Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Maggior uso di estrogeni può proteggere le aree cerebrali vulnerabili all'Alzheimer nelle donne

Il calo dei livelli di estrogeni che avviene con la menopausa porta al calo dei volumi di materia grigia, la sostanza cellulare del cervello, nelle aree cerebrali chiave che sono influenzate anche dal morbo di Alzheimer (MA). Ma un nuovo studio di ricercatori della Weill Cornell Medicine, in collaborazione con l'Università dell'Arizona, suggerisce che una maggiore esposizione cumulativa agli estrogeni nella vita, ad esempio per aver avuto più figli o per aver preso la terapia ormonale in menopausa, può contrastare questo effetto di restringimento del cervello.


I risultati, riferiti il ​​3 novembre su Neurology, provengono da un'analisi delle storie personali, delle scansioni a risonanza magnetica e dai test cognitivi di 99 donne da 46 a 58 anni. I ricercatori hanno così confermato una scoperta precedente che aveva collegato la menopausa all'abbassamento del volume di materia grigia (GMV) nelle aree cerebrali che sono vulnerabili anche al MA.


Ma hanno anche collegato a un GMV più elevato (in alcune di queste aree cerebrali) gli indicatori di esposizione complessiva maggiore agli estrogeni, come un lungo periodo riproduttivo (dal menarca alla menopausa), a più figli e all'uso della terapia ormonale in menopausa e di contraccettivi ormonali.


Lo studio era osservazionale piuttosto che clinico, ma aumenta le prove che gli estrogeni possono avere un effetto protettivo sul cervello femminile, limitando la perdita di materia grigia che normalmente arriva con la menopausa, e quindi riducendo potenzialmente il rischio di MA.


L'autrice senior dott.ssa Lisa Mosconi, prof.ssa associata di neuroscienze in neurologia alla Weill Cornell Medicine, direttrice della Women’s Brain Initiative e direttrice associata dell'Alzheimer’s Prevention Clinic della Weill Cornell Medicine e del NewYork-Presbyterian/Weill Cornell Medical Center, ha detto:

"I nostri risultati suggeriscono che, mentre la transizione alla menopausa può portare vulnerabilità per il cervello femminile, altri eventi di storia riproduttiva che indicano un'esposizione maggiore agli estrogeni portano invece alla resilienza".


I ricercatori stimano che quasi due terzi degli individui con MA negli Stati Uniti sono donne. La maggiore prevalenza della malattia nelle donne può essere dovuta in parte alla loro maggiore longevità, tra gli altri motivi. Un'ipotesi primaria è che quella vulnerabilità riguardi gli estrogeni.


I recettori delle molecole di estrogeni si trovano nelle cellule in tutto il cervello delle donne, e l'ormone sessuale è da tempo noto non solo per aiutare a guidare lo sviluppo e il comportamento del cervello, ma anche in genere per il suo ruolo nutriente e protettivo nel sistema nervoso centrale.


Quella protezione non dura per sempre, però. I livelli di estrogeni diminuiscono ripidamente durante la transizione verso la menopausa, e come hanno dimostrato recenti ricerche della dott.ssa Mosconi e di altri, le donne tendono a sperimentare una significativa perdita del GMV durante questa transizione.


La perdita di volume si verifica soprattutto nelle regioni del cervello che sono colpite più pesantemente dal MA, e approssimativamente nello stesso periodo di vita quando si ritiene che prenda il via il lungo e lento processo del morbo. Pertanto, la perdita di estrogeni in mezza età delle donne può essere un fattore chiave dietro il rischio più alto di MA.


Il rovescio della medaglia di questa ipotesi è che più estrogeni, in particolare un'esposizione cumulativamente maggiore ad essi, potrebbe servire per contrastare l'effetto di indebolimento del cervello della menopausa. Quella possibilità è ciò che la dott.ssa Mosconi e il suo team hanno cercato di indagare con il nuovo studio.


L'analisi, che ha coperto 99 donne da 46 a 58 anni e un gruppo di confronto di 29 uomini coetanei, ha confermato che le donne post-menopausa e peri-menopausa (menopausa iniziale), rispetto alle donne pre-menopausa e agli uomini, avevano un GMV (adeguato all'età e alle dimensioni della testa) significativamente più basso in aree cerebrali come l'ippocampo, la corteccia entorinale e le regioni del lobo temporale, che sono pesantemente colpite dal MA.


Al contrario, le donne che avevano avuto più esposizione agli estrogeni, come implicito da vari fattori, avevano un GMV maggiore in alcune aree cerebrali note per essere influenzate dall'invecchiamento e dal MA:

  • L'estensione più lunga dell'età riproduttiva, ad esempio, si è collegato significativamente a più GMV in un gruppo di regioni vicino alla cima del cervello, che comprendono il lobulo parietale superiore e il precuneo dell'emisfero sinistro.
  • Avere avuto più figli si è associato in modo significativo con più GMV nel giro frontale inferiore e medio, e nel giro temporale medio e inferiore.
  • Avere usato la terapia ormonale sostitutiva si è associato a un GMV maggiore nel giro frontale superiore e in diverse altre regioni del cervello.


I ricercatori dicono che i risultati rafforzano l'idea che gli estrogeni possono essere protettivi, e suggeriscono che ulteriori indagini su percorsi biologici specifici che sottendono questo effetto potrebbero produrre cambiamenti medici o di vita che aiutano le donne a ridurre il rischio di declino cognitivo con l'invecchiamento e di rischio di demenza da MA.


La prima autrice Eva Schelbaum, assistente di ricerca nel laboratorio della dott.ssa Mosconi, ha detto:

"Speriamo ora di entrare ulteriormente nei dettagli di questi collegamenti tra estrogeni e GMV, ad esempio confrontando gli effetti della menopausa chirurgica e di quella spontanea e concentrandoci specificamente su determinati tipi di esposizione agli estrogeni, come la terapia ormonale in menopausa. L'obiettivo come sempre è capire perché il MA colpisce più le donne che gli uomini e come possiamo ridurre quel rischio".

 

 

 


Fonte: Weill Cornell Medicine (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Eva Schelbaum, Lacey Loughlin, Steven Jett, Cenai Zang, Grace Jang, Niharika Malviya, Hollie Hristov, Silky Pahlajani, Richard Isaacson, Jonathan Dyke, Hooman Kamel, Roberta Diaz Brinton, Lisa Mosconi. Association of Reproductive History With Brain MRI Biomarkers of Dementia Risk in Midlife. Neurology, 2021, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Scoperto perché l'APOE4 favorisce l'Alzheimer e come neutralizzarlo

10.04.2018 | Ricerche

Usando cellule di cervello umano, scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto la ...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

36 abitudini quotidiane che riducono il rischio di Alzheimer

2.07.2018 | Esperienze & Opinioni

Sapevi che mangiare carne alla griglia potrebbe aumentare il rischio di demenza? O che s...

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Lavati i denti, posticipa l'Alzheimer: legame diretto tra gengivite e mal…

4.06.2019 | Ricerche

Dei ricercatori hanno stabilito che la malattia gengivale (gengivite) ha un ruolo decisi...

Come dormiamo oggi può prevedere quando inizia l'Alzheimer

8.09.2020 | Ricerche

Cosa faresti se sapessi quanto tempo hai prima che insorga il morbo di Alzheimer (MA)? N...

Nuova terapia che distrugge i grovigli di tau si dimostra promettente

30.09.2024 | Ricerche

Degli scienziati hanno sviluppato potenziali terapie che rimuovono selettivamente le proteine ​​t...

Antiossidanti aiutano contro vari problemi di salute, ma è complicato capire q…

3.11.2025 | Esperienze & Opinioni

La descrizione di antiossidante è tutta nel nome: gli antiossidanti contrastano gli ossi...

Accumulo di proteine sulle gocce di grasso implicato nell'Alzheimer ad es…

21.02.2024 | Ricerche

In uno studio durato 5 anni, Sarah Cohen PhD, biologa cellulare della UNC e Ian Windham della Rockef...

Smetti di chiederti se sei un bravo caregiver

3.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Amare e prendersi cura di qualcuno con demenza può essere difficile. Forse, è una delle ...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Pressione bassa potrebbe essere uno dei colpevoli della demenza

2.10.2019 | Esperienze & Opinioni

Invecchiando, le persone spesso hanno un declino della funzione cerebrale e spesso si pr...

Farmaco per Alzheimer non cambia l'eliminazione dei rifiuti a breve termi…

24.11.2025 | Ricerche

Dopo il trattamento con il farmaco, le scansioni MRI non mostrano alcun cambiamento a breve termi...

Microglia: ‘cellule immunitarie’ che proteggono il cervello dalle malattie, ma…

28.05.2020 | Esperienze & Opinioni

Sappiamo che il sistema immunitario del corpo è importante per tenere tutto sotto controllo e per...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

Identificata nuova forma di Alzheimer ad esordio molto precoce

16.06.2020 | Ricerche

Ricercatori della Mayo Clinic hanno definito una forma di morbo di Alzheimer (MA) che co...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)