I collaboratori stanno radunando gli anziani in sala per vedere la Signora degli Animali, che si ferma all'unità di Alzheimer di mia madre con un animale diverso ogni mese.
Sono seduta accanto a mia madre, che sta allungando il collo per vedere. "Senti", dico, "sta per parlare di furetti".
La donna racconta le abitudini della creatura lunga e magra, cosa mangia, dove vive. Corrompe il veloce mammifero marrone peloso con il cibo, perchè giochi e poi chiede ai vecchietti se hanno domande. "Chi porta il furetto a nuotare?". "Dove sono i figli del furetto?". "A chi appartiene quel furetto?".
"Sono domande davvero meravigliose!" esclama giubilante la Signora degli Animali. Risponde a loro. Poi porta in giro il furetto in modo che possiamo accarezzarlo. A mia madre non sono mai piaciuti i nostri stessi cani, ma quando arriva vicino il furetto, che fugge velocemente sul braccio della padrona, la mamma allunga coraggiosamente la mano e lo accarezza.
Quando uno degli aiutanti si alza e allontana la Signora degli Animali, la mamma ridacchia. Quando la Signora propone un quiz alla fine dello spettacolo, la mamma alza la mano, rispondendo correttamente alla domanda: "Con che cosa nutriamo i furetti?". La Signora degli Animali fa la domanda finale: "Vi piace questo furetto?" "Sì", grida la mamma. Lei sa che è la risposta giusta. "Sì!", dice con gioia infantile.
Più tardi, l'aiutante porta la mamma e molti altri pazienti verso l'ascensore. L'aiutante ha sul camice una grande patacca gialla con scritto: «SORRIDI: DIO TI AMA!» Gli ospiti, con i loro girelli, sembrano elefanti lenti e dolci le cui ginocchia stanno scemando. Dalla fila, la Mamma, mi saluta allegramente. Sto pensando a quant'è coraggiosa.
Discuto con me stessa
Ma, salendo da sola le scale per incontrarla nella sua unità al secondo piano, comincio a sentirmi disperata. Sento la sensazione vera di non avere più una madre. Sono io la madre e lei è diventata come una bambina. Per avere questo tipo di madre, a volte ci si sente più malinconici che non per non averla del tutto.
Che tipo di Dio ha permesso che questo mi sia accaduto? Improvvisamente mi vergogno di me stessa. E' della madre che starei pensando. Questa è la sua vita. Questa è la strada che è stata chiamata a percorrere, e poiché sono sua figlia, sto camminando accanto a lei.
Con nostalgia, ricordo che cosa avremmo potuto fare se non avesse l'Alzheimer: andare al concerto sinfonico, fare passeggiate insieme, fare shopping. Ma quando lei non aveva l'Alzheimer, non ci vedevamo molto spesso. La vedo ora perché sto aiutando chi si prende cura di lei.
Mentre salgo le scale verso il secondo piano, dove incontrerò la mamma, ricordo a me stessa, cupamente, che questa non è solo una fatica cupa e ripetitiva. Sto facendo un viaggio spirituale. Questo pensiero mi ha spesso salvato dalla disperazione. Nella mia mente vedo un percorso roccioso e solitario sopra un alto monte. Capisco che quello che ho imparato in questo viaggio probabilmente non l'avrei imparato in nessun altro modo.
Mentre mia madre esce dall'ascensore, sorrido, anche se non mi sento di sorridere. Mentre camminiamo insieme verso la sua stanza, mi aggrappo con tutta me stessa alla consapevolezza che questa può essere la migliore occasione che mai avrò per acquisire delle discipline spirituali come l'ospitalità, la pazienza, la preghiera, e il lasciarsi andare.
Dopo tutto, non sono più al centro dell'attenzione della madre. Mia madre è ora il centro della mia. Sto imparando a imparare a pensare a lei prima, come definirmi sua caregiver. Sto conoscendo i suoi amici e costruendo una comunità attorno a lei. Chiamiamola ospitalità.
Sto imparando anche la pazienza, quando la faccio salire faticosamente sulla mia macchina e resto seduta per ore negli studi dei medici con lei. E sto imparando a pregare. Sto imparando il tipo di petizione che fa una persona quando non c'è speranza che le cose possano migliorare. Sto imparando come meditare, come aspettare, come lasciare andare.
Scritto da: Jeanne Murray Walker, PhD, in Psychology Today (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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