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'Mi sento ancora me stesso': i benefici dell'arte nelle persone con demenza

lobster telephone salvador dali national gallery of australiaSalvador Dalí, «Lobster Telephone», (1936) National Gallery of Australia, Canberra

I programmi con l'arte per le persone con demenza esistono da anni nei musei e istituzioni artistiche in tutto il mondo, come al Museo di Arte Moderna di New York (MoMA) e allo Studio Museum di Harlem. Anche se tra i ricercatori c'è la crescente consapevolezza che i programmi d'arte hanno la capacità di migliorare la qualità della vita delle persone con demenza, pochi studi hanno testato l'impatto cognitivo e fisiologico di queste iniziative.


Ma ora, uno studio medico basato su campioni di saliva raccolti dai partecipanti in un programma della National Gallery of Australia (NGA) di Canberra ha trovato prove concrete della capacità dell'arte visiva di alleviare i sintomi di demenza.


Il programma 'Arte e Demenza' della NGA prevede percorsi basati sulla discussione nei quali i partecipanti discutono e si impegnano con le opere d'arte della collezione del museo in 6 appuntamenti settimanali di un'ora ciascuno. Il programma, che è stato inizialmente lanciato come progetto pilota nel 2007, è ispirato al 'Meet Me at MoMA' un programma mensile del MoMA per le persone con demenza e i loro familiari o caregiver.


Poiché spesso le persone con demenza soffrono di isolamento sociale, le attività offerte da questi programmi danno loro un senso di inclusione, un'attività mentale stimolante, e la possibilità di esprimere emozioni e richiamare i ricordi.


Demenza è un termine generico usato per descrivere un certo numero di malattie e condizioni, la più comune delle quali è il morbo di Alzheimer (MA). La definizione di demenza include un elenco di deficit cognitivi che causano il declino progressivo nel funzionamento della persona, come perdita di memoria, afasia, deterioramento delle abilità sociali e del ragionamento, e incapacità di pianificare e di promuovere un comportamento complesso. Questi sintomi si manifestano in modo diverso nei diversi pazienti. Anche se i sintomi possono migliorare con un trattamento, molte delle malattie che li causano sono incurabili.


In Australia, la demenza è la prima causa di morte delle donne e la seconda di tutti gli australiani, secondo un rapporto pubblicato dall'Australian Bureau of Statistics (negli Stati Uniti, il MA è la sesta causa di morte).


Nathan M. D'Cunha, un dottorando dell'Università di Canberra, ha guidato un gruppo di ricercatori in uno studio che ha monitorato 28 partecipanti del programma Arte e Demenza della NGA prima, durante e dopo il programma. Durante questo periodo, sono stati raccolti campioni di saliva dai partecipanti per determinare i livelli di cortisolo, meglio conosciuto come 'ormone dello stress', che ha un ruolo importante nei sintomi di demenza.


Livelli elevati di cortisolo sono associati a un maggior deterioramento cognitivo, a più restringimento del cervello, e a un declino più rapido della funzione cognitiva. Secondo lo studio, i livelli normali di cortisolo diventano di solito più elevati al risveglio, poi calano durante il giorno e diminuiscono sensibilmente al momento di coricarsi. Ma la demenza distrugge questo ritmo, provocando un aumento di fragilità, stress, agitazione e riduzione delle prestazioni cognitive.


“Dopo l'intervento di sei settimane, abbiamo trovato un miglioramento del ritmo del cortisolo salivare in tutto il giorno”, ci ha detto D'Cunha. “Abbiamo anche trovato che l'intervento ha migliorato alcuni aspetti del benessere. Pensiamo che se questi benefici fisiologici e psicologici potessero essere sostenuti per lunghi periodi, potrebbero contribuire a migliorare la qualità della vita”.


Uno dei fatti salienti dello studio è che quasi la metà dei partecipanti era in grado di ricordare le opere d'arte discusse nel programma, sei settimane dopo la sua fine.


“Dei 25 partecipanti di cui abbiamo completato la raccolta dei dati, 12 hanno ricordato aspetti specifici  del programma Arte e Demenza”, ha detto D'Cunha. “Per esempio, alcuni erano in grado di descrivere alcune opere d'arte con qualche dettaglio e ciò che a loro piaceva o non piaceva di esse”. D'Cunha ha aggiunto che alcuni dei partecipanti hanno riferito episodi di calo del sundowning, la 'confusione della sera'.


L'interesse di D'Cunha nello studio va oltre la sua ricerca accademica. “Ho un forte collegamento personale con la demenza”, ha detto. “Ho passato tre anni a lavorare in una struttura di assistenza agli anziani, e tutte e due le mie nonne e mia madre hanno avuto la diagnosi a meno di 10 anni l'una dall'altra”. Il ricercatore ha sottolineato che i risultati dello studio sono preliminari e che sono necessari test a lungo termine dei livelli di cortisolo.


“Lo studio di Nathan ha rivelato in modo significativo ciò che gli educatori osservano anedotticamente: che visitare una galleria e partecipare ad un programma regolare facilitato ha un impatto sociale”, ha detto Adriane Boag, produttrice di programmi pubblici con responsabilità per l'inclusione all'accesso della NGA.


La Boag, artista e storica dell'arte, ha supervisionato il programma Arte e Demenza sin dal suo inizio. “Il programma supporta la fantasia dei partecipanti e fornisce un percorso agli individui per creare una visione positiva della loro capacità”, ha scritto. “E incoraggia l'apprendimento e crea un senso di realizzazione”.


L'arte visionata nel programma comprende opere di Salvador Dalí, Roy Lichtenstein, e degli artisti australiani Martin Sharp, Eric Wilson, e John Olsen.


Il 'Telefono-Aragosta' di Dalí, in cui un'aragosta in gesso è montata su un telefono a disco, è una delle 11 opere che Edward James, poeta inglese e ricco collezionista d'arte, ha commissionato all'artista nel 1936. Questa particolare opera d'arte, secondo D'Cunha, era uno dei pezzi più popolari tra i partecipanti: “Diversi partecipanti hanno ricordato la conversazione esilarante che ne seguiva, quando cercavano di ipotizzare il motivo per cui l'artista avrebbe creato un tale lavoro!”.


“Il lavoro [di Dalí] contiene sorpresa e umorismo, sconvolge le nostre aspettative di un oggetto utile e solletica l'immaginazione”, ha spiegato la Boag. “Il lavoro introduce concetti come la comunicazione e gli effetti della demenza sulla ricerca delle parole, i percorsi ritardati di elaborazione delle informazioni e il riconoscimento degli oggetti quando sono resi non familiari”.


Ciò, tuttavia, potrebbe non essere il modo in cui Dalí stesso avrebbe interpretato quest'opera specifica, che viene chiamata a volte 'Telefono Afrodisiaco'. Aragoste e telefoni, che sono entrambi motivi ricorrenti nelle opere di Dalì, avevano forti connotazioni sessuali per l'artista. Non è un caso che la coda dell'aragosta, dove si trova il suo organo sessuale, sia posizionata direttamente sopra il microfono del telefono.


Un altro lavoro che ha scatenato la fantasia dei partecipanti era 'Arena' (1977) del pittore americano Robert Ryman. Come in molte delle sue opere, il dipinto è una tela pulita di vernice bianca. “Per 20 minuti, lo scetticismo nel gruppo è stato sostituito da una riluttante ammirazione e dal godimento della natura giocosa e stimolante di un dipinto in cui non c'è apparentemente niente da vedere”, ha scritto la Boag.


D'Cunha ha spiegato che mentre la discussione sull'arte e le attività partecipative all'arte non possono essere considerate un trattamento, è un modo perfetto per mantenere attivo il cervello e sfidare nuovi modi di pensare attraverso il tentativo di interpretare l'arte. “Abbiamo notato che molti partecipanti ricordano le cose del passato mentre guardano l'arte, ed in alcuni casi, si emozionano abbastanza", ha aggiunto.


Il ritorno dei partecipanti è stato assolutamente positivo, in base alle testimonianze raccolte nei 12 anni del programma. “Sento di essere ancora me stessa”, ha detto Judith, una delle partecipanti. “È bello venire qui perché tutti noi sappiamo di avere lo stesso problema, per cui accettiamo quando qualcuno ... dimentica. Mi sento di appartenere, in qualche modo”.


Wendy, un'altra partecipante, ha scritto, “L'unica volta che sento alzarsi la nuvola viola della mia diagnosi è quando vengo nella galleria”.


George, che ha scritto “Mi sento come se stessi scomparendo” all'inizio del programma, lo ha finito così: “È stato così positivo, mi sento di nuovo intelligente”.

 

 

 


Fonte: Hakim Bishara in Hyperallergic (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Nathan M. D’Cunha, Andrew J. McKune, Stephen Isbel, Jane Kellett, Ekavi N. Georgousopoulou and Nenad Naumovski. Psychophysiological Responses in People Living with Dementia after an Art Gallery Intervention: An Exploratory Study. Journal of Alzheimer's Disease, 12 Nov 2019, DOI

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