Esperienze e opinioni
Sono le placche di amiloide-beta il vero colpevole dell'Alzheimer?
Il primo caso di morbo di Alzheimer è stato descritto da Alois Alzheimer nel 1906. Come caratteristica principale di questa malattia è stata indicata la descrizione clinica della demenza e il declino delle capacità cognitive correlati alla presenza di placche di amiloide-beta nel cervello.
Le placche formate dalla deposizione del peptide amiloide-beta sono state osservate nel cervello di pazienti di Alzheimer nelle analisi post-mortem. La formazione di placche è replicata anche in modelli animali.
Anche gli studi con modelli animali mostrano che il grado di sviluppo delle placche segue la gravità della demenza e la perdita di conoscenza e memoria, dando origine alla nozione che le placche amiloidi-beta sono gli agenti causali dell'Alzheimer.
Per monitorare la progressione dell'Alzheimer nei pazienti viventi sono stati utilizzati i recenti progressi nelle tecniche di visualizzazione, riportati da Rabinovici e colleghi, che comportano l'etichettatura con il composto Pittsburgh B seguita da tomografia ad emissione di positroni (PET). Questi autori suggeriscono che, sebbene la formazione delle fibrille di amiloide-beta sia vista in alcuni pazienti all'inizio dello studio, la demenza risultante e la progressione dell'Alzheimer non è correlata positivamente all'aumento della deposizione di fibrille amiloidi-beta.
Il peptide amiloide-beta è prodotto quando un'altra proteina, la proteina precursore dell'amiloide (APP), è tagliata sequenzialmente da enzimi beta- e gamma-secretasi. Eppure, recenti studi clinici con molecole che possono puntare la sintesi delle placche amiloidi non hanno avuto successo. Farmaci come il Semagacestat e lo scillo-inositolo (entrambe molecole in grado di inibire la gamma-secretasi) non sono stati utili nel ridurre la perdita di funzionalità cognitiva nei pazienti.
Il peptide amiloide-beta forma polimeri solubili nel citoplasma prima di essere depositato sotto forma di fibrille all'esterno dei neuroni. Il tramiprosate era un farmaco sperimentale provato in studi clinici per inibire la formazione di questi polimeri. Tuttavia, questa molecola non ha migliorato il deficit cognitivo in uno studio di Fase II sui pazienti. Nuove molecole che possono aiutare a fermare la formazione di fibrille comprendono un paio di anticorpi e un altro composto noto come PBT2 (recensito da Teich et. Al.).
Se gli inibitori della formazione di placche non danno una vittoria schiacciante sull'Alzheimer, allora è probabile che queste anomalie strutturali (le placche amiloidi) siano in realtà indicatori di uno stadio avanzato della malattia e non gli agenti causali definitivi e unici. Inoltre, le placche amiloidi sono state notate in pazienti geriatrici che non soffrono di Alzheimer.
La ricerca sull'Alzheimer familiare (FAD), in cui la malattia può essere tracciata attraverso il lignaggio genetico, dice che altri fattori, oltre al metabolismo dell'APP, possono essere coinvolti nella progressione della malattia. I geni legati al FAD producono proteine che aiutano a gestire e mantenere i lisosomi nelle cellule cerebrali. I lisosomi sono piccole camere all'interno delle cellule, specializzate nel degrado di proteine e di materiali organici ingeriti dalle cellule. Questi compartimenti intracellulari facilitano il riciclaggio dei componenti organici all'interno di una cellula. L'analisi dei geni legati al FAD suggeriscono che, quando questo meccanismo di degradazione è ostacolato, possono iniziare gli eventi che portano alla formazione di placche amiloidi e infine all'Alzheimer. Oltre all'elaborazione difettosa delle proteine nei neuroni, i geni coinvolti nel FAD sono anche coinvolti nella regolazione della trasmissione dei segnali chimici ricevuti alla membrana cellulare, dentro il citoplasma.
Struble e colleghi hanno proposto che la riduzione dell'attività metabolica cerebrale precede sia l'insorgenza della demenza che la deposizione di fibrille amiloidi-beta. Pertanto, la diminuzione nel metabolismo cerebrale costituisce con più probabilità l'innesco che fa partire l'Alzheimer. Evidenze dalla ricerca suggeriscono che la deposizione di placche amiloidi-beta è probabilmente un evento successivo nella progressione della malattia e nelle prime fasi dell'Alzheimer, prima che sia evidente il deficit cognitivo, possono essere coinvolti altri eventi cellulari regolati da prodotti genici di i geni legati al FAD.
Perché, allora, si formano le placche? Una possibilità è che la morte dei neuroni sia causata infine da eventi intracellulari tossici che portano alla trasformazione dell'APP nel peptide amiloide-beta e ad altre attività lisosomiali e che la deposizione di placche sia un evento commemorativo. I precursori delle placche possono rimanere solubili nel citoplasma nelle prime fasi di sviluppo della malattia e si trasformano in una forma insolubile (depositi di placca) solo dopo che i neuroni sono morti. Probabilmente sono tracce di neuroni uccisi dall'Alzheimer incipiente.
Questa ipotesi, se testata e vera, spiegherebbe anche perché i farmaci che bloccano la polimerizzazione del peptide amiloide-beta hanno mostrato risultati leggermente migliori rispetto a quelli che inibiscono la produzione dello stesso peptide. Per ora, le prove scientifiche suggeriscono che la causa fondamentale dell'Alzheimer può trovarsi altrove e che le placche amiloidi non sono necessariamente gli agenti causali unici della malattia.
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Riferimenti
- Pimplikar SW, Nixon RA, Robakis NK, Shen J, & Tsai LH (2010). Amyloid-independent mechanisms in Alzheimer’s disease pathogenesis. The Journal of neuroscience : the official journal of the Society for Neuroscience, 30 (45), 14946-54 PMID:21068297
- Rabinovici GD, & Jagust WJ (2009). Amyloid imaging in aging and dementia: testing the amyloid hypothesis in vivo. Behavioural neurology, 21 (1), 117-28 PMID: 19847050
- Struble RG, Ala T, Patrylo PR, Brewer GJ, & Yan XX (2010). Is brain amyloid production a cause or a result of dementia of the Alzheimer’s type? Journal of Alzheimer’s disease : JAD, 22 (2), 393-9 PMID: 20847431
- Teich AF, & Arancio O (2012). Is the amyloid hypothesis of Alzheimer’s disease therapeutically relevant? The Biochemical journal, 446 (2), 165-77 PMID: 22891628
Pubblicato da Shefali Sabharanjak, PhD in BrainBlogger il 17 Gennaio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari -
Immagine: Juan Gaertner / Shutterstock.
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