Il mese scorso, mia madre è entrata in una fase avanzata della demenza con squilli di tromba.
La sua discesa era stata così graduale nel corso degli ultimi dieci anni, che non siamo riusciti ad individuare quando il deterioramento cognitivo lieve (MCI) si è trasformato in demenza lieve e poi in demenza di grado moderato.
Ma lei ha chiaramente varcato la soglia della demenza avanzata, quando ha cercato di "andare a casa", guidando dalla parte opposta. Con una forza erculea per aprire la porta del garage, con la fortuna di trovare la chiave nella macchina di mio padre, ed usufruendo della radicata abitudine di accendere il motore (anche dopo non aver guidato per 5 anni), ha sperimentato un ultimo sussulto di funzione esecutiva, partendo per un viaggio sulla strada. Apparentemente in Ohio. Dov'è la "casa".
[Puoi leggere qui la prima parte]
Poco dopo che mia madre se n'è andata, la governante si dirige alla cucina. Ma dov'è "Ma"? La governante, già spaventata dal precedente incontro nel vialetto, cerca sopra e sotto, dentro e fuori, guardando anche negli armadi. Presa dal panico, la governante chiama il mio cellulare. La segreteria telefonica le dice che non risponderò per almeno un'ora. (E' il mio giorno libero. Sto dormendo in casa, va bene? Perebacco!)
Quindi la governante chiama mia sorella, che vive solo a 10 minuti di distanza. E qui è dove la tempesta perfetta sfuma lentamente in una leggera brezza, nuvole nebbiose, sole, fiori, arcobaleni e coniglietti. Mia sorella è insegnante di scuola, ma ha il giorno libero a causa di una vacanza primaverile del distretto. Si sta allacciando le scarpe per una corsetta senza cellulare, ma per caso è ancora in casa, e risponde al telefono.
La governante è sconvolta. Mia sorella, con la sua solita serenità, dice: "Non preoccuparti. Mi limiterò a venire lì e a percorrere tutte i tragitti che normalmente faccio a piedi con mia madre!". Il marito di mia sorella, che doveva essere al lavoro dopo mezzogiorno, la raggiunge. Si avviano in direzioni diverse. La governante rimane a casa nel caso in cui Ma ritornasse. Mia sorella chiama e mi lascia un messaggio di questo programma.
Nel momento in cui mi sveglio - e, a proposito, ho doverosamente ascoltato questi messaggi prima ancora di uscire dal letto - mia sorella è già tornata a casa, avendo percorso 3 km. La chiamo subito, e la mia prima domanda è: "Hai controllato il garage?" Lei risponde: "Sì, certo. Ma la porta del garage è abbassata, niente di storto". "Le due vetture sono lì dentro?" chiedo.
"La Jeep non è c'è", dice lei, con apparente indifferenza. "Papà deve averla messa da qualche altra parte prima di lasciare la città". (In difesa di mia sorella, a volte mio papà la lascia dal meccanico, o nella rimessa dove parcheggia l'RV). "Uhm, no», le dico. "Papà ha lasciato la Jeep in garage". "Aspetta", dice incredula. "Pensi che Ma abbia sollevato la porta del garage, portato fuori la macchina, tirato giù la porta del garage, e poi se ne sia andata? Stiamo parlando di una donna che non riesce a capire come farsi un panino al burro di arachidi!".
Consideriamo l'improbabilità del tutto, e ripensiamo contemporaneamente a come avesse in realtà spalato 25 tonnellate di neve bagnata pochi anni prima. Come coordinatrice di assistenza e sorella maggiore, ho pensato a un piano. Qual è il percorso di routine più familiare sul quale mia madre ha viaggiato in auto?
Negli ultimi 10 anni lei è andata al Thrift Shop per fare volontariato ogni Martedì pomeriggio. Anche se la caregiver l'ha condotta lì per gli ultimi cinque (ed è rimasta a vigilare per gli ultimi due), quello era uno degli ultimi luoghi dove l'abbiamo lasciata andare guidando da sola, e questo percorso potrebbe ancora mantenere un solco nel suo cervello. Così chiamo loro prima. "Uhm, anche se potrebbe sembrare strano, hai visto mia madre oggi? E' uscita guidando l'auto, e ci chiediamo se possa essersi fatta vedere lì. E potresti verificare anche nel parcheggio?" Nope. Zero. Zilch. Nada.
La mia prossima opzione è la polizia non di emergenza. Quando spiego che mia madre con demenza è scappata con l'auto di famiglia, senza sorveglianza, passano la telefonata all'ufficio dello sceriffo. "È qui che devo segnalare una persona scomparsa con demenza?" "Sì. Questo è il posto. Succede continuamente". Questa nonchalance è rassicurante. Noi non siamo l'unica famiglia così irresponsabile e incompetente da perdere la nonna. Prendono le informazioni richieste. Guardando indietro, mi vedo irragionevolmente, ingiustificatamente ottimista che presto la troveranno, in una caccia che equivale in sostanza a cercare un piccolo ago in un enorme campo di covoni di fieno.
A quanto pare, sto avendo una premonizione. O sono follemente ottimista e fortunata. Dopo aver finito la chiamata all'ufficio dello sceriffo, lascio un messaggio criptico alla caregiver del Lunedi pomeriggio/sera, e poi il mio telefono squilla. E' la governante che segnala che mia madre è stata trovata a più di 80 km di distanza, ad un posto di blocco di sicurezza per un impianto satellitare remoto, e che la stanno trasportando in un pronto soccorso locale per la custodia. Chiamo l'ospedale e mi assicuro che lei sia arrivata e che tutto vada bene. Le daranno il pranzo, e potremo andarla a prendere in qualsiasi momento. Ha! Magari la prossima settimana?!
Quindi, in sostanza, ho avuto tre minuti di suspense tra la segnalazione di un ago mancante e sentire che l'ago era stato localizzato in un particolare pagliaio, che identifica rapidamente e restituisce tutti gli aghi al loro legittimo posto. Questa scoperta veloce e salvataggio efficiente è quasi una caduta nel banale. La adoro.
Chiamo mia sorella e siamo d'accordo che dovrei essere io a riprendere mia madre ribelle, visto che l'ospedale è solo a circa 30 chilometri da casa mia. In un primo momento il mio piano è questo: mi faccio una doccia calda voluttuosamente lunga. Poi scelgo con cura un abbigliamento divertente e accessoriato, mi vesto, e faccio una buona colazione prima di uscire. Mia madre può anche aspettare, per tutto quello che ci ha fatto passare. Beh, credo che mia sorella abbia fatto una buona corsa e ho avuto modo di dormire, ma ... comunque. Siamo state messe sotto il torchio!
In effetti sono troppo ansiosa per indugiare sotto la doccia. Mi metto una felpa comoda e prendo solo una piccola tazza di cereali da mangiare in macchina. Potrei prendere una strada con un limite di velocità di 90 km/ora, o posso vagare lungo i chilometri di Broadway, con i suoi semafori frequenti nei vari distretti con negozi, magazzini, vecchi quartieri, e svincoli autostradali. Il mio cervello esausto potrebbe guidare meglio a 50 km/h che a 90. Quindi mi prendo del tempo.
Dopo circa 40 minuti, trovo l'ingresso del Pronto Soccorso, parcheggio l'auto, ed entro. Tutti sanno chi sono, e mi danno i documenti che firmo con la mia procura per le questioni mediche. L'addetto al banco dell'accettazione è così felice che io abbia questa procura. Mi congratulo per la mia lungimiranza, anche se è la mia cecità ad averci portato qui. Mi danno il nulla osta di sicurezza e mi dirigo verso la camera 23. Sbircio dentro.
Mia madre indossa il camice richiesto dall'ospedale, con bottoni a pressione sul petto, indicando che il personale dell'ospedale ha fatto un po' di controlli bizzarri (e costosi) sui segni vitali. Ha mangiato la gran parte di una tazza di ananas, ma solo la metà del sandwich di tacchino. Noto che ha trascurato di inserire la lattuga o i pomodori, e tanto meno ha aggiunto la maionese o il senape. Non riesce a finire di fare panino per salvarsi la vita, ma può guidare attraverso il paese e vivere per raccontarlo.
Lei mi vede e si illumina: "Eccoti! Perchè ci hai messo così tanto?" "Perchè ci ho messo così tanto? Che diavolo ci fai qui?" "Oh, tu lo sai". Lei è la maestra delle risposte vaghe che nascondono la sua condizione, che negherà per sempre. Era solita dire "ho tutti i miei momenti. Non capisco perché le persone pensino che io non li abbia". Scriviamo utili promemoria mettendoli in posti utili, e lei li guarda e dice: "Beh, lo so. Cribbio". Li butta via e subito dimentica quello che avrebbe dovuto ricordare.
Ma la sua mancanza di consapevolezza di sé è una benedizione. Non è frustrata o depressa per la sua condizione, perché non l'ha mai riconosciuta. E non abbiamo visto alcun motivo per insistere sul fatto che lei la affronti completamente e crudamente. Inoltre, non era mai stata particolarmente consapevole di sé per tutta la vita. Perché mai dovremmo insistere perchè lei acquisisca questa abilità proprio ora? E come potrebbe, ora che è diventata come un «orso dal cervello molto piccolo» [«A Bear of Very Little Brain», citazione da una frase di A.A. Milne].
Inoltre, lei è chiamata "piacevolmente demente"; è gentile e divertente, quella che è sempre stata la sua natura fondamentale. Non ha mai gradito di sentirsi dire cosa fare, ma possiamo assecondarla in qualsiasi cosa. Inoltre è attiva, la sua salute è eccellente, non prende medicine, e, di conseguenza, è facile trascorrere del tempo con lei. Le nostre tre caregiver assunte giurano che questo è il miglior ingaggio di sempre. A parte ora che siamo tutti seduti sulle spine, sapendo che poteva perdersi se non prestiamo molta attenzione a dove si trova e al suo senso di orientamento. Chi si è scottato teme anche l'acqua fredda.
Nel prossimo post, scriverò di come siamo stati trattati al pronto soccorso, ed esplorerò il tipo di supporto di cui hanno bisogno le famiglie dai primi soccorritori e dal personale ospedaliero.
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Fonte: Deborah L. Davis, Ph.D. in PsychologyToday.com (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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