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Il cervello conserva i ricordi recenti 'cellula per cellula'

Il cervello conserva i ricordi recenti 'cellula per cellula'Neurone umano che mostra la formazione di actina in risposta alla stimolazione. (Fonte: Michael A. Colicos, UC San Diego)Confermando quello che i teorici neurocomputazionali stanno sospettando da tempo, ricercatori del Dignity Health Barrow Neurological Institute di Phoenix in Arizona e della University of California di San Diego hanno appena segnalato che il cervello umano blocca i ricordi episodici nell'ippocampo, impegnando ogni ricordo in una frazione netta e distribuita di cellule singole.


I risultati, pubblicati il 16 giugno su PNAS, chiariscono ulteriormente la base neurale della memoria umana e possono, in ultima analisi, far luce su nuovi trattamenti per le malattie e le condizioni che la influenzano negativamente, come l'Alzheimer e l'epilessia.


"Per capire veramente come il cervello rappresenta la memoria, dobbiamo capire come la memoria è rappresentata dalle unità fondamentali di calcolo del cervello (i singoli neuroni) e le loro reti", ha dichiarato Peter N. Steinmetz, MD, PhD, direttore del programma di neuroingegneria del Barrow e autore senior dello studio. "Conoscere il meccanismo della memoria e del suo recupero è un passo fondamentale per capire come trattare meglio le malattie che provocano una demenza, che danneggiano la nostra popolazione anziana in crescita".


Steinmetz, con il primo autore John T. Wixted, PhD, Professore di Psicologia, Larry R. Squire, PhD, professore dei dipartimenti di neuroscienze, psichiatria e psicologia, entrambi alla UC San Diego, e i colleghi, hanno valutato nove pazienti con epilessia, nel cui cervello erano stati impiantati elettrodi per monitorare le convulsioni. Il monitoraggio ha registrato l'attività a livello dei singoli neuroni.


I pazienti hanno memorizzato una lista di parole su uno schermo di computer, poi hanno letto una seconda lista, più lunga che conteneva le stesse e altre parole. Sono stati invitati a identificare le parole che avevano visto in precedenza, e a indicare quanto le ricordavano. La differenza osservata nell'attività di attivazione («firing») delle cellule, tra le parole viste sul primo elenco e quelle non in lista, indicava chiaramente che le cellule nell'ippocampo stavano rappresentando i ricordi delle parole.


I ricercatori hanno scoperto che le parole viste di recente sono state immagazzinate in modo distribuito per tutto l'ippocampo, con una piccola frazione di cellule (circa il 2%) che rispondeva a qualsiasi parola e una piccola frazione di parole (circa il 3%) che produceva una forte variazione nel «firing» di queste cellule. "Intuitivamente, ci si potrebbe aspettare di trovare che ogni neurone che risponde ad un elemento dalla lista potrebbe rispondere anche alle altre voci della lista, ma i nostri risultati non dicono niente di simile. La cosa sorprendente di questi risultati controintuitivi è che non avrebbero potuto essere più in linea con quanto avevano predetto tempo fa influenti teorici neurocomputazionali", ha detto Wixted.


Anche se solo una piccola frazione di cellule codificasse la memoria recente di qualsiasi parola, gli scienziati hanno detto che il numero assoluto di cellule memoria-codificanti per ogni parola era grande comunque, almeno nell'ordine di centinaia di migliaia. Quindi, la perdita di ogni cellula, hanno notato, avrebbe un impatto trascurabile sulla capacità di una persona di ricordare parole specifiche viste di recente.


Infine, gli scienziati hanno detto che il loro obiettivo è capire appieno come il cervello umano forma e rappresenta i ricordi di luoghi e cose nella vita di tutti i giorni, quali cellule sono coinvolte e come queste cellule sono colpite da malattie e infermità. I ricercatori in seguito tenteranno di determinare se una codifica simile è coinvolta nei ricordi di immagini di persone e punti di riferimento e come le cellule dell'ippocampo che rappresentano la memoria sono influenzate nei pazienti con le forme più gravi di epilessia.

 

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Hanno collaborato Yoonhee Jang, University of Montana; Megan H. Papesh, Louisiana State University; Stephen D. Goldinger, Arizona State University; Joel Kuhn, UCSD; Kris A. Smith e David M. Treiman, Barrow Neurological Institute. Il finanziamento per questa ricerca è arrivato, in parte, dal Medical Research Service of the Department of Veterans Affairs, dall'Istituto Nazionale di Salute Mentale, dal National Institute for Deafness and Other Communications Disorders, dalla Barrow Neurological Foundation, dall'Arizona Biomedical Research Council e dal Kavli Institute for Brain and Mind della UC San Diego.

 

 

 

 

 


FonteUniversity of California, San Diego Health Sciences  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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