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Farmaco per ipertensione potrebbe aiutare contro l'Alzheimer?

Entro i prossimi 20 anni si prevede che il numero di persone con Alzheimer (AD) raddoppierà dal numero attuale di mezzo milione a un milione.

Un nuovo studio ha controllato se certi tipi di farmaci usati per trattare la pressione arteriosa alta, chiamata anche ipertensione, potrebbe avere effetti benefici nel ridurre il numero di nuovi casi di Alzheimer ogni anno.

Il team di ricercatori dell'Università di Bristol ha esaminato se i farmaci già in uso per trattare l'ipertensione, soprattutto quelli che riducono specificamente l'attività di un meccanismo biochimico, chiamato sistema renina-angiotensina, potrebbe ridurre l'insorgenza dell'Alzheimer e di un altro tipo comune di demenza chiamata demenza vascolare. Lo studio, condotto con il supporto del North Bristol NHS Trust e pubblicato online sul Journal of Alzheimer, nasce dal lavoro di uno dei membri del gruppo, il dottor Patrick Kehoe. Il Dr Kehoe, docente di Ricerca Traslazionale in Demenza e condirettore del Gruppo di Ricerca sulla Demenza al Frenchay Hospital di Bristol, è una delle principali autorità sul possibile ruolo del sistema renina-angiotensina nell'Alzheimer.

Questo percorso è molto importante nella regolazione della pressione arteriosa e, da almeno un decennio, i collegamenti tra ipertensione e demenza sono conosciuti ma poco compresi. In anni più recenti è stato dimostrato che certi segnali prodotti da questa via contribuiscono a una serie di effetti dannosi spesso visti nel cervello delle persone affette da Alzheimer. Questi includono perdita di memoria, peggiore circolazione del sangue nel cervello, più elevati livelli di infiammazione cerebrale e aumento dei livelli di morte delle cellule cerebrali a causa della circolazione ridotta di ossigeno.

Il dottor Patrick Kehoe ha dichiarato: "I farmaci che possono impedire del tutto l'Alzheimer, o ne ritardano l'insorgenza, avrebbero un vantaggio sostanziale sulla vita dei malati futuri, sulle loro famiglie, così come sul sistema sanitario sotto stress. I farmaci attuali di Alzheimer trattano la perdita di memoria, cercando di correggere gli squilibri chimici nel cervello, ma questi funzionano solo per un tempo limitato. Questo perché i farmaci non sono in grado di fermare i meccanismi sottostanti che causano la malattia. Pertanto rimane la necessità di trovare nuovi modi di fermare l'Alzheimer".

La ricerca del dottor Kehoe lo ha fatto diventare esperto nello studio dei fattori di rischio per la malattia nelle popolazioni di grandi dimensioni e set di dati. I professori Richard Martin e Yoav Ben-Shlomo, e il ricercatore Neil Davies della scuola di Medicina Comunitaria e Sociale dell'Università, hanno utilizzato il General Practice Research Database, che contiene i dati anonimi di circa dieci milioni di persone che frequentano ambulatori di medicina generale in tutto il Regno Unito. Il team di ricerca ha formulato alcune osservazioni molto interessanti in quello che è uno dei più grandi studi di questo tipo sulla demenza nel Regno Unito.

I ricercatori hanno trovato che persone con più di 60 anni, che non avevano mai preso uno dei due diversi gruppi di farmaci che colpiscono il sistema renina-angiotensina nei precedenti dieci anni, avevano avuto la metà del rischio di sviluppare l'Alzheimer, e una riduzione, più modesta, del 25 per cento del rischio per le forme di demenza vascolare rispetto ai pazienti che assumevano un qualsiasi altro tipo di farmaci per l'ipertensione. Questo suggerisce che questi benefici, se veramente causali, non sono semplicemente dovuti a un effetto ipotensivo e possono comportare specifiche alterazioni biochimiche.

Il professor Richard Martin ha aggiunto: "Pur essendo interessanti, questi risultati non sono conclusivi. Abbiamo ora bisogno di fare la sperimentazione clinica per testare adeguatamente le nostre osservazioni". Il Dr Kehoe e colleghi stanno ora attualmente cercando di ottenere finanziamenti per intraprendere questa ulteriore ricerca necessaria. Se avranno successo, questi trattamenti possono entrare in tempi relativamente brevi nelle cure dell'Alzheimer in quanto questi farmaci sono già utilizzati per altre patologie e si pensa abbiano un numero ragionevolmente basso di eventuali effetti collaterali.

 

 


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Fonte: Materiale della University of Bristol, via EurekAlert!, un servizio di AAAS.

Riferimento: Neil M. Davies, Patrick G. Kehoe, Yoav Ben-Shlomo, Richard M. Martin. Associations of Anti-Hypertensive Treatments with Alzheimer's Disease, Vascular Dementia, and Other Dementias. Journal of Alzheimer's Disease, 26 (2011) 1%u20134 [ link].

Pubblicato in ScienceDaily il 17 Ottobre 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi, eventualmente citati nell'articolo, sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non si propone come terapia o dieta; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer Riese. I siti terzi raggiungibili dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente; in particolare si segnala la presenza frequente di una istituzione medica con base in Germania (xcell-Center) che propone la cura dell'Alzheimer con cellule staminali; la Società Tedesca di Neuroscienze ha più volte messo in guardia da questa proposta il cui effetto non è dimostrato. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

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