Ricerche
Scoperto un promettente interruttore che spegne l'infiammazione
Degli scienziati hanno scoperto un nuovo processo metabolico nel corpo che può disattivare l'infiammazione. Hanno scoperto che l'«itaconato» (una molecola derivata dal glucosio) agisce come un potente interruttore per i macrofagi, che sono le cellule del sistema immunitario che si trovano al centro di molte malattie infiammatorie tra cui l'artrite, la malattia infiammatoria intestinale, le malattie cardiache [ed è collegata anche all'Alzheimer].
Gli scienziati della Facoltà di Biochimica e Immunologia del Trinity Biomedical Sciences Institute del Trinity College di Dublino, sperano che la loro scoperta abbia rilevanza per le malattie infiammatorie e infettive e che i loro risultati possano aiutare anche a sviluppare i nuovi farmaci necessari per il trattamento delle persone che vivono con queste condizioni.
Luke O'Neill, professore di Biochimica della Trinity, e il dott. Mike Murphy dell'Università di Cambridge, hanno diretto il lavoro appena pubblicato sulla rivista internazionale Nature. Le scoperte sono state fatte usando sia cellule umane che topi come organismo modello.
Il professor O'Neill ha dichiarato:
"Negli ultimi sei anni il mio laboratorio ha esplorato i cambiamenti metabolici nei macrofagi e ci siamo imbattuti in quella che riteniamo la scoperta più importante fatta finora.
"È noto che i macrofagi causano infiammazione, ma abbiamo appena scoperto che possono essere indotti a produrre una sostanza biochimica chiamata itaconato. Questo funziona come un importante freno, o interruttore, sul macrofago, raffreddando il calore dell'infiammazione in un processo mai descritto prima".
La dott.ssa Evanna Mills, che è stata la prima autrice del lavoro con Dylan Ryan, ha dichiarato:
"Il macrofago assume il nutriente glucosio, il cui compito giornaliero è quello di fornire energia, e sorprendentemente lo trasforma in itaconato. Questo blocca quindi la produzione di fattori infiammatori e protegge anche i topi dall'infiammazione letale che può verificarsi durante l'infezione".
Dylan Ryan ha aggiunto:
"Abbiamo scoperto che l'itaconato può modificare direttamente un'intera schiera di proteine importanti per l'infiammazione, in una reazione chimica mai descritta prima, e che questa reazione è importante per gli effetti anti-infiammatori dell'itaconato".
La scoperta è proprio alla frontiera della ricerca sull'infiammazione e il professor O'Neill e i suoi collaboratori stanno ora esplorando la sua rilevanza per l'insorgenza e lo sviluppo di malattie infiammatorie e infettive. Sono anche desiderosi di esplorare se i risultati possono essere sfruttati nello sforzo di sviluppare nuovi farmaci anti-infiammatori.
Il lavoro è stato una collaborazione con la Harvard Medical School, l'Università di Cambridge, l'Università di Oxford, la Johns Hopkins University, l'Università di Dundee e la GlaxoSmithKline, dove sia il professor O'Neill che il dott. Mills hanno trascorso del tempo sabbatico.
Il professor O'Neill ha dichiarato: "Questa scoperta e i nuovi percorsi di ricerca che ha aperto ci terranno occupati per qualche tempo, ma speriamo che un giorno possa fare la differenza per i pazienti con malattie che rimangono difficili da trattare".
Fonte: Trinity College Dublin (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Evanna L. Mills, Dylan G. Ryan, Hiran A. Prag, Dina Dikovskaya, Deepthi Menon, Zbigniew Zaslona, Mark P. Jedrychowski, Ana S. H. Costa, Maureen Higgins, Emily Hams, John Szpyt, Marah C. Runtsch, Martin S. King, Joanna F. McGouran, Roman Fischer, Benedikt M. Kessler, Anne F. McGettrick, Mark M. Hughes, Richard G. Carroll, Lee M. Booty, Elena V. Knatko, Paul J. Meakin, Michael L. J. Ashford, Louise K. Modis, Gino Brunori, Daniel C. Sévin, Padraic G. Fallon, Stuart T. Caldwell, Edmund R. S. Kunji, Edward T. Chouchani, Christian Frezza, Albena T. Dinkova-Kostova, Richard C. Hartley, Michael P. Murphy, Luke A. O’Neill. Itaconate is an anti-inflammatory metabolite that activates Nrf2 via alkylation of KEAP1. Nature, vol 556,pages 113–117, 28 Mar 2018, doi: 10.1038/nature25986
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