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Gruppo Auto-Mutuo-Aiuto Valdobbiadene
Riscoprirsi risorsa tra persone unite dallo stesso problema, partecipando ai Gruppi ...
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Donne che si prendono cura
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Gruppo Auto-Mutuo-Aiuto Altivole
Riscoprirsi risorsa tra persone unite dallo stesso problema, partecipando ai Gruppi ...
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Donne che si prendono cura
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Associazione ASAV, c/o distretto sanitario, Via Toniolo 2, Vedelago
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[CA Pedemontano] «Ti SOStengo. Un salvagente legale in un mare di dubbi»
Il Caffè Alzheimer è un servizio che la Casa di Soggiorno ...
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'La memoria non serve a ricordare: serve a fare meglio la prossima volta'

Potremmo non essere in grado di cambiare gli eventi recenti nella nostra vita, ma la qualità del ricordo ha un ruolo chiave nel modo in cui il nostro cervello modella ciò che sta accadendo nel presente e predire ciò che è probabile che si verifichi in futuro: questa la conclusione di una ricerca pubblicata sul Journal of Experimental Psychology: General.


"La memoria non è per cercare di ricordare", ha detto Jeff Zacks, professore di psicologia e scienze cerebrali della Washington University di St. Louis e autore senior dello studio. "È per fare meglio la prossima volta".


La ricerca, eseguita insieme a Chris Wahlheim dell'Università della North Carolina di Greensboro (UNCG), riunisce diverse teorie emergenti sulla funzione cerebrale per suggerire che la capacità di rilevare i cambiamenti ha un ruolo fondamentale nel modo in cui viviamo e apprendiamo dal mondo intorno a noi.


Il modello 'Event Memory Retrieval and Comparison Theory' si basa su ricerche precedenti di Zacks e colleghi che suggeriscono che il cervello confronta continuamente gli stimoli sensoriali di esperienze in corso, con modelli funzionanti di eventi passati simili, che forma da ricordi correlati.


Quando la vita reale non corrisponde al 'modello di eventi', il rilevamento degli errori di predizione e del cambiamento innesca una cascata di elaborazioni cognitive che ricablano il cervello per rafforzare i ricordi sia degli eventi del modello precedente che della nuova esperienza, sostiene la teoria.


"Abbiamo le prove di un meccanismo teorico che spiega come le persone aggiornano le loro rappresentazioni di memoria per facilitare l'elaborazione dei cambiamenti nelle azioni quotidiane degli altri", ha detto Wahlheim. "Queste scoperte possono finalmente chiarire il modo in cui l'elaborazione dei cambiamenti quotidiani influenza il modo in cui le persone guidano le proprie azioni".


Nel loro studio attuale, Zacks e Wahlheim hanno testato il modello di rilevamento del cambiamento con esperimenti che sfruttano il fatto ben documentato che gli anziani spesso hanno maggiore difficoltà a ricordare i dettagli degli eventi recenti. Gruppi di adulti sani e più giovani hanno visto dei video clip di una donna che esegue una serie di attività quotidiane di routine, come lavare i piatti o prepararsi all'esercizio fisico. Una settimana dopo, sono stati mostrati video simili in cui alcuni dettagli degli eventi erano stati modificati.


"Quando i partecipanti seguivano i cambiamenti in questi video di variazione sul tema, avevano una memoria eccellente per ciò che accadeva ogni giorno, ma quando non notavano un cambiamento, la memoria era orribile", ha detto Zacks. "Questi effetti possono spiegare alcuni dei problemi che gli anziani hanno con la memoria; in questi esperimenti, gli anziani erano meno capaci di tenere traccia dei cambiamenti, e questo rappresentava alcune delle loro prestazioni inferiori di memoria".


Ricerche precedenti di Zacks e altri hanno mostrato che il cervello rompe le attività della vita quotidiana in una gerarchia di eventi o in 'pezzi' distinti e minori, e che la nostra capacità di identificare transizioni o "confini" tra questi blocchi ha conseguenze sul modo in cui queste esperienze sono codificate nei nostri ricordi.


Ad esempio, il semplice attraversare una porta, che il cervello percepisce come un 'confine di eventi', ha dimostrato di diminuire il nostro richiamo delle informazioni elaborate appena prima di entrare nella nuova stanza. Così, a volte ci troviamo a dimenticare il motivo per cui siamo entrati in quella stanza. Questo modello di funzione cerebrale basato sugli eventi, chiamato Event Segmentation Theory (EST), ha guadagnato credibilità nell'ultimo decennio.


Zacks, l'autore del libro "Flicker: Your Brain on Movies", ha usato l'EST per spiegare come il cervello elabora brani di film dal ritmo frenetico e altre tecniche di produzione cinematografica che costringono gli spettatori a elaborare input sensoriali in modi che l'evoluzione non avrebbe mai previsto.


I modelli di eventi possono essere basati su esperienze personali precedenti, ma potrebbero anche includere percezioni ricavate da conversazioni con amici o situazioni simili tratte da libri, film e televisione. Quindi, il 'modello di eventi' di una persona per un giorno di nozze futuro potrebbe essere basato su altri matrimoni frequentati, incontri passati di parenti e amici e curiosità raccolte da ripetute visioni del film "Il mio grosso grasso matrimonio greco".


L'Event Memory Retrieval and Comparison Theory porta il modello di segmentazione degli eventi un ulteriore passo avanti, introducendo concetti dal 'memory-for-change framework' (=quadro memoria-per-il-cambiamento), una teoria avanzata nella recente ricerca di Wahlheim e Larry Jacoby. Quest'ultimo è un psicologo cognitivo noto per il lavoro sull'interazione di influenze consapevolmente controllate al contrario di quelle più automatiche della memoria. Ora è professore emerito di scienze psicologiche e cerebrali alla Washington University.


Wahlheim ha completato il dottorato e la formazione post-dottorato alla Washington University, e ora dirige il Memory and Cognition Lab come assistente professore alla Università della North Carolina di Greensboro. In una recente ricerca, Jacoby e Wahlheim hanno esposto i partecipanti allo studio a una serie di elenchi che includevano coppie di parole correlate, comprese alcune liste in cui una parola originariamente presentata era abbinata a una nuova parola.


Mentre vedere la stessa parola 'trigger' (grilletto, scatenante) associata a più coppie di parole ha dimostrato di causare interferenze nel processo di richiamo, Jacoby e Wahlheim hanno scoperto che la memoria migliorava quando i partecipanti riconoscevano il cambiamento durante la presentazione e successivamente ricordavano che il cambiamento era stato riconosciuto.


Il 'memory-for-change framework' suggerisce che notare il cambiamento è fondamentale per la creazione di una traccia di memoria che lega tutti questi eventi insieme, rafforzando la nostra memoria per l'accoppiamento originale, il riconoscimento del cambiamento e il nuovo accoppiamento.


L'attuale studio esplora i fenomeni memory-for-change in uno scenario più naturale in cui i video delle attività quotidiane sostituiscono gli elenchi di parole accoppiate. Aggiunge anche un elemento cronologico suggerendo che i video rappresentano attività filmate a una settimana di distanza. I risultati suggeriscono che stabilire connessioni basate sul tempo migliora il richiamo perché la memoria di un evento successivo viene incorporata in una traccia che include il ricordo dell'evento precedente. Gli eventi recenti includono eventi precedenti, ma non viceversa.


Più in generale, questi studi forniscono la prova che una funzione importante della nostra memoria è quella di aiutarci a recuperare esperienze rilevanti e metterle in relazione con ciò che sta accadendo nell'ambiente attuale: "Il nostro studio fornisce supporto alla teoria che le previsioni basate su vecchi eventi ci aiutano a identificare i cambiamenti e a codificare il nuovo evento", ha detto Zacks. "I ricordi delle esperienze recenti sono preziosi perché possono essere usati per prevedere cosa accadrà in seguito in situazioni simili e aiutarci a fare meglio nel trattare ciò che sta accadendo ora".

 

 

 


Fonte: Gerry Everding in Washington University in St. Louis (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Christopher N. Wahlheim, Jeffrey M. Zacks. Memory guides the processing of event changes for older and younger adults. Journal of Experimental Psychology: General, 2018; DOI: 10.1037/xge0000458

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