Ricerche
Possiamo usare l'immortalità delle cellule staminali per ritardare le neurodegenerazioni?
Con l'età, le cellule somatiche come i neuroni perdono la capacità di mantenere la qualità del contenuto proteico. Le cellule staminali pluripotenti, al contrario, non invecchiano e hanno un meccanismo migliorativo per mantenere l'integrità delle loro proteine.
I ricercatori del CECAD (Cluster di Eccellenza per la Ricerca sull'Invecchiamento) dell'Università di Colonia hanno definito i meccanismi alla base del maggiore controllo della qualità delle proteine delle cellule staminali pluripotenti. Poi, i ricercatori hanno imitato questi meccanismi nei tessuti somatici di organismi modello, per estendere la durata della vita e ritardare le malattie legate all'età. La loro ricerca è stata pubblicata su Nature Communications il 28 novembre.
La sopravvivenza di un organismo è legata alla sua capacità di mantenere la qualità delle proteine cellulari. Un gruppo di proteine chiamate chaperoni [ciceroni, guide] facilita il ripiegamento delle proteine ed è essenziale per regolare la qualità dei contenuti proteici della cellula. Questa capacità diminuisce durante il processo di invecchiamento, inducendo l'accumulo di proteine danneggiate e mal ripiegate che possono portare alla morte cellulare o a malfunzionamenti. Diversi disturbi neurodegenerativi legati all'età, come l'Alzheimer, il Parkinson o l'Huntington, sono collegati a un declino nel controllo di qualità delle proteine.
Le cellule staminali pluripotenti umane sono in grado di replicarsi all'infinito, pur mantenendo il loro stato indifferenziato e, di conseguenza, sono immortali in coltura. Questa capacità richiede necessariamente di evitare qualsiasi squilibrio nell'integrità del loro contenuto proteico.
"C'è un sistema di chaperone (il complesso Tric/CCT) che è responsabile della piegatura di circa il 10% di tutte le proteine cellulari. Studiando come le cellule staminali pluripotenti mantengono la qualità del loro proteoma, abbiamo scoperto che questo complesso è regolato dalla subunità CCT8", dice David Vilchez, autore senior dello studio. "Quindi abbiamo scoperto un modo per aumentare l'assemblaggio e l'attività del complesso Tric/CCT in tessuti somatici, modulando questa singola subunità, la CCT8. L'aumento ha indotto una maggiore longevità e un ritardo nell'insorgenza delle malattie legate all'età dell'organismo modello Caenorhabditis elegans".
"Per questo studio abbiamo combinato le scoperte sulle cellule staminali pluripotenti umane e il C. elegans, per avere un approccio più convincente, sia in vitro che in vivo. I nostri risultati mostrano che esprimere la CCT8 come subunità chiave del complesso è sufficiente per aumentare l'assemblaggio dell'intero sistema", dice Alireza Noormohammadi, uno dei primi autori della ricerca. "E' molto interessante che esprimere questa singola subunità sia sufficiente per migliorare la qualità delle proteine ed estendere la longevità, anche negli animali più anziani", aggiunge Amirabbas Khodakarami, l'altro primo autore.
"Uno dei nostri prossimi passi sarà testare questi risultati nei topi", comunica David Vilchez. "Speriamo di compiere ulteriori progressi nella comprensione delle malattie da invecchiamento e avvicinarsi alla ricerca di terapie contro malattie come la corea di Huntington e l'Alzheimer. La CCT8 potrebbe essere un candidato per correggere le carenze nelle malattie legate all'età associate alla disfunzione proteica".
Fonte: University of Cologne - Universität zu Köln (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Alireza Noormohammadi, Amirabbas Khodakarami, Ricardo Gutierrez-Garcia, Hyun Ju Lee, Seda Koyuncu, Tim König, Christina Schindler, Isabel Saez, Azra Fatima, Christoph Dieterich, David Vilchez. Somatic increase of CCT8 mimics proteostasis of human pluripotent stem cells and extends C. elegans lifespan. Nature Communications, 2016; 7: 13649 DOI: 10.1038/ncomms13649
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