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Dopo sei mesi di pandemia COVID-19, stiamo ancora imparando cosa può fare la malattia. Ci sono ora rapporti dettagliati di malattie del cervello che emergono sia nelle persone con malattia polmonare relativamente mite, sia in quelli gravemente malati, che anche in quelli in recupero.


Una cosa fondamentale che stiamo vedendo è che la gravità della malattia polmonare non sempre si correla con la gravità della malattia neurologica. Avere solo una malattia polmonare lieve non protegge da complicanze potenzialmente gravi.


Quando si tratta di cervello e nervi, il virus sembra avere quattro gruppi principali di effetti:

  1. Stato di confusione (delirium o encefalopatia), a volte con psicosi e disturbi della memoria.
  2. Infiammazione del cervello (encefalite). Questo include una forma con lesioni infiammatorie (encefalomielite acuta disseminata), insieme con gli effetti della carenza di ossigeno nel cervello.
  3. Coaguli di sangue che causano ictus (anche nei pazienti più giovani).
  4. Possibili danni ai nervi del corpo, che causano dolore e intorpidimento (per esempio sotto forma di sindrome post-infettiva di Guillain-Barré, in cui il sistema immunitario attacca i nervi del corpo).


Ad oggi, i modelli di questi effetti sembrano simili in tutto il mondo. Alcune di queste malattie sono fatali e, per molti di coloro che sopravvivono, ci saranno conseguenze a lungo termine.


Questo solleva una questione importante: il COVID-19 sarà associato con una grande epidemia di malattie del cervello, proprio come l'influenza spagnola del 1918 è stata collegata (in modo invero incerto) all'epidemia di encefalite letargica (malattia del sonno) rimasta fino 1930? A questo punto, è difficile da dire, ma ecco cosa abbiamo capito finora sugli effetti del virus sul cervello.

 

Cosa succede nella testa delle persone?

In primo luogo, alcune persone con COVID-19 sperimentano pensieri confusi e disorientamento. Per fortuna, in molti casi, è di breve durata. Ma ancora non conosciamo gli effetti a lungo termine del delirium causato dal COVID-19 e se possono sorgere  problemi di memoria a lungo termine, o addirittura la demenza, in alcune persone. Il delirium è stato studiato soprattutto negli anziani e, in questo gruppo, è associato a declino cognitivo accelerato, oltre quanto previsto se i pazienti già soffrono di demenza.


Il virus ha anche il potenziale di infettare direttamente il cervello. Tuttavia, la maggior parte degli effetti fisici che abbiamo visto nei sopravvissuti sembrano impatti secondari del virus presente nel cervello, piuttosto che effetti del contagio diretto. Ad esempio, il nostro sistema immunitario può combattere adeguatamente il virus, ma può iniziare ad attaccare le nostre stesse cellule, comprese quelle cerebrali e i nervi. Questo può avvenire attraverso l'azione delle cellule immunitarie e degli anticorpi tramite un meccanismo infiammatorio chiamato 'tempesta di citochine' o attraverso meccanismi che sono ancora oscuri.


Ci sono anche pazienti COVID-19 con ictus ischemico, dove un coagulo di sangue blocca il flusso di sangue e di ossigeno al cervello. Alcuni di questi pazienti hanno fattori di rischio per l'ictus (es.: pressione alta, diabete o obesità), e comunque i loro ictus sono stati particolarmente gravi. Sembra che ciò dipenda dal loro sangue che si addensa rapidamente con il COVID-19 e, in questi pazienti, c'erano diversi coaguli di sangue nelle arterie che alimentano il sangue al cervello, anche nei pazienti già trattati con anticoagulanti. In altri, c'è emorragia cerebrale a causa di vasi sanguigni indeboliti, forse infiammati dagli effetti del virus.


Dove l'infezione con il coronavirus è associata ad infiammazione o a danni alle terminazioni nervose stesse, gli individui possono sviluppare bruciore e intorpidimento e anche debolezza e paralisi. Spesso è difficile sapere se questi sono gli effetti di una malattia critica sui nervi stessi o se c'è il coinvolgimento del cervello e della colonna vertebrale.


Tutti questi effetti sul cervello e sul sistema nervoso hanno il potenziale di provocare danni a lungo termine e possono sommarsi in un individuo. Ma dobbiamo sapere di più su quello che sta succedendo nel sistema nervoso delle persone prima di poter prevedere con precisione eventuali effetti a lungo termine.


Un modo per scoprire di più è dare un'occhiata all'interno della testa dei pazienti con tecniche di scansione cerebrale, come la risonanza magnetica. Finora, la scansione cerebrale ha rivelato un modello di scoperte inedite, ma è ancora molto prematuro usarla in questa pandemia.


In uno studio, i modelli trovati includevano segni di infiammazione e una pioggia di piccole macchie di sanguinamento, spesso nelle parti più profonde del cervello. Alcuni di questi risultati sono simili a quelli osservati nei subacquei o nel mal di montagna. Potrebbero rappresentare la carenza profonda di ossigeno apportato al cervello in alcuni pazienti con COVID-19, ma stiamo solo cominciando a capire la portata del coinvolgimento del cervello nella malattia. Gli studi di scansione cerebrale e post-mortem su quelli uccisi da COVID-19 sono stati limitati finora.

 

Paralleli con il passato

La pandemia influenzale del 1918 potrebbe aver ucciso 50-100 milioni di persone, uno su 50 di quelli infetti, e da tre a sei volte il numero di morti della prima guerra mondiale. Eppure è svanita dalla nostra memoria collettiva. Non si dice spesso che questa pandemia è stata collegata al focolaio di una malattia del cervello, l'encefalite letargica, o 'malattia del sonno'.


L'encefalite e la malattia del sonno erano state collegate a precedenti focolai di influenza tra i 1580 a 1890. Ma l'epidemia di encefalite letargica è iniziata nel 1915, prima della pandemia influenzale, ed è continuata fino al 1930, quindi un legame diretto tra le due è rimasto difficile da provare.


In coloro che sono morti, le autopsie postmortem hanno rivelato un modello di infiammazione nella sede del cervello (tronco cerebrale). Alcuni pazienti che hanno avuto danni alle aree del cervello coinvolte nel movimento sono rimasti bloccati nel loro corpo, incapaci di muoversi per decenni (Parkinsonismo post-encefalite), e sono stati 'risvegliati' solo dal trattamento con L-Dopa (una sostanza chimica presente naturalmente nel corpo) da Oliver Sacks nel 1960. E' troppo presto per dire se vedremo un focolaio simile associato al COVID-19, anche se i primi rapporti di encefalite nel COVID-19 hanno dimostrato caratteristiche simili a quelle dell'encefalite letargica.


Il seguito di questo evento globale ha molte lezioni per noi, ora, al tempo del COVID-19. Una, naturalmente, è che possiamo vedere la diffusione di danni cerebrali dopo questa pandemia virale.


Ma soprattutto, è un richiamo a considerare l'impatto politico e sociale delle pandemie, e la necessità di aiutare in seguito le persone vulnerabili che hanno la malattia. Il COVID-19 ha già esposto le disparità di accesso alle cure sanitarie. Le società saranno giudicate da come proteggono e curano coloro che sono più a rischio di questo virus, e del quale sopportano le conseguenze sulla salute. Ciò comprende le persone con malattie neurologiche derivanti dal COVID-19.

 

 

 


Fonte: Michael Zandi, consulente di neurologia e professore onorario associato di neurologia, University College London

Pubblicato su The Conversation (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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