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Capire l'Alzheimer attraverso l'evoluzione dei mammiferi acquatici

Mammiferi acquaticiCome hanno fatto foche, leoni marini e altri mammiferi acquatici ad evolversi nella capacità di sopravvivere per lunghi periodi sott'acqua senza respirare? (Credit: © Rafael Ben-Ari / Fotolia)Scienziati dell'Università di Liverpool hanno chiarito come si sono evoluti per sopravvivere a lungo sott'acqua, senza respirare, i mammiferi acquatici, come il capodoglio.


Il team ha identificato una firma molecolare distintiva della proteina mioglobina, che vincola l'ossigeno, nel capodoglio e in altri mammiferi acquatici, permettendo loro di tracciare l'evoluzione dei depositi muscolari di ossigeno in più di 100 specie di mammiferi, compresi i loro antenati fossili.


La mioglobina, che dà il colore rosso alla carne, è presente nei mammiferi accquatici di elite in concentrazioni così alte che il muscolo è quasi di colore nero. Fino ad ora però ben poco si sapeva sul modo in cui questa molecola si è adattata nei campioni subacquei.


Ad alte concentrazioni, le proteine tendono ad unirsi insieme, compromettendo la loro funzione, quindi non era chiaro come la mioglobina riuscisse ad aiutare l'organismo a immagazzinare abbastanza ossigeno da consentire ai mammiferi come balene e foche, di restare sott'acqua per lunghi periodi di tempo senza respirare. Una elite di mammiferi subacquei può trattenere il respiro per più di un'ora, mentre caccia nelle profondità degli oceani, mentre i mammiferi terrestri, come gli esseri umani, possono trattenere il respiro per pochi minuti.


Il Dr Michael Berenbrink, dell'Institute of Integrative Biology dell'Università, che ha guidato il team internazionale, spiega: "Abbiamo studiato la carica elettrica sulla superficie della mioglobina e abbiamo scoperto che è maggiore nei mammiferi che possono immergersi sott'acqua per lunghi periodi di tempo. Siamo stati sorpresi quando abbiamo visto la stessa firma molecolare nelle balene e nelle foche, ma anche nei castori semi-acquatici, nei topi muschiati e nei toporagni acquatici. Mappando questa firma molecolare sull'albero genealogico dei mammiferi, siamo stati in grado di ricostruire i depositi di ossigeno dei muscoli negli antenati estinti dei mammiferi subacquei di oggi. Siamo anche riusciti a segnalare la prima prova di un antenato anfibio comune di trichechi, iraci ed elefanti marini che vivevano in acque africane poco profonde circa 65 milioni di anni fa".


Il dottor Scott Mirceta, dottorando sul progetto, ha aggiunto: "Il nostro studio suggerisce che l'aumento della carica elettrica della mioglobina, nei mammiferi che hanno alte concentrazioni di questa proteina, provoca una elettro-repulsione, come tra gli stessi poli di due magneti. Questo dovrebbe evitare che le proteine si attacchino e consentire concentrazioni molto più elevate di mioglobina, che immagazzina ossigeno, nei muscoli di questi subacquei". "Siamo davvero entusiasti di questa nuova scoperta, perché ci permette di allineare i cambiamenti anatomici che si sono avvenuti durante le transizioni terra-acqua dei mammiferi con la loro effettiva capacità fisiologica di stare sott'acqua. Ciò è importante per capire le prede che erano disponibili per questi animali estinti e la loro importanza complessiva per gli ecosistemi acquatici del passato".


La ricerca, finanziata dal Biotechnology and Biological Sciences Research Council (BBSRC), potrebbe anche contribuire a migliorare la comprensione di una serie di malattie umane in cui uno dei problemi è l'aggregazione delle proteine, come l'Alzheimer e il diabete, e potrebbe aiutare lo sviluppo di sostituti artificiali del sangue. Il Dr Berenbrink conclude: "Questo risultato dimostra la forza della combinazione di approcci molecolari, fisiologici ed evolutivi per i problemi biologici e, per la prima volta, ci permette di mettere 'carne' sulle ossa di questi subacquei estinti da lungo tempo".

 

 

 

 

 


Fonte: University of Liverpool.

Riferimento: S. Mirceta, A. V. Signore, J. M. Burns, A. R. Cossins, K. L. Campbell, M. Berenbrink. Evolution of Mammalian Diving Capacity Traced by Myoglobin Net Surface Charge. Science, 2013; 340 (6138): 1234192 DOI: 10.1126/science.1234192

Pubblicato in Science Daily (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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