I medici non dovrebbero avere il diritto o la responsabilità di passare per forza ai loro pazienti le informazioni genomiche sul loro rischio di malattie, secondo quanto hanno scritto dei bioetici ieri, 9 Maggio, in Trends in Biotechnology, una pubblicazione di Cell Press.
Si tratta di una risposta alle raccomandazioni controverse dell'American College of Medical Genetics e Genomics (ACMG) sulla possibilità/obbligo di riferire scoperte casuali avvenute durante il sequenziamento clinico del genoma.
"Molti in questo settore concordano che nessuno ha il diritto di nasconderti i dati sanitari", scrive Megan Allyse del Centro di Etica Biomedica dell'Università di Stanford. "Ma è problematico anche suggerire il contrario: che il sistema medico debba dare informazioni che il paziente non richiede e non desidera. Nessuno dovrebbe essere in grado di interferire con la capacità di accettarne o rifiutarne l'accesso. Pensiamo che questo sia il motivo per cui queste raccomandazioni sono problematiche, perché suggeriscono che il medico debba interferire sostanzialmente con tale decisione, dicendo: 'Devi accettare tali informazioni.' E c'è di sicuro la prova che alcune persone non vogliono informazioni sui rischi per la salute a lungo termine, specialmente dei bambini".
Le raccomandazioni dell'ACMG sono state indotte dal crescente uso del sequenziamento del genoma nella pratica clinica. Un problema nel sequenziamento di interi genomi o exomi (solo sequenze codificanti le proteine) è l'enorme quantità di informazioni che ne risulta. Per esempio, un paziente può avere un sequenziamento per individuare la terapia del cancro, ma la sequenza del genoma potrebbe contenere informazioni sul rischio di sviluppare l'Alzheimer in età avanzata. Le domande che conseguono: il paziente deve ricevere queste "scoperte fortuite" oppure no? E chi decide?
L'ACMG raccomanda che chiunque si sottopone al sequenziamento del genoma, per qualsiasi motivo, dovrebbe essere testato per un elenco di condizioni sulle quali si può intervenire clinicamente, compresa la predisposizione a varie forme di cancro e di cardiomiopatia (ma non per l'Alzheimer). Inoltre, le raccomandazioni dicono che i medici sono obbligati a passare successivamente tale informazione al paziente, che piaccia o no.
Non solo un tale approccio alla medicina sarebbe una sfida all'autonomia del paziente, ma sarebbe anche costoso, dicono i bioetici. "Non è chiaro a chi sarebbero caricati tali costi, se all'assicurazione o ai pazienti stessi", si chiede Allyse. "Per il momento, dal punto di vista del paziente, la popolazione interessata è piuttosto piccola, perché poche persone attualmente si sottopongono al sequenziamento dell'intero genoma.
Ma ci sono segnali sicuri che questa pratica è in crescita, soprattutto nella diagnosi del cancro, e quindi possiamo immaginare che questa questione, come definire e riferire le risultanze incidentali, potrà incidere su un numero sempre maggiore di persone in futuro. Il problema del costo sarà ovviamente importante per qualsiasi paziente con risorse limitate, come pure per ospedali, compagnie di assicurazione, e programmi pubblici che pagano gran parte delle cure che ricevono i pazienti".
Fonte: Cell Press, via EurekAlert!, a service of AAAS.
Riferimento: Megan Allyse, Marsha Michie. Not-so-incidental findings: the ACMG recommendations on the reporting of incidental findings in clinical whole genome and whole exome sequencing. Trends in Biotechnology, 2013; DOI: 10.1016/j.tibtech.2013.04.006.
Pubblicato in Science Daily il 9 Maggio 2013 (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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