per avere la risposta. Si consideri ad esempio la donna anziana con demenza che continua a lasciare il suo letto d'ospedale, con grande disturbo per il personale del reparto e degli altri pazienti. Lei potrebbe essere descritta come "errante" o "disorientata", in conseguenza della demenza. I professionisti psico-sociali potrebbero prendere in considerazione l'effetto della loro comunicazione o dell'ambiente e vedere la sua decisione di lasciare il letto come risultato delle pratiche disabilitanti.
Tuttavia, un percorso di resilienza offre un'altra risposta possibile. L'atto di spostarsi e mostrare insoddisfazione può essere riformulata come un esercizio di potere e forza che può essere inglobata nel processo di pianificazione dell'assistenza. L'impatto del non riuscire a riconoscere la resilienza e del vedere solo i sintomi e i comportamenti reattivi, è un ciclo di dipendenza che mantiene la crisi di identità, a meno che non si verifichi un intervento.
Questo approccio offre la possibilità di identificare e localizzare la resilienza individuale. Evidenzia anche le aree che potrebbero richiedere l'intervento per riconoscere, sviluppare o aumentare le caratteristiche resilienti. Questo a sua volta promuove la propria autonomia e una pratica più gratificante in alternativa al nichilismo terapeutico. Quindi che cosa stiamo aspettando?
***********************
Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce? Puoi usare il modulo dei commenti qui sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica.
***********************
Scritto da Julie Christie, infermiera psichiatrica e assistente sociale all'East Dunbartonshire Council nel Regno Unito. Parlerà alla Risky Business International Dementia Conference sul tema "Rischio, Resilienza e Demenza: Come capire la resilienza nel contesto di una persona con demenza e quali sono le implicazioni per la pratica".
Pubblicato in AgedCareInsite Maggio/Giugno - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra: |