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Quando pensano meglio gli anziani? Dipende dalla stagione.

Quando pensano meglio gli anziani? Dipende dalla stagione.

Lo sapevi che il nostro cervello cambia di stagione in stagione? I ricercatori hanno scoperto che molte persone vanno meglio in un certo periodo dell'anno.


Il Dr. Andrew Lim è il primo autore di un recente studio pubblicato sulla rivista PLOS Medicine, che ha esaminato il modo in cui cambiano durante l'anno la funzione cognitiva, il pensiero e la memoria degli anziani con e senza il morbo di Alzheimer (MA).


È il risultato di oltre 10 anni di ricerca presso i centri MA in Canada, Stati Uniti e Francia, dove gli investigatori hanno esaminato i dati di oltre 3.300 anziani, includendo test di memoria e di pensiero, nonché informazioni sull'espressione genica.

Che cosa ha trovato lo studio?

Che negli anziani con e senza MA la capacità di pensare e concentrarsi - la loro cognizione - varia un po' di stagione in stagione. Lo studio ha determinato che i partecipanti vanno un po' meglio in autunno rispetto alla primavera. La cognizione raggiunge il culmine nell'equinozio d'autunno (21 settembre).


La differenza tra l'autunno e la primavera è in realtà molto più grande di quanto previsto; equivaleva a quasi 4 anni di invecchiamento. Una persona con la prestazione cognitiva di un 80enne in primavera, ottine i risultati di un 76enne all'inizio dell'autunno.


È un effetto piuttosto significativo sulle prestazioni cognitive ed è lo stesso per gli anziani con e senza MA, anche quelli con MA migliorano dalla primavera all'autunno.

 

Perché il cervello cambia da una stagione all'altra?

Sembra che nel cervello avvengano cambiamenti biologici di stagione in stagione a livello genico e a livello di proteine, ​​che possono essere correlati ai cambiamenti cognitivi. Uno dei contributori potenziali potrebbe essere che i livelli di proteine ​​del MA (amiloide-beta e tau) nel fluido spinale variano da stagione a stagione.


I ricercatori erano molto interessati a ciò che potrebbe essere all'origine di questo. Alcune ipotesi nel settore erano che il fenomeno potrebbe essere correlato a un cambiamento nei livelli di attività durante l'anno, nel sonno o nei livelli di vitamina D.


L'esposizione alla luce è un'altra teoria sul tavolo, ma in questo studio il picco di cognizione era in autunno, piuttosto che in estate quando la luce del giorno dura di più. Tutte queste possibilità richiedono più ricerca.


C'è quindi un interesse a fare degli studi ulteriori e cercare di scoprire esattamente cosa c'è sotto, perché se riuscissimo a capirlo, allora potremmo potenzialmente escogitare approcci per far durare tutto l'anno il miglioramento che le persone hanno dalla primavera all'autunno e quindi togliere a tutti 4 anni di invecchiamento cognitivo.

 

Perché questo è importante?

Perché ha implicazioni sul sistema sanitario per l'erogazione delle cure, ha implicazioni per la gestione non farmacologica della cognizione e implicazioni per lo sviluppo futuro di farmaci.


Sapere che la cognizione delle persone peggiora in inverno e in primavera, potrebbe consentirci di rafforzare le risorse sanitarie in quei momenti. Può darsi che ci sia un maggiore bisogno di risorse dedicate alla cura della demenza durante l'inverno e la primavera, quando le persone sono più vulnerabili.


Ciò potrebbe anche implicare la disponibilità di un intervento non farmacologico per influenzare il pensiero e la concentrazione delle persone. Dal punto di vista del trattamento comportamentale, questo può essere correlato al cambiamento del livello di attività fisica di una persona o a fattori ambientali quali l'esposizione alla luce o da una prospettiva nutrizionale, la quantità di vitamina D che una persona riceve. Tutte queste possibilità devono essere ulteriormente studiate.


C'è anche interesse a capire meglio i geni e le proteine ​​che stanno guidando questo processo, il che potrebbe consentirci di sviluppare farmaci che puntano queste proteine ​​e migliorano la cognizione.

 

Le famiglie cosa possono cogliere da questo studio?

È importante sapere che il cervello di una persona con Alzheimer continua a cambiare durante l'anno. Il cambiamento cognitivo non è una strada a senso unico: non è un viaggio a senso unico.


Al contrario, la cognizione è mutevole, anche nei pazienti con MA, e uno o più fattori stagionali sono in grado di guidare un drastico miglioramento cognitivo ogni anno. Non c'è un danno così grave da non poter fare nulla: nel corso delle stagioni accade qualcosa che ogni anno prende una parte di quel danno e la inverte.


Infine, è importante riconoscere che l'inverno e la primavera possono essere accompagnati da un peggioramento temporaneo della cognizione, e che i familiari o i caregiver di individui con MA potrebbero dover fornire supporto in questi momenti, pur conservando la speranza che alcuni di essi possano invertirsi in autunno.

 

 

 


Fonte: Jennifer Palisoc in Sunnybrook Health Sciences Centre - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Andrew S. P. Lim, Chris Gaiteri, Lei Yu, Shahmir Sohail, Walter Swardfager, Shinya Tasaki, Julie A. Schneider, Claire Paquet, Donald T. Stuss, Mario Masellis, Sandra E. Black, Jacques Hugon, Aron S. Buchman, Lisa L. Barnes, David A. Bennett, Philip L. De Jager. Seasonal plasticity of cognition and related biological measures in adults with and without Alzheimer disease: Analysis of multiple cohorts. PLOS Medicine, 2018; 15 (9): e1002647 DOI: 10.1371/journal.pmed.1002647

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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