E' così facile pensare al vuoto quando la persona davanti a te non parla, o quando produce suoni incomprensibili, o dice cose che non sembrano avere un senso, o non ricorda cosa è successo da un minuto all'altro.
Questa è una reazione normale, ma che porta in genere a tutta una serie di comportamenti involontari dannosi verso la persona: parlare come se la persona non sia presente, o rivolgersi a lei come si farebbe con un bambino, o non darle la possibilità di prendere decisioni di cui lei è ancora capace, o assumere che interagire con lei non sia importante.
La persona, i cui bisogni essenziali come la dignità, le relazioni e l'autonomia non sono soddisfatti, è lasciata con una serie di forti emozioni (rabbia, dolore, vergogna, depressione) che lei non è in grado di esprimere adeguatamente a causa delle sue limitazioni cognitive. Per disperazione, la persona si isola o esagera, diventando aggressiva, iperattiva, errante, con grida e pianti. Abbiamo portato la persona alla follia, e adesso le diamo la colpa. Questo è folle. Invece è necessario migliorare la comprensione di cosa vuol dire convivere con l'Alzheimer.
Qui sono otto consigli per cambiare il modo di rapportarsi alle persone con Alzheimer o dimenticanza - una parola più gentile di demenza:
Il fatto che la persona non parla, non significa che lei non ascolta e non comprende. Non importa quanto isolata o non reattiva possa apparire la persona, bisogna agire e parlare come se fosse del tutto consapevole. Questo vieta di parlare di lei con altre persone alla sua presenza, o ignorarla, o usare un linguaggio irrispettoso. Trattiamola come noi vorremmo essere trattati, solo con linguaggio più semplice e parlando lentamente in modo da massimizzare le sue possibilità di comprenderci.
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Non ricordare i fatti, non significa che il cuore non capisce o non ricorda. Al contrario, le persone con la dimenticanza sono molto in sintonia con la qualità delle loro relazioni, e portano con sé l'impronta emotiva delle interazioni precedenti, sia positive che negative. Mia madre potrebbe non ricordare che l'ho chiamata poco fa, ma l'effetto positivo della nostra conversazione telefonica resterà per ore in seguito.
La perdita di abilità, non importa quanto grave, non significa che TUTTE le abilità sono perse. La ricerca mostra che le alcune abilità rimangono, anche in fasi avanzate della dimenticanza: vivere l'orgoglio, provare vergogna e imbarazzo, sentire preoccupazione per gli altri, comunicare sentimenti con chi assiste, mantenire la dignità, l'autostima e la consapevolezza spirituale. Questo è ben lontano da quello che siamo abituati a pensare.
Ciò che appare come un comportamento privo di senso, di fatto ha molto senso dal punto di vista della persona ammalata. Produrre suoni può essere un modo disperato di calmare se stessi di fronte alla alienazione estrema. L'iperattività è un modo per incanalare la propria ansia o la noia. Vagabondare può essere visto come la ricerca di qualcosa che manca, come la propria casa vecchia, o la perdita di un senso di legame. Urlare è una richiesta di aiuto. I gesti aggressivi sono espressione di rabbia dal non avere i propri bisogni affrontati adeguatamente, o dalla propria frustrazione per le molte perdite connesse all'Alzheimer. Noi vediamo tutti questi comportamenti come tentativi di far fronte al disagio reale.
La persona non è un bambino, anche se alcuni dei suoi comportamenti possono farcelo credere. La persona può avere bisogno di assistenza con attività essenziali, come mangiare, vestirsi, fare la doccia, pettinarsi, ecc, o può impegnarsi in modalità pre-verbali della comunicazione - comportamenti che normalmente si associano con bambini molto piccoli. Ma lei non è un bambino. Lei è un adulto, con anni di esperienza e saggezza accumulata, conservate in gran parte nel cuore e nello spirito. Anche se con le migliori intenzioni, infantilizzare la persona la farà solo sentire peggio.
Non è tutta una discesa da qui in poi, almeno non sempre. Il viaggio attraverso la dimenticanza non è lineare, con alcune notevoli novità di volta in volta, spesso causate da pur giusti contesti. Abbondano le storie di persone che iniziano a parlare o sorridere di nuovo, dopo che sono stati spostate in un ambiente diverso, quello in cui si sentono sicure, impegnate e amate.
Il fatto che la persona combatta a iniziare qualche compito non significa che sia incapace di prendere qualsiasi decisione. In caso di dubbio, meglio eccedere nell'esplorare la gamma di abilità della persona. Preservare la capacità di fare scelte, non importa quanto piccola, è particolarmente cruciale. Molte volte, ho visto compagni farsi carico di tutti gli aspetti della vita di una ammalato, privandolo inconsciamente della possibilità di prendere anche una semplice decisione, come decidere quali vestiti indossare la mattina. Quale abito, il blu o il rosso? Noi tutti vogliamo sentire che abbiamo ancora il controllo, in qualche modo.
Chiedere cosa fare della persona può essere la domanda sbagliata. Siamo parte della cultura del fare. A volte, tutto ciò che ci è richiesto è stare semplicemente con una persona - come condividere momenti assieme seduti, camminando, ascoltando musica, guardando un tramonto o sfiorarle la mano - dopo che abbiamo chiesto il suo permesso. Si tratta di una esperienza non diversa dalla meditazione.
Più comprendiamo, più facile sarà per noi e per la persona in cura.
Postato da Marguerite Manteau-Rao su The Huffington Post il 13 marzo 2011 Traduzione di Franco Pellizzari.
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