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Studiare l'Alzheimer significa concentrarsi sulle anomalie nel cervello dei pazienti

Un cervello umano normale, ciò che la maggior parte di noi porta in giro nella propria testa, ha le dimensioni di un grande pompelmo, ma si presenta come una grande noce rosa-grigio. I medici che hanno maneggiato questo organo dicono che è soffice e molle.

Per la maggior parte dei suoi 83 anni, prima che si iniziasse a notare i sintomi principali del killer del cervello, l'Alzheimer, tre anni fa, il cervello di Verna Kinersly funzionava normalmente, cioè meravigliosamente, visto che gli scienziati stimano ci siano 20 milioni di miliardi di unità di informazione che si muovono ogni secondo, che le hanno permesso di pensare, muoversi, vedere, sentire, gustare, odorare, creare e provare emozioni.


Jerry Kinersly completa i documenti con Carol Varela, coordinatrice
abilitata di ricerca clinica, mentre la moglie Verna, con Alzheimer, aspetta
lo scorso ottobre al Lou Ruvo Center for Brain Health della Cleveland
Clinic. Verna Kinersly partecipa ad una sperimentazione clinica al centro.·


Senza che lei lo avesse chiesto, il suo cervello ha anche memorizzato ricordi, controllato ogni respiro, battito cardiaco e movimento delle palpebre. Ha inoltre ricevuto e analizzato informazioni, e quindi da giovane madre, quando ha visto la figlia che stava per cadere faccia in giù da una sedia, nell'altra parte della stanza, lei ha saputo quanto velocemente correre per salvarla.


Oggi, il suo cervello malato non analizza le situazioni abbastanza bene da permetterle di attraversare la strada a piedi, in sicurezza.


Che tanta parte della vita umana sia misteriosamente controllata da qualcosa di così piccolo (nei 1,3 kg del cervello normale c'è più potenza che in qualsiasi supercomputer) ha indotto il premio Nobel James Watson, co-scopritore della struttura del DNA, a definire il cervello umano "la cosa più complessa che dobbiamo ancora scoprire nel nostro universo". Nessuno sa ancora come il cervello coordina una miriade di processi e come assimila grandi quantità di informazioni per funzionare come un insieme integrato.

 

Alla ricerca di una svolta

E' mattina al Lou Ruvo Center for Brain Health della Cleveland Clinic, dove il direttore Dr. Jeffrey Cummings ha recentemente acquisito il protocollo più sofisticato di scansione cerebrale per l'Alzheimer della medicina, che consente ai ricercatori, per la prima volta, di individuare il disturbo con i segni più precoci di problemi di memoria. E' un progresso che potrebbe portare ad un trattamento accelerato e allo sviluppo di farmaci contro la malattia.

Jerry Kinersly, banchiere in pensione con una propensione alla scienza, si trova all'interno del centro con la moglie e parla del modo in cui la complessità del cervello ha senza dubbio un ruolo nella difficoltà che trovano i ricercatori per svelare i meccanismi sconcertanti dell'Alzheimer.


Jerry, 83enne, dice che la moglie, attualmente iscritta in uno studio clinico, vuole disperatamente essere parte di un importante passo avanti nella ricerca, che per la maggior parte dei medici è l'unica vera speranza per migliorare la devastante distruzione umana del disturbo.


Circa 5,4 milioni di persone in America hanno l'Alzheimer, e il numero è destinato ad aumentare fino a 16 milioni entro il 2050. Alzheimer's Disease International stima che ci siano più di 35 milioni in tutto il mondo con demenza, e potrebbero aumentare a 115,4 milioni entro il 2050.


Verna e Jerry Kinersly, entrambi 83enni, fanno una pausa per un bacio,
mentre preparano la cena nella loro casa di Las Vegas in ottobre. Circa 4
anni e mezzo fa, Jerry ha notato che Verna non riusciva a trovare le cose
in casa con la stessa facilità e aveva più difficoltà del solito a ricordare i
nomi. Successivamente le è stato diagnosticato l'Alzheimer.

 

"Non solo costa moltissimo in termini umani, ma può mandare in bancarotta il paese", dice Kinersly, notando che la moglie, che sta perdendo l'uso della parola per la malattia, si è offerta di far parte di uno studio clinico non solo per aiutare se stessa, ma tutta l'umanità. "So che dire di aiutare l'umanità può sembrare banale, ma è così che ci sentiamo di fare. Crediamo che trovare risposte per questa malattia sia oltremodo importante sia sul fronte umano che economico".


Gli esperti proiettano a 1.100 miliardi dollari nel 2050 i costi sanitari dell'assistenza alla malattia negli Stati Uniti. Mentre il National Institutes of Health spende ogni anno 450 milioni dollari per la ricerca di Alzheimer, la ricerca sul cancro ammonta a più di 6 miliardi di dollari all'anno, le malattie di cuore a 4 miliardi e l'HIV / AIDS a 3 miliardi. Data la devastazione causata dall'Alzheimer, la ripartizione dei fondi per la ricerca per la malattia stordisce Kinersly. "E' un po' difficile da credere", dice.


Larry Ruvo, uno dei migliori collettori privati della nazione di fondi per la ricerca sul cervello e colui che ha costruito il centro in onore di suo padre, Lou, morto di Alzheimer, la mette in un altro modo. "Il totale dei finanziamenti che riceviamo per porre fine a questo tsunami di malattia è vergognoso", dice. "E' ora che la gente si alzi e lo dica ai loro rappresentanti eletti".

 

Placche e grovigli

Come altri esperimenti di ricerca con partecipanti di tutto il mondo, quello in cui è iscritta Verna Kinersly vuole verificare la teoria (ancora non provata, ma prevalente) che il colpevole principale che porta alla malattia è la proteina amiloide-beta, che forma le placche appiccicose e uccide le cellule del cervello dei malati. Il trattamento dello studio di 18 mesi prevede l'immunizzazione attiva, con un tipo di vaccino che teoricamente attiverà le difese immunitarie del corpo contro l'amiloide-beta.


Il National Institutes of Health riferisce che più di 50.000 volontari, con e senza il morbo, sono urgentemente necessari per partecipare a più di 175 prove e studi negli Stati Uniti, e 25 di questi sono al Centro Ruvo. La Dott.ssa Kate Zhong, direttrice senior del centro di ricerca clinica e sviluppo, sottolinea che è più di ogni altro centro nel paese. Gli studi a livello nazionale trattano generalmente le possibili cause e i fattori di rischio dell'Alzheimer, così come gli esperimenti di farmaci e di modifiche comportamentali, tutti per trattamento, prevenzione e miglioramento della diagnosi.


E' passato più di un secolo da quando il medico tedesco Alois Alzheimer ha descritto per primo i depositi anomali di placche di proteina amiloide-beta e i grovigli di proteine tau nel cervello durante l'autopsia di una donna che soffriva di demenza. Essendo ora la forma più comune di demenza, l'Alzheimer si erge come una delle prime 10 cause di morte negli Stati Uniti che manca di un mezzo per prevenire, curare o addirittura rallentarne la progressione; un fatto reso meno sorprendente dall'ammissione degli scienziati che è stato capito sul cervello più negli ultimi 25 anni del 20° secolo, in gran parte per merito del progresso delle tecniche e delle tecnologie di imaging, che in tutta la precedente storia umana. Una persona di oltre 65 anni ogni otto (il 13%) attualmente ha l'Alzheimer.


Sia Cummings, uno dei ricercatori più famosi del mondo, e William Thies, direttore medico e scientifico dell'Alzheimer's Association, concordano sul fatto che ci sono buone ragioni perchè i depositi anomali descritti da Alzheimer raccolgano la maggior parte dell'attenzione dei ricercatori: il cervello delle persone con Alzheimer sono spesso pieni di placche e grovigli, che molti scienziati ritengono legati allo sviluppo della demenza degenerativa.


I due metodi perseguiti per evitare la formazione di placche, su cui le aziende farmaceutiche hanno speso più soldi (miliardi) sono vaccinazioni e farmaci. Una serie di farmaci sperimentali progettati per attaccare l'amiloide-beta hanno fallito di recente negli studi clinici, lasciando alcuni dirigenti delle case farmaceutiche a chiedersi se devono tagliare i fondi per la ricerca sulle placche ed aumentare i fondi per una ricerca più approfondita sui grovigli, che ha avuto risultati contrastanti in passato. Il lavoro del ricercatore australiano Dr. Claude Wischik, che crede con fervore che sia la tau la causa della malattia, è servito da catalizzatore per molte aziende per investire centinaia di milioni in farmaci che ostacolano la proteina. Wischik sta aspettando i risultati di uno studio clinico che provi la sua teoria di causalità.


Eppure, questa primavera, funzionari del governo statunitense hanno detto che avrebbero contribuito a finanziare un esperimento da 100 milioni di dollari del farmaco che mira l'amiloide della società farmaceutica Roche (il crenezumab), su 300 persone che sono geneticamente predisposte a sviluppare l'Alzheimer ad esordio precoce.


La ricerca sia nelle placche che nei grovigli deve continuare, crede Cummings. "Ci stiamo avvicinando a risposte reali", dice mentre si siede in un ufficio pieno di grafici e studi. E' in atto al Centro Ruvo l'uso di un protocollo di scansione che consente ai ricercatori di rilevare la placca amiloide-beta cerebrale, per la prima volta, all'inizio del processo della malattia. Cummings ritiene che gli studi sui farmaci anti-amiloide siano falliti perché i pazienti arruolati negli studi erano troppo avanti nella malattia perchè fossero efficaci i trattamenti. Si sta svolgendo a Las Vegas un esperimento per testare l'accuratezza dell'agente scanner nel nuovo protocollo di imaging.


Anche se le assicurazioni non coprono il costo elevato del test, Cummings ritiene che il protocollo di imaging, un giorno, sarà ampiamente usato al Centro Ruvo e altrove, per contribuire a fare una diagnosi concreta. Per ora, dice che è uno strumento di ricerca che farà ottenere prima ai pazienti nuovi farmaci dalla sperimentazione clinica. Il centro ha anche un esperimento anti-amiloide che studia l'efficacia del bexarotene, un farmaco anti-cancro che si è anche dimostrato promettente contro l'Alzheimer.


Avendo avuto diversi farmaci incapaci di ridurre l'accumulo di placche di amiloide-beta, non è sorprendente, dice Cummings, che la ricerca guardi in altre aree, comprese le procedure chirurgiche che possono aumentare la memoria e invertire il declino cognitivo. All'inizio di questo mese, i ricercatori del Memory and Alzheimer's Treatment Center della Johns Hopkins hanno impiantato chirurgicamente un dispositivo tipo pacemaker nel cervello di un secondo paziente all'inizio della malattia; una forma di stimolazione cerebrale profonda simile a quella già utilizzata con successo su migliaia dei pazienti di Parkinson per ridurre tremori e necessità di farmaci.


Il Dr. Paul Rosenberg - responsabile dello studio della Johns Hopkins, che coinvolgerà anche 40 pazienti in altri tre siti degli Stati Uniti e uno in Canada - dice che è rincuorato da uno studio preliminare canadese che ha scoperto che le cariche elettriche a bassa tensione portate direttamente al cervello 130 volte al secondo nell'arco di 13 mesi hanno registrato in un paziente l'aumento sostenuto del metabolismo del glucosio, un indicatore dell'attività delle cellule cerebrali. La maggior parte dei malati di Alzheimer mostrano diminuzioni nel metabolismo del glucosio nello stesso lasso di tempo. Dei 6 pazienti studiati in Canada (quelli con l'impianto non sentono la corrente elettrica) i test hanno mostrato che due individui sembravano avere una funzionalità cognitiva migliore del previsto.


Cummings dice che la sua più grande preoccupazione per la stimolazione cerebrale profonda nell'Alzheimer è che la malattia è una patologia diffusa nel cervello, mentre la stimolazione colpisce solo una zona ristretta. E sarebbe "molto difficile applicare" questo tipo di chirurgia a 5,4 milioni di persone con la malattia, dice Cummings, che invece crede che produrre "farmaci disponibili per molte persone può essere la via da seguire". Se l'intervento chirurgico sarà positivo in pazienti selezionati, Cummings ne "sarebbe felice."


Il Dr. Jeffrey Cummings, direttore del Lou Ruvo Center for Brain Health
della Cleveland Clinic, fotografato nell'impianto di Las Vegas in
Novembre, dice che la ricerca sta dando i suoi frutti. "Ci stiamo
avvicinando a risposte reali," dice.

Sia Cummings che Thies erano soddisfatti il mese scorso per i risultati di un ricercatore inglese che ha scoperto un gene mutato, conosciuto come TREM2, sospettato di interferire con la capacità del cervello di impedire l'accumulo di placche.


E' solo il secondo gene che aumenta l'Alzheimer nelle persone anziane. L'altro, l'ApoEF, è stato scoperto nel 1993. Entrambi danno al portatore di uno dei due geni una probabilità da tre a cinque volte maggiore di sviluppare l'Alzheimer.


La scoperta, dice Cummings, può fornire indizi su come e perché progredisce la malattia, così come aprire la strada a un possibile nuovo farmaco per rafforzare il gene, magari consentendo di funzionare alle cellule bianche del sangue del cervello.

 

Parte di invecchiamento

Anche se in netta minoranza, ci sono ricercatori che credono che indagare le placche e i grovigli alla ricerca di una cura per l'Alzheimer sia un errore. "La vecchiaia probabilmente non è curabile", ha detto recentemente il Dott. Ming Chen in un ampio colloquio telefonico. Chen, che dirige un gruppo di ricerca della University of South Florida, suggerisce che "enormi pressioni sociali" hanno spinto gli scienziati a puntare all'Alzheimer come a una malattia curabile. Egli dice che, poichè le persone vivono più a lungo, i ricercatori di Alzheimer sono stati guidati dalla paura della devastazione sociale causata da un numero crescente di malati di demenza.


Per Chen, l'Alzheimer appare la parte sfortunata dell'invecchiamento di alcune persone, proprio come alcune persone soffrono di osteoporosi e malattie cardiache gravi. Scrivendo sul numero di Dicembre 2011 del Journal of Alzheimer's Disease, Chen ha detto che i ricercatori dovrebbero de-enfatizzare la ricerca di una cura (egli non crede che ci sia un patogeno malvagio) e invece ricercare la prevenzione efficace e il trattamento concentrandosi sulla demenza come parte del processo di invecchiamento.


Egli dice che si dovrebbero fare ulteriori studi su interventi per rafforzare o manipolare le cellule cerebrale che invecchiano. Egli sottolinea che bisogna controllare i fattori di rischio, come il diabete e l'ipertensione, che secondo gli studi rendono le persone più vulnerabili allo sviluppo dell'Alzheimer. Ciò che sembra supportare la posizione di Chen sono i risultati dello studio uscito dalla University of California di San Francisco nel 2011. Quella relazione rilevava che circa la metà dei casi di Alzheimer in tutto il mondo potrebbero essere prevenuti attraverso cambiamenti dello stile di vita e trattando condizioni croniche come il diabete.


Anche una riduzione del 25 per cento nei sette fattori di rischio (depressione, diabete, fumo, obesità, vita sedentaria, pressione sanguigna alta in mezza età e scarsa istruzione) potrebbe evitare 3 milioni di casi di Alzheimer in tutto il mondo e quasi mezzo milione solo negli Stati Uniti, rilevava lo studio. Energizzare il cervello che invecchia, attraverso le attività sociali e le opportunità di formazione, può aiutare a combattere la demenza, ha detto Chen. Egli osserva, inoltre, che molti anziani vivono da soli, accelerando il declino cognitivo. L'Associazione Alzheimer stima che 800.000 persone con la malattia, uno ogni sette, vivano da soli.


Cummings crede nella dottrina "usalo o perdilo" riferita al cervello. Egli dice che il ritiro da pensionamento, può indurre letteralmente le persone a perdere la loro mente. Lasciare il mondo del lavoro significativo per una vita ritirata a poltrire con un telecomando TV può sembrare allettante, dice, ma quello stile di vita passivo è sempre più considerato dai ricercatori come un alto fattore di rischio per l'Alzheimer. E' tempo, dice Cummings, che gli alti dirigenti governativi della nazione e i funzionari della sanità pubblica si impegnino in una discussione franca sulle implicazioni tra pensionamento e una malattia per la quale l'età è senza dubbio un fattore di rischio. "Abbiamo una idea sociale di ciò che costituisce il ritiro, e abbiamo bisogno di riesaminare questa idea", dice. "L'estensione logica dei dati che abbiamo sulla demenza è che per una persona che è ancora in grado di lavorare, che è mentalmente stimolata con un forte senso di scopo, è meglio dal punto di vista cognitivo continuare a impegnarsi in quella posizione".

 

Questione di tempo

L'Alzheimer ad insorgenza precoce, dove i geni hanno dimostrato di essere un fattore importante, deve essere trattato in modo diverso dalla forma più comune della malattia, che colpisce spesso le persone dopo i 60 anni, ha detto Chen. Circa il 5 per cento dei malati di Alzheimer si ammala prima dei 60 anni. Chen dice che devono ancora essere trovati degl interventi medici per trattare i tre geni riconosciuti che effettuano le mutazioni che causano l'Alzheimer ad esordio precoce: APP, PSEN1 e PSEN2.


Cummings e Thies dissentono fortemente da Chen quando afferma che l'Alzheimer in vecchiaia è parte del normale invecchiamento. Anche se riconoscono che ci possa essere una molteplicità di fattori che causano la condizione, compresa la genetica e lo stile di vita, essi credono anche che i ricercatori si stanno avvicinando al rallentare il processo molecolare alla base dell'Alzheimer. E' chiaro anche, dice Cummings, che la ricerca sulle cellule staminali potrebbe avere un ruolo nel trattamento dell'Alzheimer. Gli scienziati della University of California di Irvine, hanno scoperto che le cellule staminali neurali sono in grado di salvare la memoria nei topi geneticamente modificati per avere un Alzheimer avanzato, alimentando le speranze di un potenziale trattamento.

 

Studi clinici

Il neurologo Dr. Charles Bernick dice che è commosso dal fatto che centinaia di abitanti del sud Nevada vogliono partecipare a studi clinici: "Sanno che quello che stanno testando probabilmente non li aiuterà, ma vogliono realmente aiutare gli altri". Sono persone che comprendono l'85enne Richard Parker, che può camminare 7/8km al giorno e far 200 torsioni con manubri di 5kg. Ha fatto parte di uno studio che ha testato una pillola presa tre volte al giorno per i suoi problemi di memoria a breve termine. La pillola si è rivelata inutile, ma lui pensa che l'esercizio lo sia. "Abbiamo un centro in questa città che fa ricerca sul modo di fermare l'Alzheimer", dice. "Perché la gente non vorrebbe sostenerlo? Si potrebbe aiutare se stessi e gli altri".


Quello in corso attualmente al Centro Ruvo è il primo esperimento clinico multicentrico negli Stati Uniti che cerca di identificare l'Alzheimer attraverso un esame economico del sangue. Il successo potrebbe essere la scoperta di un precursore che individua la malattia prima che si verifichi la perdita di memoria, un grande passo verso interventi terapeutici precoci che arrestano o stabilizzano la progressione della malattia.


Un altro studio unico indaga l'efficacia di una sedia, sviluppata dalla società Israeliana Neuronix. La sedia unisce esercizio mentale e stimolazione magnetica transcranica, nella speranza di migliorare la funzione cerebrale.


I nuovi farmaci in studio, alcuni dei quali coinvolgono test sulla memoria, esami del sangue e l'imaging del cervello, sono:

  • Takeda, una compressa orale progettata per ritardare l'insorgenza dell'Alzheimer.
  • IGIV, un farmaco per via endovenosa che potrebbe rallentare la progressione della malattia.
  • Biogen Idec, un altro studio di farmaco per via endovenosa finalizzato a rallentare la progressione della malattia.
  • Avanir, farmaco che si è dimostrato inizialmente promettente come trattamento dell'agitazione e di altri problemi comportamentali nei pazienti di Alzheimer.
  • Resveratrolo, sperimentazione di un principio attivo nel vino rosso, potenzialmente capcae di rallentare la malattia.

 

Sia Cummings che Thies dicono che c'è un grande senso di urgenza tra i ricercatori da quando il presidente Barack Obama ha trasformato in legge il National Alzheimer's Project lo scorso anno. Esso chiede agli scienziati di trovare un modo per trattare o prevenire la malattia entro il 2025, un obiettivo che alcuni esperti ritengono sia troppo ambizioso. I cinque farmaci attualmente approvati dalla FDA per il trattamento dei sintomi cognitivi dell'Alzheimer (Namenda, Razadyne, Exelon, Aricept e Cognex) sono arrivati dul mercato tra il 1993 e il 2003.


Nel tentativo di realizzare l'obiettivo del 2025, l'amministrazione Obama prevede di spendere altri $ 156 milioni nei prossimi due anni. Il filantropo Ruvo dice che è "troppo poco ... non ha senso considerando la devastazione della malattia".

 

 

 

 

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Pubblicato da Paul Harasim in Las Vegas Review il 13 Dicembre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari. - Foto: Jessica Ebelharl

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