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Scoperto nuovo meccanismo coinvolto nella formazione della memoria

Scoperto nuovo meccanismo coinvolto nella formazione della memoriaOpera d'arte, in acrilico su tela, che interpreta artisticamente la regolazione dinamica della cromatina nella formazione della memoria. Gli istoni sono le componenti proteiche principali della cromatina, che è un complesso di molecole costituite da DNA e proteine presenti nelle cellule. L'artista è l'autore senior dello studio, J. David SweattDei ricercatori della University of Alabama di Birmingham segnalano la scoperta di un nuovo meccanismo nel cervello coinvolto nella formazione della memoria e dell'apprendimento.


Nel rapporto, pubblicato on line questa settimana in Nature, il team di ricerca descrive il ruolo di una subunità istone conosciuta come H2A.Z.


La scoperta potrebbe avere implicazioni terapeutiche per condizioni come la demenza, la perdita di memoria correlata all'età e anche il disturbo da stress post-traumatico.


Gli istoni sono proteine ​​che aiutano a regolare la formazione della memoria di 24 ore nell'ippocampo, nonché la formazione della memoria più lunga nella corteccia. Lo studio dell'UAB sulla subunità H2A.Z nei topi è il primo fatto in un modello mammifero complesso, gli studi precedenti erano stati condotti solo su cellule semplici come il lievito.


Gli istoni si uniscono in gruppi di otto per formare una proteina nucleo richiesta per la formazione della memoria. In un individuo sano, la subunità istone H2A.Z non fa parte del nucleo proteico, ma viene scambiata per, o sostituisce, uno degli altri otto istoni fondamentali nel momento in cui un ricordo è fissato nell'ippocampo.


Il team di ricerca della UAB, guidato da J. David Sweatt, PhD, presidente del Dipartimento di Neurobiologia e direttore dell'Evelyn F. McKnight Brain Institute, ha rimosso l'H2A.Z in modelli di topo per mezzo di un virus geneticamente modificato in modo che lo scambio di subunità non potesse avere luogo. I topi sono poi stati allenati a riconosciere una minaccia, permettendo ai ricercatori di misurare la loro risposta di memoria ad una minaccia percepita, nel corso di 24 ore.


Con loro sorpresa, la memoria è migliorata nei modelli animali in cui non aveva avuto luogo lo scambio H2A.Z. "La memoria è migliorata in assenza di H2A.Z, fatto che non ci aspettavamo, dato che si ipotizzava che l'H2A.Z fosse una parte necessaria della formazione della memoria in situazioni normali", ha detto Sweatt. "Questo ci dà un nuovo obiettivo interessante per terapie per quelle condizioni che comportano la perdita di memoria o la formazione scarsa di memoria".


Sweatt dice che un possibile passo successivo sarebbe lo sviluppo di inibitori dell'H2A.Z utili in caso di memoria declinante per invecchiamento o demenza. Altre applicazioni potrebbero includere disturbi della memoria legati alla disabilità intellettiva.


La scoperta che la memoria migliora in assenza di H2A.Z, ritenuta prima una parte integrante della formazione dei ricordi, fa nascere domande sulla responsabilità dell'H2A.Z nella formazione della memoria normale. Sweatt ipotizza che l'H2A.Z abbia un ruolo nel modulare la memoria, agendo da soppressore della memoria nei casi di ricordi spiacevoli o dolorosi.


"Può darsi che abbia il ruolo di tampone, per smorzare i ricordi negativi, in modo che non ci possano sopraffare o portarci a problemi ulteriori di salute come il disturbo da stress post-traumatico (PTSD)", suggerisce Sweatt. "In tale eventualità, la capacità di inibire o promuovere l'H2A.Z può avere un ruolo importante nel bloccare o trattare il PTSD a seguito di esperienze traumatiche".

 

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Lo studio è stato finanziato dalla McKnight Brain Research Foundation, dall'Istituto Nazionale per la Salute Mentale e dalla Defense Advanced Research Projects Agency.

 

 

 

 

 


Fonte: Bob Shepard in University of Alabama at Birmingham  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Iva B. Zovkic, Brynna S. Paulukaitis, Jeremy J. Day, Deepa M. Etikala, J. David Sweatt. Histone H2A.Z subunit exchange controls consolidation of recent and remote memory. Nature, 2014; DOI: 10.1038/nature13707

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