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Più sono le placche amiloidi in mezza età, maggiore sarà il declino cognitivo più avanti

Più sono le placche amiloidi in mezza età, maggiore sarà il declino cognitivo più avantiUn nuovo studio dell'Università del Texas di Dallas ha scoperto che la quantità di placche amiloidi nel cervello di una persona prevede la velocità con cui la sua cognizione diminuirà nei quattro anni successivi.


Lo studio, pubblicato in JAMA Neurology, ha usato la scansione con tomografia a emissione di positroni (PET) per rilevare l'amiloide in 184 adulti di mezza età e anziani sani che partecipano al Dallas Lifespan Brain Study.


Si ritiene che le placche di amiloide, un accumulo appiccicoso che si aggrega gradualmente al di fuori dei neuroni ed è un segno distintivo dell'Alzheimer, comincino a formarsi nel cervello 10-20 anni prima dell'insorgenza della demenza.


"Pensiamo che sia fondamentale esaminare gli adulti di mezza età per individuare i primi possibili segni dell'Alzheimer, perché è sempre più chiaro che l'intervento precoce sarà la chiave per prevenire la malattia", ha dichiarato Michelle Farrell, studentessa di dottorato e prima autrice dello studio.


Lo studio presenta alcuni dei primi dati sull'amiloide e sulle sue conseguenze cognitive negli adulti da 40 a 59 anni. Per queste persone di mezza età, lo studio ha rilevato che una quantità più alta di amiloide è associata a un declino del vocabolario, una zona cognitiva che in genere si conserva nell'invecchiamento.


I risultati suggeriscono che potrebbe essere necessario un nuovo approccio per dare ai medici e ai pazienti informazioni sul futuro di chi ha depositi amiloidi. I risultati delle scansioni PET dell'amiloide sono di solito presentati come positivi o negativi, ma i nuovi risultati suggeriscono che la quantità di amiloide nel cervello fornisce informazioni prognostiche utili sulla rapidità di calo della cognizione in futuro.


"La nostra comprensione della fase iniziale e silenziosa dell'eventuale Alzheimer sta aumentando rapidamente. Maggiori dettagli sull'entità dei depositi di amiloide possono dare a medici e pazienti la capacità di pianificare meglio il futuro", ha dichiarato la dott.ssa Denise Park, direttrice della ricerca del Center for Vital Longevity, cattedra di Scienze Cerebrali e Comportamentali e autrice senior dello studio.


La Park dirige il Dallas Lifespan Brain Study, un progetto di ricerca pluriennale inteso a capire com'è il cervello sano e come funziona in ogni decade di vita da 20 a 90 anni. Ognuno dei quasi 500 volontari dello studio si sottopone a test ogni quattro anni. Mentre la maggior parte degli studi sull'amiloide e la sua relazione con l'Alzheimer si sono concentrati su adulti oltre i 60 anni, il Dallas Brain Study studia anche gli adulti di mezza età per trovare i primi possibili segni della malattia.


Nella ricerca che è apparsa su JAMA Neurology, i tre adulti di mezza età che avevano la quantità più alta di amiloide e il calo più marcato nel vocabolario, avevano due copie del gene ApoE-4 implicato nell'Alzheimer. Ciò significa che hanno ricevuto una copia del gene da ciascuno dei genitori. Solo circa il 4 per cento della popolazione è portatore di questa combinazione genetica, e i risultati dello studio suggeriscono che i sottili sintomi di declino cognitivo connessi all'amiloide possano essere rilevabili già in mezza età in questa popolazione vulnerabile.


Lo studio è stato finanziato dal National Institute on Aging e un supporto aggiuntivo è stato fornito da Avid Radiopharmaceuticals, una filiale di Eli Lilly, che ha sviluppato il florbetapir, un radiotracciatore che misura i depositi amiloidi nella PET.

 

 

 


Fonte: The University of Texas at Dallas (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Michelle E. Farrell, Kristen M. Kennedy, Karen M. Rodrigue, Gagan Wig, Gérard N. Bischof, Jennifer R. Rieck, Xi Chen, Sara B. Festini, Michael D. Devous Sr, Denise C. Park. Association of Longitudinal Cognitive Decline With Amyloid Burden in Middle-aged and Older Adults. Evidence for a Dose-Response Relationship. JAMA Neurol. Published online May 30, 2017. doi:10.1001/jamaneurol.2017.0892

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