Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Gli orsi in letargo potrebbero dare un aiuto contro la demenza

Scienziati scoprono un legame tra gli effetti protettivi del raffreddamento sul cervello e la prevenzione della neurodegenerazione. L'aumento artificiale dei livelli della proteina RBM3 potrebbe aiutare a evitare l'Alzheimer.

Una ricerca effettuata dagli scienziati della Unità Tossicologica del Medical Research Council (MRC), che ha sede all'Università di Leicester, ha identificato un meccanismo di protezione che entra in gioco quando si abbassa la temperatura del corpo, attivando un processo che impedisce la perdita di cellule cerebrali e le relative connessioni.


Il team del MRC ha scoperto che questo processo di protezione può essere difettoso nelle malattie neurodegenerative come l'Alzheimer, e che contribuisce alla morte delle cellule cerebrali in questi disturbi. Simulando gli effetti del raffreddamento nei topi, gli scienziati hanno svelato un possibile nuovo bersaglio per farmaci che potrebbero proteggere dalla neurodegenerazione.


E' noto da tempo che durante il letargo, quando la temperatura interna di un mammifero si raffredda ben al di sotto della temperatura corporea normale, le sinapsi (le connessioni tra le cellule cerebrali) sono svuotate. Questo permette all'animale di entrare in uno stato di 'torpore', simile a un sonno profondo, ma dove non c'è alcuna attività cerebrale, permettendo all'animale di sopravvivere senza nutrizione per settimane o mesi. Quando l'animale esce dal letargo e si riscalda, si riformano le connessioni tra le cellule cerebrali e risorge nuovamente il numero di sinapsi, ripristinando la normale attività cerebrale.


Sappiamo che negli esseri umani, la riduzione della temperatura corporea (ipotermia) protegge il cervello. Ad esempio, delle persone sono sopravvissute per ore dopo un arresto cardiaco, senza subire danni al cervello, dopo essere cadute nell'acqua ghiacciata. Si usa anche raffreddare artificialmente il cervello dei bambini che hanno subito una perdita di ossigeno alla nascita per proteggerli dai danni cerebrali.


Raffreddamento e ibernazione portano alla produzione di una serie di proteine diverse nel cervello note come proteine da "shock-freddo". Una di queste, la RBM3, è stata associata alla prevenzione della morte delle cellule del cervello, ma non era ancora chiaro in che modo influisce sulla degenerazione e rigenerazione delle sinapsi. Sapere come queste proteine attivano la rigenerazione delle sinapsi potrebbe aiutare gli scienziati a trovare un modo di prevenire la perdita di sinapsi, senza la necessità di raffreddamento effettivo.


In questo studio, i ricercatori hanno ridotto la temperatura corporea di topi sani a 16-18ºC (come quella di un piccolo mammifero in letargo) per 45 minuti. Essi hanno scoperto che anche le sinapsi nel cervello di questi topi, che non vanno in letargo naturalmente, si sono smantellate al raffreddamento e si sono rigenerate nel successivo riscaldamento.


Il team ha poi ripetuto il raffreddamento nei topi allevati per riprodurre le caratteristiche delle malattie neurodegenerative (Alzheimer e malattia prionica) e hanno scoperto che la capacità di rigenerazione delle sinapsi scompare col progredire della malattia, accompagnata dala scomparsa dei livelli di RBM3.


Quando gli scienziati hanno potenziato artificialmente i livelli di RBM3 hanno scoperto che questo da solo è sufficiente a proteggere i topi con Alzheimer e prioni, impedendo l'esaurimento delle sinapsi e delle cellule cerebrali, riducendo la perdita di memoria e estendendo la durata della vita.


I ricercatori hanno quindi potuto concludere che la RBM3, e forse altre proteine da shock-freddo, influisce sulla capacità dei neuroni di rigenerare le sinapsi nelle malattie neurodegenerative, che è essenziale per prevenire la perdita di sinapsi durante la progressione della malattia. Il percorso può essere un obiettivo utile per dei farmaci, così che le cellule cerebrali possano essere conservate senza necessità di raffreddamento.


Il Professor Giovanna Mallucci, che ha guidato il team di ricerca, ha dichiarato: "Sappiamo da tempo che il raffreddamento può rallentare o addirittura impedire danni alle cellule cerebrali, ma ridurre la temperatura corporea è raramente fattibile in pratica: è sgradevole e comporta rischi, quali polmonite e coaguli di sangue. Ma avendo capito che il raffreddamento attiva un processo che impedisce la perdita di cellule cerebrali, possiamo ora lavorare per trovare un mezzo per sviluppare farmaci che possano mimare gli effetti protettivi del freddo sul cervello".


Il professor Hugh Perry, presidente di Neurosciences and Mental Health Board del MRC, che ha finanziato la ricerca, ha dichiarato: "Il percorso neuroprotettivo identificato in questo studio potrebbe essere un importante passo in avanti. Ora dobbiamo trovare qualcosa per riprodurre l'effetto di raffreddamento sul cervello. Proprio come i farmaci anti-infiammatori sono preferibili ai bagni freddi nel ridurre la febbre alta, abbiamo bisogno di trovare farmaci che possono indurre gli effetti dell'ibernazione e dell'ipotermia".

 

 

 

 

 


FonteUniversity of Leicester (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Diego Peretti, Amandine Bastide, Helois Radford, Nicholas Verity, Colin Molloy, Maria Guerra Martin, Julie A. Moreno, Joern Steinert, Tim Smith, David Dinsdale, Anne E. Willisand Giovanna R. Mallucci. RBM3 mediates structural plasticity and protective effects of cooling in neurodegeneration. Nature (2015) doi:10.1038/nature14142

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra:

 


 

 

Notizie da non perdere

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Ricetta per una vita felice: ingredienti ordinari possono creare lo straordina…

9.09.2019 | Esperienze & Opinioni

Se potessi porre ad ogni essere umano sulla Terra una domanda - qual è la ricetta per un...

Infezione cerebrale da funghi produce cambiamenti simili all'Alzheimer

26.10.2023 | Ricerche

Ricerche precedenti hanno implicato i funghi in condizioni neurodegenerative croniche co...

Lavati i denti, posticipa l'Alzheimer: legame diretto tra gengivite e mal…

4.06.2019 | Ricerche

Dei ricercatori hanno stabilito che la malattia gengivale (gengivite) ha un ruolo decisi...

Flusso del fluido cerebrale può essere manipolato dalla stimolazione sensorial…

11.04.2023 | Ricerche

Ricercatori della Boston University, negli Stati Uniti, riferiscono che il flusso di liq...

Svelati nuovi percorsi per la formazione di memoria a lungo termine

31.12.2024 | Ricerche

Ricercatori del Max Planck Florida Institute for Neuroscience hanno scoperto un nuovo percorso pe...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023 | Ricerche

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

"Ci...

I dieci psicobiotici di cui hai bisogno per un cervello felice

9.09.2019 | Esperienze & Opinioni

Psicobiotici? Cosa sono gli psicobiotici?? Bene, cosa penseresti se io dicessi che la tu...

I dieci fattori legati a un aumento del rischio di Alzheimer

27.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Anche se non c'è ancora alcuna cura, i ricercatori stanno continuando a migliorare la co...

Accumulo di proteine sulle gocce di grasso implicato nell'Alzheimer ad es…

21.02.2024 | Ricerche

In uno studio durato 5 anni, Sarah Cohen PhD, biologa cellulare della UNC e Ian Windham della Rockef...

La nostra identità è definita dal nostro carattere morale

24.06.2019 | Esperienze & Opinioni

Ti sei mai chiesto cos'è che ti rende te stesso? Se tutti i tuoi ricordi dovessero svani...

Come dormiamo oggi può prevedere quando inizia l'Alzheimer

8.09.2020 | Ricerche

Cosa faresti se sapessi quanto tempo hai prima che insorga il morbo di Alzheimer (MA)? N...

Livelli di ossigeno nel sangue potrebbero spiegare perché la perdita di memori…

9.06.2021 | Ricerche

Per la prima volta al mondo, scienziati dell'Università del Sussex hanno registrato i li...

La scoperta del punto di svolta nell'Alzheimer può migliorare i test di n…

20.05.2022 | Ricerche

 Intervista al neurologo William Seeley della Università della California di San Francisco

...

Scoperto un fattore importante che contribuisce all'Alzheimer

22.08.2022 | Ricerche

Una ricerca guidata dai dott. Yuhai Zhao e Walter Lukiw della Luisiana State University ...

Un segnale precoce di Alzheimer potrebbe salvarti la mente

9.01.2018 | Esperienze & Opinioni

L'Alzheimer è una malattia che ruba più dei tuoi ricordi ... ruba la tua capacità di ese...

Il sonno resetta i neuroni per i nuovi ricordi del giorno dopo

11.09.2024 | Ricerche

Tutti sanno che una buona notte di sonno ripristina l'energia di una persona; ora un nuo...

Districare la tau: ricercatori trovano 'obiettivo maneggiabile' per …

30.01.2019 | Ricerche

L'accumulo di placche di amiloide beta (Aβ) e grovigli di una proteina chiamata tau nel ...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

Seguici su

 
enfrdeites

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.