Con l'invecchiamento della popolazione, sempre più persone vengono spinte in un ruolo che non avevano previsto di assumere e per il quale pochi sono stati formati: caregiver primari di una persona cara con demenza.
"Non c'è un piano d'azione per questa malattia e sul modo di farvi fronte", dice Sandra Atlin, canadese che si è trovata alla ricerca disperata di aiuto quando il marito Gordon ha sviluppato l'Alzheimer tre anni fa, una condizione che ha avuto inizio con il decadimento cognitivo lieve cinque anni prima.
"Mi sono sentita sopraffatta da quello che stava accadendo", dice la Atlin, di 78 anni. "La sua memoria a breve termine è completamente sparita, totalmente. Così ora non ricorda quello che ha fatto due o tre minuti fa ... egli non può più prendere decisioni, nemmeno su cosa mangiare".
La Atlin aveva partecipato a un paio di gruppi di sostegno, ma è solo quando ha scoperto un innovativo programma al Mount Sinai Hospital di Toronto che ha imparato il modo di affrontare meglio sia la malattia di suo marito di 86 anni che le emozioni turbolente generate dal suo nuovo ruolo. Il programma, iniziato circa 4 anni fa al Reitman Centre dell'ospedale, è stato progettato per soddisfare le esigenze di chi fornisce assistenza a casa ad un coniuge con demenza, o di un figlio adulto che si occupa di un genitore.
Il corso di 10 settimane, in genere include circa cinque caregiver, che partecipano a sessioni intensive di 2,5 ore una volta alla settimana, guidati da professionisti qualificati, come psichiatri, assistenti sociali o psicologi. Oltre ad apprendere le complessità dell'Alzheimer e delle altre demenze, i caregiver imparano a risolvere problemi in un "modo organizzato ed efficace", dice il Dr. Joel Sadavoy, responsabile del programma.
L'approccio ha lo scopo di aiutare le persone a far fronte all'onere del caregiving per 24 ore al giorno, all'infinito processo decisionale quotidiano, al sentirsi fisicamente ed emotivamente svuotati. Durante le sessioni, i caregiver sono addestrati a cristallizzare la natura di un problema, togliere la relativa emozione, e quindi a trovare le soluzioni possibili, dice Sadavoy, in capo ai servizi di comunità e di psichiatria geriatrica. "Qualcuno potrebbe dire: «Sono sopraffatta dalla demenza di mio marito, mi sento come se non avessi una vita e non ho tempo per niente»" dice.
Con l'aiuto dei responsabili dei programmi e degli altri membri del gruppo, al caregiver è chiesto di continuare a sezionare il problema per arrivare al suo nucleo. "Quello che viene fuori è: «Mi piacerebbe molto essere in grado di uscire due pomeriggi alla settimana dalle 2 alle 5 per stare con la mia amica Jane e il mio amico Harriet»", dice Sadavoy. "Una volta che si arriva a questo livello di dettaglio, allora diventa possibile trovare soluzioni reali. Ciò che non è possibile è trovare soluzioni alla sensazione di «non so più chi sono e non ho una vita». Ecco come di solito arrivano i problemi, molto carichi emotivamente, con un senso di oppressione e complessità. L'obiettivo è insegnare il metodo di pensare e allo stesso tempo di creare nel caregiver un senso di padronanza e controllo".
Di nuovo in questo programma c'è l'uso di attori - chiamati simulatori del paziente - che inscenano dei giochi di ruolo con i caregiver come mezzo per elaborare questioni specifiche sollevate da individui del gruppo. Per la Atlin, aver a che fare con il medico di famiglia di suo marito era frustrante e umiliante, perché tendeva a liquidare le sue preoccupazioni ed era restio a rispondere alle domande circa le cure mediche del suo sposo.
Con l'attore entrato nel ruolo del medico, la Atlin era in grado di fare pratica sul modo di gestire le interazioni future. "Ho avuto qualche consiglio e ho fatto un pò di pratica su come avvicinarmi a lui, e ho avuto il coraggio, perché quando l'ho avvicinato, in realtà, non gli è piaciuto", dice. "Ho avuto il coraggio di lasciarlo. Ed io non so come avrei gestito questo passaggio senza l'allenamento. Ho avuto l'opportunità di fare pratica su come essere diretta e forte, essendo dalla parte di mio marito. E ora siamo con una persona molto migliore, per lui, e per me".
La Atlin ha anche imparato a reagire in modo più efficace ai comportamenti alterati del marito. Come molte persone con demenza, spesso dimostra apatia, anche se per fortuna, dice, lui non è fisicamente o verbalmente aggressivo. I giochi di ruolo l'hanno aiutata a trovare un modo per togliere il marito dal letto nelle mattine in cui lui era determinato a restarci. "So che gli piace aiutarmi, anche adesso. Quindi dico: «Beh, puoi aiutarmi a fare colazione?» E lui risponde più positivamente a tale approccio, invece di «Vieni, alzati dal letto. La prima colazione è pronta»".
Sadavoy dice che il gruppo permette ai caregiver di sentirsi connessi e compresi in un "luogo sicuro". "I caregiver sono molto soli, in realtà", dice. "Quasi tutti sperimentano un senso di solitudine nel ruolo, perché non importa quanto gli altri vogliono capire, nessuno sa veramente cosa vuol dire, a meno di non essere proprio lì, sul posto, nel bel mezzo".
Sapendo quanto l'ha aiutata il corso, la Atlin ha avvicinato il rabbino chiedendole di avviare un programma simile all'Holy Blossom Temple di Toronto. Diversi professionisti sanitari e un attore della sua congregazione si sono offerti volontari per essere addestrati dal team di Sadavoy, e ora è disponibile un corso di 10 settimane per caregiver presso la sinagoga. Alcuni programmi simili sono in atto anche altrove, compreso quello fornito dai Chinese Geriatric Community Services di Calgary e il Yee Hong Centre for Geriatric Care di Toronto, e Sadavoy vorrebbe vedere il corso ampliarsi ulteriormente in tutto il paese. Questo può avere una spinta dal programma lanciato di recente per i caregiver che lavorano, finanziato dal Social Development Partnerships Program federale con 2,84 milioni di dollari canadesi al Mount Sinai.
Il team di Sadavoy ha progettato appositamente il corso per i canadesi che devono dividersi tra il lavoro e la cura di una persona cara a casa, un ruolo doppio che può portare a prestazioni scadenti sul lavoro, nonché ad un elevato rischio di depressione e ansia. Il programma "Working Carers" è realizzato da Ceridian Canada, che fornisce servizi sanitari e di supporto vita-lavoro ai dipendenti delle aziende clienti. "Questo è un concetto importante per noi e un grande progetto su cui essere coinvolti, in quanto offre l'opportunità di raggiungere queste persone prima che soffrano di alcuni problemi al lavoro o a casa, o di qualche caduta nella vita e nel funzionamento quotidiano" dice Estelle Morrison, vice-presidente dei servizi clinici e di benessere della Ceridian. La Bank of Montreal è la prima ad offrire il corso ai dipendenti, inizialmente nella zona di Toronto, nell'ambito di un progetto pilota di cinque anni. La Morrison dice che il piano è estendere il programma ad altre aziende in tutto il paese. Si stanno anche considerando corsi in francese e programmi culturalmente appropriati in altre lingue.
Un studio del 2012 di Statistics Canada ha trovato che il 28 per cento (8 milioni) di canadesi oltre i 15 anni sono caregiver per familiari o amici con diverse condizioni di salute croniche, tra cui la demenza. Il sessanta per cento di loro lavora. Lo studio ha scoperto che circa 4 caregiver lavoratori su 10 hanno detto che arrivano in ritardo al lavoro, devono uscire prima o ottenere permessi durante l'orario per prendersi cura del familiare o amico malato. Tale cifra sale a oltre la metà tra quelli impegnati in 20 o più ore di caregiving alla settimana.
"Una delle cose con la demenza è che non si sa come sarà domani ... ogni giorno può portare una nuova sfida o una nuova situazione che non era prevista o prevedibile", dice la Morrison, notando che alcuni caregiver lavoratori finiscono per prendere un congedo o abbandonare il lavoro perché non possono far fronte alle doppie esigenze. Sadavoy dice che molti caregiver che lavorano finiscono per dover modificare quello che stanno facendo sul posto di lavoro per affrontare il loro ruolo in casa o viceversa. "Quindi sono sempre sotto pressione".
Anche se è in pensione dopo una carriera di insegnante per adulti, la Atlin ha dovuto chiedere aiuto periodicamente a degli operatori di assistenza personale, così da prendersi qualche tregua nel caregiving 24/7. Ma chiedere aiuto è stato difficile, in parte perché ha portato a sentimenti di colpa e al senso di non fare abbastanza, lei dice. Ciò che le passava per la testa era:"Dovrei essere in grado di affrontare tutto questo. Conosco Gordon al meglio. Dovrei essere in grado di tenerlo nel confort, tenerlo felice. E non avrei dovuto chiedere aiuto nè ai miei figli nè a chiunque altro".
La Atlin dice che il corso per caregiver l'ha aiutata a far fronte a quel senso di colpa. "Penso che specialmente la capacità di risolvere problemi mi ha fatto capire che se il mio problema è il senso di colpa, ci dev'essere il modo di superarlo, perché questo non aiuta nè me, nè Gordon". Senza il programma, dice, "sinceramente non credo che avrei potuto continuare così a lungo".
Pubblicato in Vancouver Sun (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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