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Lezioni dal fallimento: cosa possiamo imparare dalla fine del Bapineuzumab

L'ipotesi amiloide è morta, almeno per ora.

Ieri sera, la Pfizer e la Johnson & Johnson hanno annunciato il fallimento di un secondo studio di Fase III del bapineuzumab, un anticorpo anti-amiloide noto come "BAPI," per il trattamento dell'Alzheimer.


Il gruppo di ricerca, che comprende anche la Elan, abbandonerà ogni ulteriore sviluppo delle formulazioni per via endovenosa del farmaco, anche se continuano due piccoli studi di Fase 2 che valutano la somministrazione sottocutanea. I dati relativi al BAPI sottocutaneo non saranno disponibili prima all'inizio del 2014. Mi aspetto che anche questi studi falliranno.


Per quasi cinque anni, sono stato una voce critica della ipotesi amiloide, che postula che l'accumulo di "placche" amiloidi nel cervello causa il progressivo declino cognitivo e funzionale, che è il segno distintivo dell'Alzheimer. I fautori delll'amiloide - quasi onnipresenti all'inizio del 2008, ma ancora esistenti, anche se in numero minore - di solito rispondono citando alcuni suggerimenti di supporto, come i cambiamenti neuropatologici di tipo Alzheimer, che insorgono precocemente, osservati nei pazienti con sindrome di Down propensi alle placche amiloidi.

Gli enzimi agiscono sul APP (precursore amiloide prot ...
Si ritiene che nell'Alzheimer gli enzimi (= forbici nella grafica) tagliano frammenti di beta-amiloide
(Photo credit: Wikipedia)

Per anni, l'ottimismo amiloide ha chiesto di ignorare o ridurre al minimo le lezioni della storia. Bapi è solo l'ultima entrata nel cimitero di farmaci di eliminazione della beta-amiloide che hanno fallito in studi clinici prospettici e randomizzati. Altri fallimenti notevoli comprendono l'AN1792 di Elan, la phenserine di Axonyx, il Flurizan di Myriad Genetics e il semagacestat della Eli Lilly. Appena il solanezumab di Eli Lilly (un anticorpo simile al BAPI) fallirà entro la fine dell'anno, avremo i dati di sei studi principali di fase III senza nemmeno uno straccio di sostegno per l'ipotesi amiloide. E' difficile da ignorare.

Il mio primo intervento su Forbes ha utilizzato il BAPI come spunto per esaminare l'eccessivo ottimismo che permea il settore sanitario. Oggi vediamo quale lezione possiamo trarre da questo pasticcio e le domande che penso dovremmo affrontare prima di passare altri farmaci anti-amiloide a una fase avanzata di sperimentazione.

 

1. Le giustificazioni a posteriori per gli studi di Fase III sono insufficienti.

Piuttosto che condurre una serie di enormi studi importanti che costano probabilmente 400 milioni di dollari o più, Pfizer e Johnson & Johnson dovrebbero avere testato prospettivamente le ipotesi post hoc generate dalla Fase II di Elan fallita, in altri studi di fase II. Speriamo che il fallimento del BAPI sollevi la barra per il seguito. Le prove a sostegno di studi importanti di eventuali futuri farmaci candidati anti-amiloide devono essere coerenti tra i sottogruppi e definite prospetticamente. I fondi di R&S sono preziosi e non devono essere sprecati per un desiderio che si vorrebbe realizzabile.

 

2. Lo scollegamento patologia - clinica nell'Alzheimer deve essere spiegato.

I fautori dell'amiloide spesso scusano gli errori del passato, suggerendo che malati di Alzheimer da lieve a moderata clinicamente sono andati "troppo avanti" perchè un farmaco anti-amiloide abbia un impatto. Questo non ha senso. Se l'amiloide è la componente tossica fondamentale ed i pazienti dello studio sono in una fase iniziale clinica, una terapia anti-amiloide efficace deve rallentare la progressione della malattia. La tesi "sono andati troppo avanti" ignora anche i risultati di uno studio fallito di Fase I dell'AN1792 (vaccino anti-amiloide) di Elan, riportato da Lancet nel 2008. La conclusione post-autopsia degli autori è inequivocabile: "Anche se l'immunizzazione ... ha generato eliminazione delle placche amiloidi ... questa eliminazione non ha impedito la progressione [clinica] della neurodegenerazione". Se la tesi amiloide fosse corretta, gli scienziati dovrebbero essere in grado di mostrare come i cambiamenti patologici subclinici si rapportano alla progressione clinica conclamata.

 

3. Abbiamo bisogno di diagnosi più sensibili.

Sento spesso che i nostri test clinici per l'Alzheimer (l'ADAS-cog incentrato sulla cognizione e il DAD-Valutazione della Disabilità per la Demenza che si basa sulle attività della vita quotidiana) sono troppo rudimentali per individuare i pazienti in uno stadio precoce della malattia. Questo può essere vero, ma la lamentela sembra spesso dipendere dal ritardo inspiegabile tra i cambiamenti patologici invisibili e quelli clinici inesorabili. Sono d'accordo che dobbiamo sviluppare test migliori, ma questo è difficile da fare finchè non sappiamo cosa dobbiamo cercare.

 

Speriamo che il fallimento del BAPI servirà come campanello d'allarme per la comunità scientifica e per gli investitori. Finché non capiamo la scienza di base dell'Alzheimer, non troveremo una soluzione terapeutica significativa. Dobbiamo reindirizzare le risorse di R&S per migliorare la nostra comprensione della biologia di base dell'Alzheimer prima di gettare più spaghetti di Fase III al muro, nella speranza che qualcosa si attacchi.

 

 

 

 

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Nathan Sadeghi-NejadPubblicato da Nathan Sadeghi-Nejad in Forbes il 7 Agosto 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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