Secondo l'organizzazione non-profit Running USA, ci sono stati 518.000 maratoneti che hanno raggiunto il traguardo negli Stati Uniti nel 2011, un incremento del 47 per cento sul 2000. Ma allo stesso tempo sempre più americani cadono vittima di diabete, obesità e demenza.
Da quando gli scienziati hanno iniziato ad esplorare questa dicotomia sempre più profonda, si sono resi conto che l'evoluzione nelle prestazioni della corsa degli esseri umani è indissolubilmente legata alla salute e alla malattia nel mondo moderno.
Firehiwot Dado dell'Etiopia rompe il nastro per vincere la sezione femminile della New York City Marathon il 6 novembre 2011. Credit: Kathy Willens/AP |
In un articolo pubblicato recentemente sulla rivista Nature, i ricercatori hanno sostenuto non solo che gli esseri umani si sono evoluti per correre lunghe distanze, ma anche che la corsa di fondo, e l'esercizio fisico sostenuto, in generale, possono essere fondamentali per il mantenimento della funzione cognitiva.
Sappiamo di non essere velocisti nati naturalmente. Rispetto ad agili mammiferi come levrieri e antilopi, ci esauriamo in fretta (i migliori velocisti umani sono in grado di mantenere la velocità di punta per soli 15 secondi). Dall'altra parte, siamo grandi corridori di fondo, una capacità non presente in altri primati.
La nostra capacità di esercizio aerobico, infatti, è paragonabile a quella dei grandi mammiferi migratori come gnu e dei predatori come i lupi, animali che di solito si muovono a basse velocità (ad esempio, trotto o galoppo) su grandi distanze.
La nostra capacità di correre per lunghe distanze probabilmente si è evoluta a causa dei cambiamenti climatici in Africa circa due milioni di anni fa che hanno costretto i nostri antenati a scendere dagli alberi delle foreste in ritiro e a spostarsi nelle savane aperte.
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Gli adattamenti scheletrici per favorire cammino e corsa, come ad esempio l'allungamento delle gambe, l'accorciamento delle dita, e l'ampliamento delle articolazioni portanti, sono stati accompagnati dallo sviluppo di una maggiore capacità aerobica e dai cambiamenti metabolici e fisici nel cervello.
Di particolare importanza per questi cambiamenti, come dettagliato nel recente studio su Nature, potrebbe essere stata una proteina conosciuta come fattore neurotrofico di derivazione cerebrale (BDNF). Il BDNF promuove lo sviluppo, la sopravvivenza, e la plasticità dei neuroni, e sembra garantire un effetto protettivo contro la neurodegenerazione associata all'Alzheimer, in cui è stata segnalata la diminuzione dei livelli di BDNF.
Antico vaso greco raffigurante corridori olimpici del 525 AC. Credit: Picture Post/Hulton Archive/Getty Images |
Al contrario, l'esercizio ha dimostrato di aumentare il rilascio di BDNF nel cervello umano da due o tre volte di più, e aumenti simili sono stati osservati nei topi in fase di esercizio, in particolare nell'ippocampo e nella corteccia cerebrale.
Negli esseri umani, l'ippocampo e la corteccia prefrontale elaborano le informazioni associate al processo decisionale, allo stress, e alla paura, e all'interno di queste aree, il BDNF può avere un ruolo importante nel consentire alle reti neurali di adattarsi alle influenze ambientali.
Questa capacità di adattamento può essere promossa dall'aumento del BDNF indotto dall'esercizio fisico in una particolare area del cervello, che a sua volta potrebbe avere un ruolo chiave nel prevenire i disturbi psichiatrici come la depressione e nella protezione contro l'Alzheimer, che è la forma più comune di demenza.
I Giochi Olimpici 2012 di Londra promettono di lasciare il mondo con una vita di ricordi. Ma con demenza in aumento a livello mondiale, con 7,7 milioni di nuovi casi diagnosticati ogni anno, è difficile dire quale percentuale della popolazione mondiale si ricorderà, tra vent'anni, dove hanno avuto luogo i giochi di quest'anno. Perciò, come l'evoluzione delle prestazioni di corsa è stata fondamentale per la sopravvivenza della nostra specie fino all'era moderna, è di vitale importanza per il nostro futuro sostenere quella capacità di prestazione.
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Pubblicato da Kara Rogers in Britannica.com il 23 Luglio 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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