Ricerche
Proposto nuovo modello di sviluppo dell'Alzheimer
Diego Mastroeni, ricercatore del Banner Neurodegenerative Disease Research Center all'Arizona State University.
Il morbo di Alzheimer (MA) è la forma più comune di demenza ed è caratterizzato dalla neurodegenerazione nelle regioni del cervello coinvolte nella memoria e nell'apprendimento. Amiloide-beta e tau sono due proteine tossiche che si accumulano nella malattia e causano infine la morte dei neuroni, ma sappiamo poco come altre cellule nel cervello reagiscono durante la progressione della malattia.
Un nuovo studio del Banner Neurodegenerative Research Center (NDRC) alla Arizona State University e del Koch Institute al MIT, pubblicato sulla rivista Nature Aging, fa nuova luce sul modo in cui i processi della malattia si manifestano nei pazienti.
Diego Mastroeni del NDRC ha lavorato con Forest White e Douglas Lauffenburger, colleghi del Dipartimento di Ingegneria Biologica del MIT, per capire come cambiano i percorsi di proteine e di segnalazione nei pazienti con MA. La loro analisi ha catturato un profilo molecolare dettagliato dei cambiamenti nei livelli di proteine e le alterazioni conosciute (come la fosforilazione delle proteine) in una coorte di pazienti con tessuto cerebrale ben conservato, del Banner Sun Health Research Institute. Il loro lavoro crea un nuovo modello di progressione della malattia, sfruttando l'eterogeneità insita negli studi umani.
"Questo manoscritto evidenzia l'importanza di integrare il fosfoproteoma con i dati del proteoma e del trascrittoma per ottenere un quadro migliore dei fattori-guida della malattia, dalla trascrizione alla traslazione", ha detto Mastroeni.
(Il fosfoproteoma è l'insieme delle proteine che hanno subito una modifica epigenetica attraverso l'aggiunta di un gruppo fosfato; il proteoma include il pieno complemento di tutte le proteine del corpo, mentre il trascrittoma si riferisce ai messaggi RNA prodotti dai geni, che sono successivamente tradotti in proteine).
L'analisi dei ricercatori evidenzia i collegamenti tra accumulo di proteine tossiche, neurodegenerazione e cellule gliali (che supportano e proteggono i neuroni nel cervello). In particolare, hanno trovato un'associazione intrigante tra i marcatori della neurodegenerazione e due tipi di cellule gliali: oligodendrociti e microglia. Le alterazioni progressive in queste cellule possono essere la chiave per comprendere le cause della neurodegenerazione.
Il prof. White afferma:
"I nostri risultati mostrano che c'è una pletora di percorsi di segnalazione cellulare che si attivano in tutte le fasi della malattia. Potremmo essere in grado di riusare le terapie disponibili per puntare le chinasi proteiche che regolano questi eventi di segnalazione cellulare.
"Oggi i medici stanno studiando gli effetti terapeutici sull'amiloide e sulla tau, come indicatori della malattia, ma i nostri risultati suggeriscono che le cellule glia sono coinvolte in ogni fase del processo. Capire meglio le cellule glia e i loro ruoli nella neurodegenerazione progressiva, può fornire nuove opportunità per trattare questa malattia".
Mastroeni conclude:
"Questo sforzo collaborativo è il tipo di lavoro che apprezziamo al NDRC. Nessun individuo può affrontare il MA da solo; serve uno sforzo di gruppo per combattere questa malattia devastante".
Fonte: Richard Harth in Arizona State University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Nader Morshed, Meelim Lee, Felicia Rodriguez, Douglas Lauffenburger, Diego Mastroeni, Forest White. Quantitative phosphoproteomics uncovers dysregulated kinase networks in Alzheimer’s disease. Nature Aging, 2021, DOI
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