Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Alzheimer: il puzzle complesso della neurodegenerazione


L'Alzheimer è una malattia spaventosa. Incurabile, progressiva, gravosa e tuttora biologicamente misteriosa, colpisce soprattutto gli anziani e fa degenerare inesorabilmente il tessuto cerebrale dei pazienti.


Nel farlo, essa sottrae a milioni di persone la loro memoria e le funzioni cognitive (e la loro compagnia a coniugi, genitori e amici), spesso anni prima che avvenga la morte reale.


E' un problema sanitario enorme, e sta diventando sempre peggiore con l'invecchiamento della popolazione. Il numero di malati di Alzheimer solo negli Stati Uniti era di 4,5 milioni nel 2010, destinato ad aumentare a 7,1 milioni entro il 2025 e ad oltre 100 milioni in tutto il mondo entro il 2050.


Tuttavia, nonostante uno sforzo concertato per studiare la biologia di base della malattia, i suoi meccanismi esatti ancora oggi sono oggetto di dibattito. Peggio ancora, le terapie che sembravano incoraggianti nella ricerca preclinica non sono riuscite finora a mantenere la loro promessa negli studi clinici, il che ha portato un commentatore famoso ad osservare: "L'Alzheimer è un cimitero per i test costosi dei farmaci".


Solo negli ultimi cinque anni sono stati spesi miliardi di dollari dal governo e innumerevoli ore di lavoro dall'industria privata, senza alcun risultato. Perché?


Ebbene, prima di tutto, l'Alzheimer è molto complicato. Conosciamo i suoi segni rivelatori nel cervello: l'accumulo nei neuroni di 'placche' di amiloide-beta che è un frammento di proteina, così come la prevalenza di 'grovigli' della proteina chiamata tau. Ma anche se sappiamo che amiloide-beta e tau sono lì e probabilmente contribuiscono alla morte delle cellule cerebrali, rimangono da chiarire i loro ruoli precisi e i meccanismi nell'Alzheimer, soprattutto all'inizio.


In effetti, molte delle terapie testate si sono concentrate sul blocco dell'accumulo dell'amiloide-beta, con qualcuna che è sembrata giusta fino a prima dell'ultimo ostacolo dello sviluppo dei farmaci: la fase 3 dei test clinici. Ma non è emersa alcuna terapia che conferisca benefici significativi (solo una su 244 è stata approvata tra il 2000 e il 2012!) e la cura attuale è solo un aiuto ad alleviare i sintomi, non affronta le cause profonde o la progressione lenta della malattia.


Nonostante questo, sono attualmente in corso studi clinici su diverse terapie che puntano l'amiloide-beta, con miliardi di dollari ancora in gioco.


Lo sviluppo di terapie efficaci è reso ancora più difficile perché l'Alzheimer umano non è stato modellato bene negli organismi sperimentali, come i topi. Il problema è in parte artificiale, la posta in gioco è alta (chi sviluppa un rimedio preventivo o una cura può trarre enormi benefici) e le questioni della proprietà intellettuale perseguitano il settore della ricerca di Alzheimer.


Ad esempio, il Jackson Laboratory, con l'aiuto dei NIH, ha dovuto spezzare la presa di un brevetto che un 'troll' aveva su una particolare mutazione (chiamata «mutazione Svedese», perché è stata trovata per la prima volta in una famiglia svedese con Alzheimer ad insorgenza precoce) e sul suo uso nella ricerca di Alzheimer usando topi progettati per esserne portatori. Tuttavia, le restrizioni sulla proprietà intellettuale limitano ancora i ricercatori di Alzheimer che cercano di usare alcuni modelli animali.


Inoltre, come ci si potrebbe aspettare, è terribilmente difficile imitare anni di usura e rottura mentale e ricreare la graduale degenerazione neuronale in un animale non primate di breve vita. In effetti, molti dei topi-modello attuali accumulano in modo eccessivo l'amiloide-beta e/o la tau nel cervello, ma in genere non esibiscono la neurodegenerazione. E mentre alcuni sono stati progettati per essere portatori di mutazioni dell'Alzheimer ad esordio precoce simili a quelle che si trovano negli esseri umani, i meccanismi alla base della comparsa della forma tardiva più comune di Alzheimer sono molto meno chiari o compresi, rendendo impossibile riprodurli in laboratorio.


Dato che è ora evidente che di puzzle dell'Alzheimer negli esseri umani coinvolge molto più che amiloide-beta e tau, è importante espandere l'area di ricerca. Fortunatamente, nuovi dati dai pazienti stanno fornendo indizi sugli altri fattori che potrebbero essere in gioco nello sviluppo dell'Alzheimer ad esordio tardivo.


Sono in corso ricerche per valutare il ruolo dell'infiammazione, l'importanza della barriera emato-encefalica, la complessa interazione tra i sistemi neurologici, e altro, per migliorare la comprensione biologica della malattia. I ricercatori stanno anche prendendo in considerazione i contributi dell'ambiente e del comportamento, in particolare nella forma a tarda insorgenza. Sono estremamente difficili da delineare, perché le piccole influenze che non hanno alcun effetto su pochi anni possono sommarsi fino a essere importanti se persistono per decenni, ma stanno emergendo alcune associazioni robuste.


Un'altra buona notizia è che sono disponibili ai ricercatori nuovi strumenti e metodi potenti che li aiuteranno a indagare la malattia in modi che semplicemente non erano possibili solo pochi anni fa. L'uso di questi strumenti (inclusi ma non limitati a CRISPR e sequenziamento del DNA ad alta capacità) fornisce un modo per tradurre i risultati dalla sperimentazione animale ai pazienti umani con velocità e precisione. La speranza è, naturalmente, che i risultati di questi nuovi modelli animali possano passare alla clinica molto più rapidamente ed efficacemente rispetto a prima.


Valutando le conseguenze biologiche di ogni variante e di ogni sistema perturbato, e imparando come possono contribuire alla morte delle cellule cerebrali, i ricercatori stanno tentando di inserire al loro posto molti altri pezzi del puzzle di Alzheimer.


Il compito resta arduo e le sfide significative, ma c'è ora la tecnologia per capire meglio, e auspicabilmente prevenire o curare, questa terribile malattia. Ci sono motivi di speranza che la ricerca riuscirà presto a trovare la strada giusta e a collegare i punti tra la biologia, lo sviluppo di una terapia e la rilevanza clinica, per portare interventi efficaci ai pazienti che ne hanno bisogno.

 

 

 


Fonte: Mark Wanner, divulgatore scientifico del Jackson Laboratory (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Nuova 'teoria unificata della mente': implicazioni per la prevenzion…

17.07.2025 | Ricerche

In un nuovo studio con implicazioni sulla prevenzione del morbo di Alzheimer (MA) e altr...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

[Greg O'Brien] Scoprire la grazia dell'imperfezione: apprezzare la l…

11.11.2025 | Voci della malattia

"Scrivi in ​​modo forte e chiaro ciò che fa male" (attribuito a Ernest Hemingway)

<...

Il caregiving non fa male alla salute come si pensava, dice uno studio

11.04.2019 | Ricerche

Per decenni, gli studi nelle riviste di ricerca e la stampa popolare hanno riferito che ...

Proteine grumose induriscono i capillari del cervello: nuovo fattore di rischi…

11.09.2020 | Ricerche

I depositi di una proteina chiamata 'Medin', che è presente in quasi tutti gli anziani, ...

Il sonno resetta i neuroni per i nuovi ricordi del giorno dopo

11.09.2024 | Ricerche

Tutti sanno che una buona notte di sonno ripristina l'energia di una persona; ora un nuo...

Diagnosi di Alzheimer: prenditi del tempo per elaborarla, poi vai avanti con m…

4.12.2023 | Esperienze & Opinioni

Come posso accettare la diagnosi di Alzheimer?

Nathaniel Branden, compianto psicoterape...

Tre modi per smettere di preoccuparti

29.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Sai di essere una persona apprensiva se ti identifichi con Flounder in La Sirenetta o co...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Questo approccio di medicina di precisione potrebbe aiutarti a ritardare la de…

5.12.2025 | Ricerche

Secondo un nuovo studio condotto alla Università della California di San Francisco, la c...

I ricordi perduti potrebbero essere ripristinati: speranza per l'Alzheime…

21.12.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca effettuata alla University of California di ...

Allenamento con i pesi protegge il cervello delle persone anziane dalla demenz…

15.04.2025 | Ricerche

Uno studio, condotto presso l'Università di Stato di Campinas (Brasile), ha scoperto che dopo sei...

Studio cinese: 'Metti spezie nel tuo cibo per tenere a bada l'Alzhei…

13.01.2022 | Ricerche

Proprio come 'una mela al giorno toglie il medico di torno', sono ben noti i benefici di...

Lavati i denti, posticipa l'Alzheimer: legame diretto tra gengivite e mal…

4.06.2019 | Ricerche

Dei ricercatori hanno stabilito che la malattia gengivale (gengivite) ha un ruolo decisi...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Scoperta nuova causa di Alzheimer e di demenza vascolare

21.09.2023 | Ricerche

Uno studio evidenzia la degenerazione delle microglia nel cervello causata dalla tossicità del ferro...

Dott. Perlmutter: Sì, l'Alzheimer può essere invertito!

6.12.2018 | Ricerche

Sono spesso citato affermare che non esiste un approccio farmaceutico che abbia un'effic...

Cosa rimane del sé dopo che la memoria se n'è andata?

7.04.2020 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato da una progressiva perdita di memoria. Nelle...

La scoperta del punto di svolta nell'Alzheimer può migliorare i test di n…

20.05.2022 | Ricerche

 Intervista al neurologo William Seeley della Università della California di San Francisco

...

Svelata una teoria rivoluzionaria sull'origine dell'Alzheimer

28.12.2023 | Ricerche

Nonostante colpisca milioni di persone in tutto il mondo, il morbo di Alzheimer (MA) man...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.