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Demenza del Lunedi Mattina (4a parte): sparita ancora!?

Demenza del Lunedi Mattina (4a parte): sparita ancora!?Negli articoli precedenti ho descritto l'esperienza dolorosa di essere sgridata da un Trio Imperioso formato da un medico, un infermiere e un assistente sociale al pronto soccorso quando sono arrivata a prendere mia madre che si era persa.


Il loro comportamento presuntuoso e prepotente ha solo aggravato il mio trauma. In questo post descrivo il trattamento che ho ricevuto da altri due assistenti del PS e come la loro cura personalizzata e compassionevole mi ha aiutato a sentire che potevo perseverare e tutto sarebbe andato bene.


Mentre sono circondata e braccata dal Trio Imperioso, un infermiere del PS aiuta mia madre a vestirsi. Il Trio si allontana definitivamente; sono in un pozzo di disgusto. Questo aiutante - un caregiver - molto più gentile e delicato, mi raccoglie con la paletta (in senso figurato) e mi chiede se ho bisogno di qualcosa prima di uscire.


Girandomi a salutare quest'anima nutriente, sono rientrata nei miei sensi. Ho notato che mia madre aveva mangiato solo metà del panino servito per il pranzo, e so che lei è ancora affamata. Sperando disperatamente di non essere scortese o di rompere le regole, chiedo timidamente: "Avete un doggie bag [contenitore per gli avanzi del pranzo] o qualcosa per il resto di quel panino?"

Sorride. "Sono sicuro che posso trovare qualcosa". Sono così sollevata. Raggiunge un cassetto e tira fuori un sacchetto di plastica richiudibile da circa 17x18cm, con scritto RISCHIO BIO in rosso. "Oh mio Dio", dico. "Darò da mangiare a mia madre rifiuti bio pericolosi!"


Lui ridacchia, commiserando la mia irriverenza. Incoraggiata da questo rapporto, vado in modalità pieno-sapientone, usando l'umorismo per migliorare la mia angoscia. "Allora, hai parlato con mia madre di QUELLO CHE RICORDERA'?" Condividiamo una fragorosa risata e io sono abbastanza sicura che non andrà a rintracciare l'assistente sociale per darle più materiale per il caso che sta costruendo contro di noi.


L'aiutante pensa anche a recuperare uno dei paramedici che hanno portato dentro mia madre, in modo che io sappia dove andare a recuperare la macchina della sua fuga. Anche il paramedico è molto cordiale e disponibile. Egli richiama una mappa su un computer perchè me la possa studiare, visto che non ho familiarità con la zona. Egli indica la posizione della Jeep e capisce la mia intensa curiosità per il percorso di mia madre.


Quando vedo dov'è la Jeep, capisco subito come è arrivata lì. Dopo 8 km da casa, aveva girato su una strada trafficata che, 80 km più avanti, muore ad un posto di blocco di sicurezza in un impianto di sviluppo satellitare. Questa destinazione casuale è ciò l'ha fatta trovare così rapidamente. Il paramedico condivide la mia gioia nel risolvere questo mistero e si meraviglia con me per la nostra fortuna.


Mi dà quindi le chiavi della macchina e il libretto, due dettagli che sono sicura avrei trascurato. Questa assistenza proattiva e organizzata aiuta a calmare il caos che regna ancora nel mio cervello. Raccolgo le chiavi e il libretto, mia madre, e la mia arguzia, e firmo per uscire dal PS. Mentre ci dirigiamo verso il parcheggio, mi sento ancora un po' disgustata, ma anche incoraggiata dalla gentilezza e comprensione dimostrata dall'assistente infermieristico e dal paramedico. La loro compassione e approccio collaborativo erano l'antidoto alla batosta di giudizio che ho avuto dal Trio Imperioso.


All'osservatore casuale, la differenza nella cura potrebbe non sembrare molta, ma per il famigliare in difficoltà e forse traumatizzato, un po' di assistenza di qualità è importante. Quando siamo iper-eccitati dai traumi, diventiamo iper-sensibili nelle nostre interazioni con gli altri. E' come se il nostro cervello fosse aperto e vulnerabile agli effetti sia delle aggressioni che dei balsami. L'insensibilità è profondamente offensiva. La compassione è profondamente guaritiva.

 

La cura compassionevole è assistenza centrata sulla relazione

Negli ultimi decenni, gli ospedali e gli operatori sanitari di sono sempre più concentrati sulla relazione, nel modo in cui forniscono assistenza. Questo quadro, chiamato anche "assistenza centrata su famiglia e paziente" e "assistenza basata sulla relazione", riconosce che le relazioni di qualità sono centrali per la fornitura di assistenza sanitaria di qualità. L'assistenza centrata sulla relazione è anche basata sulle evidenze. La ricerca mostra che i farmaci moderni, i disinfettanti, gli interventi chirurgici, e le relazioni terapeutiche sono tutte medicine potenti.


Certo, quando si tratta di fornire assistenza centrata sulla relazione, alcuni operatori sanitari ricevono una migliore formazione e supporto di altri. E, indipendentemente dalla formazione o dal supporto (o da istruzione, stato, o pagamento), alcuni caregiver arrivano all'assistenza centrata sulla relazione in modo più naturale di altri. Infatti, rispetto ai loro colleghi "arroganti", il nostro aiutante infermieristico di PS e il paramedico avevano un talento ben più grande nell'avvicinarsi a me con compassione e nel vedermi un essere umano competente.


Sapevano come costruire un rapporto e connettersi. In meno di un minuto ciascuno, hanno formato una relazione terapeutica con me. Mi vedevano come il mio sè intelligente, divertente e competente e mi hanno trattato come un partner collaborativo. Confrontatelo con l'assere visto come un idiota maldestro e imbranato e l'essere maltrattato come un inferiore ignorante. Indovinate chi ha rafforzato la mia capacità di gestire questa nuova frontiera dell'assistenza a mia madre.


Dopo tutto, non si ispirano le persone a fare meglio facendole sentire peggio! Purtroppo, non tutti i caregiver hanno questa memo. E nonostante la proliferazione dell'assistenza centrata sulla relazione avvenuta nel corso degli ultimi decenni, ho sentito troppe storie da famiglie sulla natura insensibile e prepotente di un professionista sanitario. Quel giorno al pronto soccorso, ho avuto modo di sperimentarlo in prima persona.


Era come se avessi fatto un passo indietro nel tempo, quando per gli ospedali era normale nutrire una cultura di guardare dall'alto al basso i pazienti e le famiglie. Condannare questo atteggiamento è fin troppo facile, soprattutto nei PS e nelle unità di terapia intensiva a corto di personale, in cui dei caregiver stressati possono vedere pazienti in cattive condizioni, forse in lotta per essere coerenti, attenti o sensibili, e scambiarli per incompetenti, difficili, perfino pazzi.


E' possibile che i pazienti, così come i loro familiari, siano sopraffatti da emozioni dolorose come l'ansia, la tristezza, e la rabbia e, di conseguenza, può essere difficile interagire con loro. Ma quando i caregiver possono vedere questi stati agitati come risposte naturali alle costrizioni del ricovero (e forse di quello che l'ha preceduto), può aiutarli a ricordare che queste persone non stanno cercando di essere difficili o deliranti. E' molto più facile assistere con compassione, se c'è la consapevolezza che i pazienti e le famiglie stanno vivendo un trauma e lottano per farvi fronte.


Vedere i pazienti e le famiglie come incompetenti è un'altra trappola. In effetti spesso appaiono storditi e confusi. Ma ancora una volta, è utile ricordare che stordimento e confusione sono risposte naturali allo shock del ricovero e al mondo sconosciuto della terminologia medica, delle condizioni, dei trattamenti e delle apparecchiature. E' normale che i pazienti e le famiglie abbiano bisogno di informazioni ripetute, oltre a molto tempo per formare domande coerenti.


Invece di giudicare e pontificare, hanno bisogno che gli operatori sanitari siano partner collaborativi, quando devono imparare a navigare in un nuovo terreno. Incontrare la prepotenza aggrava solo il disagio, come quello che è successo a me. C'è da meravigliarsi se ho giocato la carta del dottorato di ricerca? Stavo lottando per dimostrare che ero competente. Volevo affermare che avevo fatto un lavoro stellare nel coordinare l'assistenza negli ultimi cinque anni, e anche con questa nuovo ostacolo nel lavoro, la nostra squadra sarebbe stata di nuovo in pista prima che calasse la notte.

 

L'assistenza centrata sulla relazione ispira resilienza

E quando dico "prima che cali la notte", a quanto pare quello che volevo dire era che avrei continuato a sbagliare a lungo, alla ricerca di nuovi cuscinetti fino all'arrivo della notte. Infatti, se uno qualsiasi del Trio Imperioso mi avesse spiato dopo che abbiamo lasciato il pronto soccorso, avrebbe chiamato i segugi.


Ecco cosa è successo:  per tutta la mia vita, mia madre, quando era accompagnata al sedile del lato passeggero di una auto, non ha mai, mai, mai avuto bisogno di alcuna supervisione di sorta per aprire la porta, salire, chiudere la porta, e allacciare la cintura di sicurezza.

"Ecco la mia macchina", le spiego. "Vai avanti ed entra mentre faccio una telefonata. E' calda e al riparo dal vento". Aggiungo questo attrattiva come assicurazione. Le giro la schiena e mi sposto di 6/7 metri per telefonare a mia sorella e confermare il nostro piano perchè lei vada a prendere la caregiver del lunedi e mi raggiunga all'impianto satellitare. Le do le semplici istruzioni: "Basta arrivare alla fine della strada! Hahahaha!".


Cammino verso la macchina con gli accordi finali, quando mi accorgo con orrore che è vuota. Mia madre non è sul sedile del passeggero. Non è sul sedile posteriore. Non è in piedi fuori della vettura. Non è nel parcheggio! "Oh mio Dio", esclamo a mia sorella."Non ci crederai, ma l'ho persa! Ancora una volta! M...da, che mossa da idiota! Sono una pazza incompetente! Mettetemi dentro e buttate la chiave !!!" Entrambe ci sciogliamo in una risata isterica.


Bene, pensiamo come una persona demente! Il parcheggio non è grande. La mia auto è la sesta dalla rotonda, 25 metri dall'ingresso del pronto soccorso. Mentre mi avvio alle porte gigantesche, sbircio freneticamente nelle altre vetture e getto lo mio sguardo in lungo e in largo. Ci sono percorsi tra altri edifici. Una radura di abeti. Un traffico da Broadway.


Ha avuto probabilmente 5 minuti per trovare un percorso libero. Almeno sono certa che lei è a piedi questa volta! Mentre cammino nella hall, ancora al telefono con mia sorella per il sostegno emotivo e lo humour nero, la guardia all'ingresso delle viscere del PS fa dei moti con la mano perchè io guardi dietro l'angolo alla mia sinistra. Sono salva, eccola! Forse mi sarà risparmiata una lunga carcerazione in una struttura correttiva ... o in un reparto psichiatrico. Non sono sicura quale dei due.


"Eccoti!"
cinguetta mia madre, ignara del suo talento per provocarmi attacchi di cuore. L'adrenalina scorre nelle mie vene per la seconda volta oggi, la prendo per mano, pur condividendo la lieta novella con mia sorella. Nell'uscire faccio segni con le mani e grido a chiunque possa comprendere le implicazioni di quello che è appena accaduto: "Va bene, ho capito! Lei scappa. Devo migliorare l'assistenza. Troverò la soluzione!"


Ma la vera lezione qui è il valore della compassione e la collaborazione che ho ricevuto sia dall'infermiere del PS che dal paramedico. La loro connessione generosa mi ha aiutato ad alimentare questa seconda ricerca, il mio successo, e il mio aplomb. Accompagno con attenzione e consapevolezza mia madre alla macchina, le lego la cintura e chiudo la porta.

 

*******

Nella prossima puntata, descriverò il nostro viaggio per riprendere la Jeep, la mia conversazione con la guardia di sicurezza dell'impianto satellitare, e il seguito nella nostra famiglia.

 

 

Vai alla Parte 1Parte 2, Parte 3.

 

 

 


Fonte:  Deborah L. Davis, Ph.D. in PsychologyToday.com (> English text) -Traduzione di Franco Pellizzari.

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