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Le fonti di energia del cervello possono causare l'Alzheimer e ispirano nuova terapia

Le fonti di energia del cervello possono causare l'Alzheimer e ispirare una nuova terapia

Il morbo di Alzheimer (MA), una malattia cerebrale gravemente debilitante e in ultima analisi fatale, colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Ad oggi, gli sforzi clinici per trovare una cura o un trattamento adeguato hanno avuto solo fallimenti scoraggianti.

La malattia è ora in una fase di espansione minacciosa, dovuta in parte all'invecchiamento della popolazione, ed è pronta a diventare un'emergenza sanitaria globale. Il disturbo enigmatico - descritto per la prima volta più di 100 anni fa - rimane l'unico tra i principali killer senza un trattamento, una prevenzione o una cura efficaci.

In un nuovo studio, ricercatori del Centro Ricerca Malattie Neurodegenerative ASU-Banner hanno esaminato gli effetti della malattia sul funzionamento dei mitocondri, strutture che hanno una serie di compiti essenziali, tra cui fornire energia alle cellule.

La nuova ricerca rivela che una forma altamente tossica di proteina amiloide-beta, chiamata 'a-beta oligomerica' (OAβ), distrugge il normale funzionamento dei mitocondri. Il risultato è una cascata fatale di eventi che compare all'inizio dello sviluppo dell'MA, decenni prima dell'inizio dei sintomi clinici.

Il risultato più promettente nel nuovo studio è che le cellule neuronali umane possono essere protette dal deterioramento dei mitocondri indotto da OAβ quando vengono pre-trattate con un composto progettato su misura, suggerendo una strada interessante per un obiettivo futuro di farmaci.

Diego Mastroeni, il primo autore del nuovo studio, ha detto:

"I mitocondri sono la principale fonte di energia nelle cellule cerebrali e le carenze nel metabolismo energetico hanno dimostrato di essere uno dei primi eventi nella patologia dell'MA. Questo studio riconferma la tossicità dell'amiloide-beta oligomerica sui mitocondri neuronali e sottolinea l'importanza dei composti protettivi per proteggere i mitocondri dalla tossicità dell'amiloide-beta oligomerica".

I risultati della ricerca appaiono su Alzheimer's & Dementia: The Journal of the Alzheimer's Association come articolo in fase di stampa.

 

Mente fuori fase

L'MA, una malattia caratterizzata da una grave perdita di memoria, è la forma più comune di demenza. La maggior parte dei casi di MA insorge sporadicamente, con l'avanzare dell'età, che è il primo fattore di rischio della malattia. Anche l'ereditarietà di alcuni geni correlati alla malattia può aumentare la suscettibilità di un individuo, sebbene l'MA familiare rappresenti la minoranza dei casi di MA.

Durante le autopsie del cervello di MA si  osservano due segni patologici: i grovigli neurofibrillari intracellulari e le placche senili extracellulari, che tendono a essere presenti nella neocorteccia, nell'ippocampo e in altre regioni sottocorticali cruciali per la funzione cognitiva. Queste osservazioni hanno portato a una teoria dominante della causalità dell'MA, nota come 'ipotesi amiloide'.

La teoria punta il dito sugli accumuli della sostanza proteica appiccicosa amiloide-beta come il fattore critico che avvia la catena di eventi che portano allo sviluppo dell'MA. Mentre l'ipotesi amiloide continua a esercitare una considerevole presa sul campo, un crescente consenso tra i ricercatori si sta allontanando dall'idea che l'accumulo di amiloide-beta è l'evento principale che mette in moto la malattia. Il nuovo studio si concentra sui mitocondri, che sono attualmente oggetto di indagini approfondite per il loro ruolo iniziale nella patologia di MA.

 

Cellule sotto assalto

L'MA sembra bersagliare selettivamente i neuroni per distruggerli, e particolarmente vulnerabili sembrano essere quelli dell'ippocampo, un'area del cervello associata alla memoria.

Nel nuovo studio, le cellule chiamate 'neuroni piramidali', estratte dall'ippocampo di pazienti deceduti per MA, mostrano una marcata riduzione nell'espressione di un gruppo di geni mitocondriali, indicando la loro degradazione da parte dell'OAβ. La riduzione dell'espressione genica mitocondriale è stata osservata anche quando cellule appartenenti a una linea cellulare di neuroblastoma umano sono state esposte a OAβ.

Gli autori sottolineano che non tutti i tipi di cellule del sistema nervoso sono implicati nella disfunzione mitocondriale causata dall'esposizione all'OAβ. L'astrocita ippocampale e le cellule microglia prelevate dagli stessi cervelli affetti da MA non hanno mostrato una funzione mitocondriale ridotta. (Gli astrociti e le microglia svolgono funzioni di supporto nel sistema nervoso, tra cui l'apporto di sostanze nutritive, il mantenimento dell'equilibrio chimico e la riparazione cerebrale dopo un infortunio).

 

Cosa non quadra della teoria amiloide

Un problema con la teoria amiloide dell'MA è la sua incoerenza. I ricercatori hanno riferito che alcuni pazienti anziani, con carichi pesanti di placca amiloide nel cervello, mancano di un deficit cognitivo misurabile, mentre altri pazienti che mostrano poco o nessun accumulo di amiloide mostrano tuttavia una grave forma di demenza di Alzheimer.

Ancora più schiacciante come prova è che una serie di farmaci anti-amiloide, sviluppati per curare l'MA, non sono riusciti a dare alcun beneficio ai pazienti negli studi clinici o ad arrestare l'inesorabile declino cognitivo causato dalla malattia. È sempre più evidente che placche e grovigli sono gli ultimi arrivati nella sequenza devastante di eventi che culmina nella demenza di MA.

Questi fatti hanno portato i ricercatori a cercare altri processi che avvengono nelle primissime fasi, che possono innescare la malattia. Uno dei percorsi più promettenti della nuova ricerca è l'ipotesi cascata mitocondriale, che colloca queste centrali energetiche della cellula al centro dell'azione.

L'ipotesi suggerisce che la funzione mitocondriale, che declina con il naturale invecchiamento, possa essere ulteriormente compromessa in presenza di amiloide-beta, in particolare OAβ, che si forma dal progressivo accumulo di singole unità di Aβ (un milione o più per placca). Il fatto che il grave deficit metabolico appaia come una caratteristica prominente dell'MA coinvolge ulteriormente i mitocondri fornitori di energia come i probabili colpevoli nel processo iniziale della malattia.

 

Mancanza di energia

Sebbene il cervello umano rappresenti solo il 2% del peso corporeo, assorbe il 20% dell'ossigeno totale del corpo. Questo fabbisogno energetico è in gran parte determinato dalle esigenze della foresta di neuroni del cervello, che richiedono quantità prodigiose di energia per la loro segnalazione elettrochimica. L'intensa sete di energia del cervello è continua; anche brevi periodi di ossigeno o di deprivazione di glucosio provocano la morte neuronale.

Le cellule cerebrali soddisfano gran parte del loro fabbisogno energetico grazie alle centrali elettriche che risiedono nel citoplasma della cellula, i mitocondri, che forniscono questa energia sotto forma di ATP. Oltre a servire come organelli subcellulari essenziali per generare l'energia che alimenta la normale funzione cellulare, i mitocondri monitorano anche la salute cellulare e, se necessario, avviano la morte programmata (apoptosi) delle cellule.

I mitocondri sono tuttavia vulnerabili a varie forme di declino e degradazione. Uno dei principali fattori che portano alla loro rottura è un processo chiamato 'stress ossidativo'. Ciò risulta da un disturbo nell'equilibrio tra la produzione di specie reattive dell'ossigeno (radicali liberi) e le difese antiossidanti della cellula.

Quando i meccanismi antiossidanti non riescono più a stare al passo con la produzione di specie reattive dell'ossigeno, si compromette l'espressione del gene mitocondriale. Si sa che il danno ossidativo si verifica molto prima della formazione della placca Aβ, e questo qualifica la disfunzione mitocondriale e lo stress ossidativo nell'MA come attori molto precoci nel processo patologico.

 

Linee di evidenza

Nel nuovo studio, i ricercatori hanno confrontato i neuroni ippocampali, gli astrociti e le microglia dei cervelli con MA. Hanno usato la 'microdissezione laser di cattura', una tecnica che consente di identificare e isolare ogni particolare tipo di cellula, producendo un quadro molto più accurato delle alterazioni imposte dalla malattia su specifici tipi di cellule. (I metodi tradizionali usano omogenati di tessuto cerebrale contenenti una miscela di tipi di cellule, cancellando in questo modo i dati specifici delle cellule).

In esperimenti complementari, il gruppo ha usato cellule di neuroblastoma umano esposte a OAβ. Rispetto ai neuroni di MA, le cellule di neuroblastoma hanno mostrato una riduzione simile nell'espressione di specifici geni mitocondriali codificati; un forte supporto circostanziale degli effetti dannosi dell'OAβ sui mitocondri.

Gli effetti di sovrapposizione sull'espressione genica chiaramente visibili sulle cellule di neuroblastoma, sia con MA che con OAβ, trattate, indicano l'attacco selettivo dell'OAβ sulla fornitura energetica del sistema nervoso, aprendo la porta a una terapia mirata.

In esperimenti successivi, le cellule umane sono state pre-trattate in laboratorio con un analogo del CoQ10 (un composto strutturale in grado di amplificare la produzione di ATP e limitare lo stress ossidativo), prima dell'esposizione all'OAβ. Il composto, progettato da Sidney Hecht, co-autore dello studio e ricercatore di Biodesign, ha agito proteggendo le cellule dalla degradazione causata di norma dall'OAβ alla funzione mitocondriale, offrendo la speranza rinnovata di un trattamento efficace.

Lo studio fissa inoltre il deficit mitocondriale causato dall'esposizione a OAβ come una strada molto promettente per ulteriori ricerche nella battaglia in corso contro questa malattia devastante.

 

 

 


Fonte: Richard Harth in Arizona State University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Diego Mastroeni, Jennifer Nolz, Omar M. Khdour, Shobana Sekar, Elaine Delvaux, Lori Cuyugan, Winnie S. Liang, Sidney M. Hecht, Paul D. Coleman. Oligomeric amyloid β preferentially targets neuronal and not glial mitochondrial-encoded mRNAs. Alzheimer's & Dementia: The Journal of the Alzheimer's Association,  Published online: 23Jan2018 DOI: 10.1016/j.jalz.2017.12.005

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