Pianificare in anticipo per alleviare le sfide morali ed etiche dell'Alzheimer

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I depositi di una proteina chiamata 'Medin', che è presente in quasi tutti gli anziani, riducono l'elasticità dei vasi sanguigni durante l'invecchiamento e quindi possono essere un fattore di rischio per la demenza vascolare.


Gli esperti del Centro tedesco per le malattie neurodegenerative (DZNE), e dell'Istituto Hertie for Clinical Brain Research (SAI) dell'Università di Tubinga, riferiscono sulla rivista scientifica PNAS di aver ottenuto questi risultati da studi su topi e dall'analisi di campioni di tessuti umani, e di considerare questi depositi dei bersagli per terapie future.


Quasi tutte le persone dopo i 50 anni hanno piccoli grumi della proteina Medin nelle pareti dei vasi sanguigni, secondo il dott. Jonas Neher, responsabile dello studio e scienziato del sito di Tübingen del DZNE e dell'HIH:

“Questi depositi sono apparentemente un effetto collaterale del processo di invecchiamento. Essi si trovano principalmente nell'aorta e nei vasi sanguigni della parte superiore del corpo, compresi quelli del cervello. Con grande sorpresa, nel nostro studio abbiamo potuto rilevare le particelle Medin non solo nei campioni di tessuto cerebrale di individui deceduti, ma anche nei topi vecchi, nonostante la vita limitata di questi animali“ .


La Medin è considerata problematica, perché appartiene ad un gruppo di molecole chiamate 'amiloidi' che sono spesso associate a condizioni patologiche. Un esempio importante è l'amiloide-beta, i cui aggregati sono coinvolti nell'Alzheimer. Ancora Neher:

“È ipotizzato da parecchio tempo che gli aggregati di Medin abbiano un effetto sfavorevole sui vasi sanguigni e che possano contribuire alle malattie vascolari. Studi recenti supportano questa ipotesi. Secondo questi risultati precedenti, gli anziani con demenza vascolare mostrano una maggiore quantità di depositi Medin rispetto agli individui sani“.

 

Capillari pigri

Tuttavia, nonostante questi segni sospetti, non c'era ancora la prova conclusiva che i grumi di proteine ​​sono effettivamente dannosi. Un gruppo di ricerca guidato da Neher è ora riuscito a dimostrarlo, in seguito alla loro scoperta che i depositi di Medin si formano anche nei topi che invecchiano.


Il loro studio è il risultato di uno sforzo di collaborazione che coinvolge anche scienziati di Francoforte, Monaco, Liverpool e Londra.


“Abbiamo studiato la velocità con cui possono dilatarsi i vasi sanguigni nel cervello. Per questo abbiamo messo a confronto topi anziani che hanno depositi Medin con topi ai quali è stata tolta geneticamente e quindi non sviluppano depositi di Medin“, ha detto Neher.

Tali studi sono difficili da condurre negli esseri umani, ha spiegato: “Quasi tutti gli anziani hanno aggregati di Medin. Pertanto, è quasi impossibile confrontare coetanei con e senza aggregati“.


Il gruppo di Neher ha osservato che i topi - un analogo degli esseri umani - mostrano quantità crescenti di particelle Medin nei vasi sanguigni, con l'avanzare dell'età. “In questo senso, il topo sembra imitare adeguatamente la situazione degli esseri umani”, ha detto Neher.


Nei topi i ricercatori hanno anche scoperto che, quando il cervello è attivo ed è necessario più apporto di sangue, i vasi sanguigni con depositi Medin si espandono più lentamente rispetto a quelli senza Medin ("I vasi cerebrali con Medin appaiono meno flessibili e quindi reagiscono più lentamente").


Però la capacità dei vasi di espandersi rapidamente è importante per la regolazione del flusso sanguigno e per dare al cervello un apporto ottimale di ossigeno e nutrienti, ha detto il ricercatore: “Se questa capacità è compromessa, può avere conseguenze di vasta portata per il funzionamento degli organi”.


I depositi di Medin sembrano quindi contribuire al deterioramento della funzione dei vasi sanguigni in età avanzata. “E questo è probabilmente non solo il caso nel cervello, perché i depositi ci sono anche in altri vasi sanguigni e potrebbero quindi portare non solo alla demenza vascolare, ma anche alle malattie cardiovascolari”.


Neher non può dare una risposta definitiva circa i meccanismi con cui le particelle Medin agiscono sui vasi sanguigni. Tuttavia, lui ha una teoria: “Sulla parete del vaso corrono fibre che permettono al vaso sanguigno di allargarsi e contrarsi. Poiché i depositi di proteine ​​sono incorporati nella parete del vaso, possono interferire con la funzione di queste fibre elastiche”.

 

Bersaglio terapeutico

La Medin deriva, in modo ancora sconosciuto, da una proteina più grande che è coinvolta nella formazione di nuovi vasi sanguigni, tra le altre cose. Neher dice:


“Se questa molecola precursore potesse essere stabilizzata con farmaci, potremmo modulare la produzione di Medin. In alternativa, si dovrebbe stimolare lo scioglimento  degli aggregati di Medin. Questo potrebbe aiutare a mantenere la salute vascolare e del cervello in età avanzata. Tuttavia, non ci sono tali farmaci disponibili in questo momento.

“È quindi importante vedere la Medin come fattore di rischio che quasi ogni anziano porta dentro di sé. Anche se la Medin colpisce davvero un grande gruppo di persone, finora ha ricevuto scarsa attenzione nella ricerca sulle terapie. I nostri risultati suggeriscono che dovrebbe passare di più sotto i riflettori“.

 

 

 


Fonte: DZNE - German Center for Neurodegenerative Diseases (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Karoline Degenhardt, Jessica Wagner, Angelos Skodras, Michael Candlish, Anna Julia Koppelmann, Katleen Wild, Rusheka Maxwell, Carola Rotermund, Felix von Zweydorf, Christian Johannes Gloeckner, Hannah Davies, Jillian Madine, Domenico Del Turco, Regina Feederle, Tammaryn Lashley, Thomas Deller, Philipp Kahle, Jasmin Hefendehl, Mathias Jucker, Jonas Neher. Medin aggregation causes cerebrovascular dysfunction in aging wild-type mice. PNAS, 8 Sep 2020, DOI

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