Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


L'auto-controllo indebolisce la memoria

Stai guidando su una strada trafficata e hai intenzione di cambiare corsia, quando improvvisamente ti rendi conto che c'è una macchina nel tuo punto cieco.


Devi interrompere il cambio di corsia, e rapidamente.


Un nuovo studio condotto da ricercatori della Duke University suggerisce che questo tipo di scenario rende una persona meno propensa a ricordare ciò che ha fermato l'azione, per esempio, la marca e il modello della vettura nel punto cieco.


Persone e primati non umani eccellono nell'«inibire la risposta».


Il nostro cervello sofisticato ci consente di annullare un'azione, anche quando si tratta di qualcosa di radicato, come guidare sul lato destro della strada. Anche se non è facile, si può ignorare questa inclinazione quando guidiamo in paesi stranieri con circolazione a sinistra.


I nuovi risultati, pubblicati il 26 agosto sul Journal of Neuroscience, consentono di capire come la capacità di inibire l'azione (un aspetto fondamentale della vita quotidiana) influenza altre importanti funzioni cerebrali come l'attenzione e la memoria. I risultati possono eventualmente aiutare a trattare malattie caratterizzate da difficoltà ad inibire le azioni, come il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) e la dipendenza.


L'anno scorso, per uno studio pubblicato su Psychological Science, Tobias Egner, assistente professore di psicologia e neuroscienze alla Duke, e il ricercatore post-dottorato Yu-Chin Chiu hanno deciso di testare come l'inibizione della risposta influenza la memoria.


In questo studio, i partecipanti dovevano completare un compito computerizzato che prevedeva di premere un pulsante quando vedevano un volto maschile, ma di non farlo se vedevano un volto femminile. (Alcuni soggetti sono stati invitati a fare il contrario). Hanno visto un totale di 120 volti diversi.


Dopo 5 minuti di un compito di riempimento che non aveva nulla a che fare con i volti, i partecipanti si sono sottoposti a un test di memoria a sorpresa in cui vedevano delle facce ed dovevano indicare se il volto era nuovo o familiare dal compito precedente.


"Non sapevamo in realtà quale direzione questo avrebbe preso", ha detto Egner, membro dell'Istituto for Brain Sciences della Duke. "Si potrebbe sostenere facilmente che annullare la risposta ad uno stimolo potrebbe effettivamente rendere più memorabile quello stimolo". Tuttavia, hanno trovato l'esatto contrario: la memoria era un po' peggiore sui volti per i quali i partecipanti hanno dovuto inibire la risposta.


In quest'ultimo studio, Egner e Chiu hanno osservato gli stessi risultati. Ma questa volta hanno voluto capire perché. Una ragione potenziale per cui le persone dimenticavano i volti era che trattenere una risposta sviava la loro attenzione. Egner e Chiu hanno testato questa ipotesi scansionando il cervello dei partecipanti con la risonanza magnetica funzionale (fMRI), una misura indiretta non invasiva dell'attività cerebrale, mentre eseguivano i compiti.


Questi studi mostravano che i volti particolari dimenticati dalle persone erano gli stessi la cui visione faceva apparire nella fMRI l'attivazione forte di una rete conosciuta di inibizione nel cervello. Inoltre, le aree del cervello che sappiamo essere attive quando una persona sta impegnando qualcosa alla memoria (compresa una regione nella parte anteriore del cervello chiamata corteccia prefrontale ventro-laterale) erano soppresse nei processi in cui i partecipanti dovevano inibire con forza le loro risposte.


Non sorprende che i soggetti avessero meno ricordi di quelle facce. "Non si codificano bene quegli stimoli in presenza di una forte domanda inibitoria", ha detto Egner. La nuova scoperta supporta l'idea originale di Egner e Chiu di un rapporto altalenante della domanda necessaria del cervello che sta alla base della risposta inibitoria e della memoria. Essi pensano che questo può aiutare a spiegare le variazioni nella capacità di richiamo dei partecipanti.


Inoltre, anche se tale connessione è una ipotesi, i risultati possono contribuire a supportare l'osservazione che i bambini con ADHD, che cercano di ignorare la loro inclinazione ad agitarsi, possono anche non essere in grado di concentrarsi. "Cercare di inibire queste azioni abituali potrebbe richiedere molte risorse, tolte al prestare attenzione", ha detto Egner.


L'inibizione della risposta è solo una delle molte forme di controllo che il cervello esercita nella vita quotidiana. Il gruppo di Egner sta ora studiando se e come altri modi di controllo (come passare rapidamente da un compito all'altro) influenzano la memoria.

 

*****
La ricerca è stata finanziata dal National Institute of Mental Health.

 

 

 


Fonte: Duke University via EurekAlert! (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:

  1. Y.-C. Chiu, T. Egner. Inhibition-Induced Forgetting Results from Resource Competition between Response Inhibition and Memory Encoding Processes. Journal of Neuroscience, 2015; 35 (34): 11936 DOI: 10.1523/JNEUROSCI.0519-15.2015
  2. Y.-C. Chiu, T. Egner. Inhibition-Induced Forgetting: When More Control Leads to Less Memory. Psychological Science, 2014; 26 (1): 27 DOI: 10.1177/0956797614553945

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022 | Ricerche

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

10 Consigli dei neurologi per ridurre il tuo rischio di demenza

28.02.2023 | Esperienze & Opinioni

La demenza colpisce milioni di persone in tutto il mondo, quasi un over-65 su 10. Nonost...

Le cellule immunitarie sono un alleato, non un nemico, nella lotta all'Al…

30.01.2015 | Ricerche

L'amiloide-beta è una proteina appiccicosa che si aggrega e forma picco...

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

Il girovita può predire il rischio di demenza?

6.11.2019 | Ricerche

Il primo studio di coorte su larga scala di questo tipo ha esaminato il legame tra il girovita in...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

3 modi per trasformare l'auto-critica in auto-compassione

14.08.2018 | Esperienze & Opinioni

Hai mai sentito una vocina parlare nella tua testa, riempiendoti di insicurezza? Forse l...

Perché il diabete tipo 2 è un rischio importante per lo sviluppo dell'Alz…

24.03.2022 | Ricerche

Uno studio dell'Università di Osaka suggerisce un possibile meccanismo che collega il diabete all'Al...

Come vivere in modo sicuro con la demenza a casa tua

12.11.2020 | Esperienze & Opinioni

C'è un malinteso comune che la persona con una diagnosi di demenza perde la sua indipend...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023 | Ricerche

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

"Ci...

Scoperto perché l'APOE4 favorisce l'Alzheimer e come neutralizzarlo

10.04.2018 | Ricerche

Usando cellule di cervello umano, scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto la ...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

Scienziati dicono che si possono recuperare i 'ricordi persi' per l…

4.08.2017 | Ricerche

Dei ricordi dimenticati sono stati risvegliati nei topi con Alzheimer, suggerendo che la...

Identificata nuova forma di Alzheimer ad esordio molto precoce

16.06.2020 | Ricerche

Ricercatori della Mayo Clinic hanno definito una forma di morbo di Alzheimer (MA) che co...

Svelata una teoria rivoluzionaria sull'origine dell'Alzheimer

28.12.2023 | Ricerche

Nonostante colpisca milioni di persone in tutto il mondo, il morbo di Alzheimer (MA) man...

Il ciclo dell'urea astrocitica nel cervello controlla la lesione della me…

30.06.2022 | Ricerche

Nuove scoperte rivelano che il ciclo dell'urea negli astrociti lega l'accumulo di amiloide-beta e la...

Cosa accade nel cervello che invecchia

11.03.2020 | Esperienze & Opinioni

Il deterioramento del cervello si insinua sulla maggior parte di noi. Il primo indizio p...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

Seguici su

 
enfrdeites

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.