Ricerche
Imaging cerebrale e genetica insieme per identificare persone a rischio di Alzheimer
Un nuovo studio del Center for Addiction and Mental Health (CAMH) ha trovato le prove che suggeriscono che una variazione di un gene specifico può svolgere un ruolo nella insorgenza tardiva di Alzheimer, la malattia che rappresenta oltre il 90% dei casi di Alzheimer.
Questo studio innovativo ha combinato genetica e imaging cerebrale per stabilire chi può essere a rischio di sviluppo di Alzheimer ad insorgenza tardiva, molto prima della comparsa dei sintomi.
Il gene, che si chiama fattore neurotropico derivato dal cervello (BDNF da brain-derived neurotrophic factor), è fondamentale per mantenere sana la funzione del cervello, in primo luogo della corteccia entorinale e dell'ippocampo, ed è responsabile dell'apprendimento e del funzionamento della memoria. Ricerche precedenti hanno trovato che è presente meno BDNF nel centro della memoria delle persone con diagnosi di Alzheimer. Tuttavia gli studi di associazione genetica da soli non hanno prodotto risultati precisi riguardo questo gene, mentre invece, una combinazione di genetica e di imaging cerebrale ha dimostrato gli effetti evidenti di questo gene nel cervello.
Nello studio, pubblicato negli Archives of General Psychiatry, una variante del gene BDNF chiamato val66met, è stato monitorato ed esaminato in soggetti sani, per vedere che effetto ha avuto sul cervello. La genotipizzazione è stata utilizzata per determinare quali partecipanti allo studio posseggono la variazione del gene.
Poi due tipi di imaging cerebrale - mappatura dello spessore corticale con risonanza magnetica (MRI) ad alta risoluzione, e imaging del tensore di diffusione (DTI), una tecnica basata su MRI che misurale le connessioni strutturali chiave nel cervello - sono stati applicati per misurare le strutture fisiche del cervello di ogni individuo.
Questa combinazione di screening genetico e di imaging ha scoperto che variazioni del gene BDNF val66met influenzano proprio quelle strutture cerebrali e quelle connessioni che si deteriorano nelle prime fasi dell'Alzheimer. "Il nostro campione è costituito da adulti sani che hanno superato tutti i test cognitivi e non mostravano sintomi clinici dell'Alzheimer, ma il cervello di quelli che hanno la variazione del gene aveva differenze nelle strutture cerebrali, coerenti con le modifiche che vediamo nelle persone sin dalle prime fasi dell'Alzheimer", ha detto il Dott. Aristotele Voineskos, medico e scienziato del CAMH, e ricercatore principale dello studio.
I partecipanti che hanno le variazioni hanno più probabilità di averestrutture del lobo temporale più sottili e collegamenti interrotti nel tratto di materia bianca che porta al lobo temporale - le stesse strutture e reti neurali che si deteriorano nel cervello dei malati di Alzheimer i cui cervelli sono esaminati post-mortem.
"In passato, l'Alzheimer poteva essere diagnosticata e trattata solo dopo che si evindeziavano sintomi esteriori", ha aggiunto il dottor Voineskos. "L'identificazione precoce è fondamentale perché, oltre a cercare presto i trattamenti terapeutici per ridurre la sofferenza, il ritardo nell'insorgenza dell'Alzheimer di soli due anni, potenzialmente può ridurre il costo al sistema sanitario canadese di quasi 15 miliardi dollari nei prossimi 10 anni. La combinazione di imaging del cervello e genetica è un approccio fondamentale che può aiutarci a identificare le persone a rischio per l'Alzheimer".
Questo passo avanti nella genetica per immagini può essere utile nella ricerca su altre malattie cerebrali e permetterà ai ricercatori di esaminare in che modo un gene colpisce il cervello e, eventualmente, intervenire prima che una persona sviluppi una malattia.
Fonte:materiali forniti dal Centre for Addiction and Mental Health, via EurekAlert!, un servizio di AAAS.
Riferimento: AN Voineskos, JP Lerch, D. Felsky, S. Shaikh, TK Rajji, D. Miranda, NJ Lobaugh, BH Mulsant, BG Pollock, JL Kennedy. The Brain-Derived Neurotrophic Factor Val66Met Polymorphism and Prediction of Neural Risk for Alzheimer Disease. Archives of General Psychiatry, 2011; 68 (2): 198 DOI: 10.1001/archgenpsychiatry.2010.194
Pubblicato su ScienceDaily, 8 febbraio 2011
Traduzione di Traduzione di Franco Pellizzari.
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