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Aumentano le prove che gli anziani volontari sono più felici e più sani

Aumentano le prove che gli anziani volontari sono più felici e più saniGli anziani che rimangono attivi nel volontariato ottengono benefici oltre al semplice sentimento altruistico: ricevono un potenziamento alla loro salute!


Un nuovo studio, condotto dal Rotman Research Institute del Baycrest Health Sciences, e pubblicato online questa settimana in Psychological Bulletin, è il primo a dare uno sguardo ampio a tutte le evidenze peer-reviewed [=a controllo dei pari] disponibili, per quanto riguarda i benefici psico-sociali per la salute del volontariato formale degli anziani.


Il ricercatore principale Dr. Nicole Anderson, insieme a scienziati provenienti da centri accademici canadesi e americani, ha esaminato 73 studi pubblicati negli ultimi 45 anni che coinvolgono gli adulti over-50 con ruoli formali di volontariato. Per essere inclusi nella revisione, gli studi dovevano aver misurato i risultati psicosociali, fisici e/o cognitivi associati al volontariato formale, come la felicità, la salute fisica, la depressione, le funzioni cognitive, i sentimenti di supporto sociale e la soddisfazione della vita.


"Il nostro obiettivo era avere una visione più completa dello stato attuale delle conoscenze sui benefici del volontariato per gli anziani", ha detto la dott.ssa Anderson, scienziato senior del Rotman Research Institute del Baycrest e professore associato dell'Università di Toronto. "Dai risultati abbiamo scoperto una serie di tendenze che dipingono un quadro convincente del volontariato come componente di vita importante per mantenere la salute e il benessere in età avanzata".


Tra i principali risultati:

  • Il volontariato è associato a una riduzione dei sintomi della depressione, a una migliore salute generale, a meno limitazioni funzionali, e ad una maggiore longevità.
  • I benefici per la salute possono dipendere da un livello moderato di volontariato. Sembra che ci sia un punto di svolta dopo il quale non maturano altri benefici. Il "sweet spot" [il punto dove lo sforzo pruduce il massimo risultato] sembra essere a circa 100 ore annue, equivalenti a 2-3 ore alla settimana.
  • Gli anziani più vulnerabili (cioè quelli con malattie croniche) possono trarre i maggiori benefici dal volontariato.
  • Sentirsi apprezzati o necessari come volontari sembra amplificare il rapporto tra volontariato e benessere psicosociale.


"Presi nell'insieme, questi risultati suggeriscono che il volontariato è associato a miglioramenti nella salute e ad una maggiore attività fisica; sono cambiamenti che ci si aspetta che possano proteggere da varie condizioni di salute", ha detto la dott.ssa Anderson. Infatti, una moderata quantità di volontariato ha dimostrato di correlarsi a minore ipertensione e ad un minor numero di fratture dell'anca tra gli anziani volontari, rispetto ai coetanei non-volontari.


Un dato preoccupante per il team di ricerca è che "pochi studi" hanno esaminato i benefici del volontariato sul funzionamento cognitivo negli anziani. Il rapporto osserva che "non un singolo studio" ha esaminato l'associazione tra il volontariato e il rischio di demenza, o l'associazione tra il volontariato e una miriade di altre condizioni di salute che assegnano agli anziani un rischio per la demenza grave, come il diabete e l'ictus.


Con la prevalenza della demenza destinata a raddoppiare nei prossimi 20 anni, dagli oltre 30 milioni di persone nel mondo odierni, ai più di 65 milioni di persone nel 2030 (secondo Alzheimer Disease International e Organizzazione Mondiale della Sanità, 2012), la dott.ssa Anderson ha definito una "omissione sorprendente" che il campo della ricerca nelle neuroscienze non abbia ancora indagato sulla capacità del volontariato di mitigare il rischio di demenza o di ritardo nella sua insorgenza.

"Incoraggiamo i ricercatori ad includere misurazioni più oggettive sul funzionamento cognitivo negli studi futuri. Sarebbe particolarmente interessante inserire una batteria più completa di test neuropsicologici, in modo da stabilire un'associazione tra volontariato ed i rischi di varie forme di demenza e del suo precursore, il decadimento cognitivo lieve", conclude il rapporto.


I centri accademici e medici che hanno collaborato alla revisione sistematica della Baycrest / Università di Toronto includono il Centre d’excellence sur le Vieillissement de Québec, il Centre de recherche du CHU de Québec e la Laval University; il Providence VA Medical Centre; la University of California (San Francisco); la University of Windsor; e la York University. Lo studio è stato finanziato dal Canadian Institutes of Health Research.


Il team di ricerca internazionale della dott.ssa Anderson e 33 volontari anziani, costituiscono la squadra "BRAVO" (Baycrest Research About Volunteering in Older Adults). BRAVO ha un secondo studio in preparazione che sarà pubblicato nei prossimi anni, che esamina i benefici psicosociali, fisici e cognitivi associati con il volontariato dopo la pensione. Il team ha studiato un gruppo di volontari adulti, over-50, al Baycrest nel corso degli ultimi cinque anni.

 

 

 

 

 


FonteBaycrest Centre for Geriatric Care  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:  Nicole D. Anderson, Thecla Damianakis, Edeltraut Kröger, Laura M. Wagner, Deirdre R. Dawson, Malcolm A. Binns, Syrelle Bernstein, Eilon Caspi, Suzanne L. Cook. The Benefits Associated With Volunteering Among Seniors: A Critical Review and Recommendations for Future Research.. Psychological Bulletin, 2014; DOI: 10.1037/a0037610

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