Quando avevo 16 anni mettevo in discussione le idee Battiste politicamente conservatrici della mia famiglia.
Poi al college ho visto un amico dopo l'altro arruolato e spedito, contro i suoi principi, a combattere in Vietnam. Ho visto una serie di proprietari rifiutare di affittare i loro appartamenti ai miei amici, un uomo bianco e una donna nera che erano, dopo tutto, sposati.
Ho sentito il bisogno di prendere una posizione.
La rottura
Più o meno al tempo in cui mi sono laureata al college, mi sono affialiata alla Chiesa Episcopale. Mia madre, per la quale «liberale» era una brutta parola, considerava liberale la chiesa episcopale. Ho aderito anch'io alle proteste contro la guerra e per i diritti civili. A quel punto, mio padre era morto da quasi dieci anni. Quando vedevo mia madre, a Natale e in estate, mi chiedeva con sincera perplessità perché i miei amici erano contro la guerra. Erano ingrati, pensava, e auto-indulgenti.
Trovare cose in comune
In quegli anni, amavo mia madre quasi senza riserve. Dopo tutto, aveva tenuto eroicamente unita la nostra famiglia dopo la morte di mio padre. Ma mi sentivo profondamente distante da lei. Questo tipo di disaffezione tra le generazioni negli anni sessanta non era insolito. I nostri genitori hanno vissuto la Grande Depressione e la II Guerra Mondiale. E così, forse naturalmente, volevano che l'America esercitasse un'influenza sugli eventi mondiali. Al contrario, i loro figli erano diffidenti sull'arroganza americana e arrabbiati per il nostro impulso ad invadere altri paesi. Aggiungerei a questa differenza politica il fatto che stavo facendo un dottorato di ricerca in inglese e a mia madre non piaceva leggere.
Non che mia madre o io avessimo mai parlato insieme di questo. Parlavamo di vestiti, del suo modo di comporre i fiori, del giardinaggio e dei nostri amici comuni. Quando la visitavo, andavo in chiesa con lei. Quando lei ci visitava, andavamo alla mia chiesa. Ma la nostra vita religiosa restava divergente, anche se eravamo entrambe convinte che la fede fosse cruciale.
Poi ho avuto dei figli. Lei li adorava. In modo totale. Si sarebbe trascinata attraverso il Sahara con le unghie per trascorrere del tempo con loro. A sua richiesta, mandavo il primogenito a trascorrere un paio di settimane con lei ogni estate. Questo si è rivelato un modo meraviglioso di tenere insieme la famiglia. Io e mia madre ci radunavamo attorno ai bambini alle feste e ai compleanni. Ci apprezzavamo molto l'un l'altra, ma comunque avevamo molto poco in comune.
Quando ho cominciato ad occuparmi di mia madre, quello era lo stato del nostro rapporto. Quello che non sapevo allora è che caregiver e malati di Alzheimer condividono una intimità forzata. Una intimità che sentivo imbarazzante in un primo momento. Ho imparato più di quanto avrei voluto circa i dettagli della vita finanziaria di mia madre, per esempio. E alla fine ho dovuto aiutarla a camminare, aiutarla a mangiare. Ho imparato a farle il bagno.
Con mia sorella abbiamo preso le decisioni circa i suoi medici e i suoi farmaci. L'abbiamo chiamata ogni giorno, io o mio marito, parlando sulle sue gioie e delle sue preoccupazioni, anche le più piccole. Non potevo più sfuggire a mia madre mettendo le vacanze e i bambini tra di noi.
Lentamente io e mia madre abbiamo, nei fatti, forgiato una connessione profonda e potente. Il nostro rapporto è cresciuto a poco a poco negli anni prima che morisse. Nei post precedenti ho scritto di come è successo, come è possibile che si sia realizzato. E come questo tipo di connessione può salvare sia il paziente che il suo caregiver dalla depressione e dalla tristezza. (Se interessa si possono leggere qui: Un nuovo modo di pensare alla demenza (1 di 2), Alzheimer: è sbagliato ridere?, Ignora quello che si dice in giro sull'Alzheimer, Prendersi cura di un genitore con i fratelli, I regali che ho avuto occupandomi di mia madre (2 di 2), E allora che cosa è esattamente la memoria?)
Quel legame che ho formato con mia madre, lo considero come uno dei più grandi doni della mia vita.
La metà degli americani cambia affiliazione religiosa prima dei 25 anni
Non ero l'unica ad aver respinto la religione dei propri genitori. Secondo uno studio condotto dal Forum on Religion & Public Life del Pew Research Center, oltre la metà degli americani cambia appartenenza religiosa prima dei 24 anni. E' ovvio quindi che in mezza età molti di noi si occupano di genitori dei quali abbiamo rifiutato la fede. Questo deve essere parte dell'imbarazzo del nostro ruolo di caregiver: molti di noi partecipano ad un rapporto molto intimo con genitori dai quali abbiamo preso strade diverse.
Una epifania
Durante i molti anni che mi sono occupata di mia madre, il lavoro sembrava uno sgobbare orribile e triste. Mi sono sentita così fino a una terribile notte a Dallas. Ero sbarcata all'aeroporto di Dallas-Fort Worth, affittato una macchina e preso una direzione sbagliata verso la I-635. Era dopo l'una di notte e non avevo il GPS. Ero esausta e trovavo sempre più difficile concentrarmi. Una superstrada veloce portava ad un'altra e non avevo idea di come tornare sulla I-635. Le luci erano spente in tutti i fast food sulle strade di accesso e non c'era modo di chiedere indicazioni. Ho continuato a guidare. Ero dentro un incubo, andando velocemente sempre più lontano da dove dovevo recarmi.
Ho cominciato a capire che ero persa in senso lato. Non c'era in inizio chiaro nè una fine percepibile a questo caregiving. E poi sorprendentemente, ho capito che io, mia sorella e mia madre eravamo in pellegrinaggio. Mi resi conto che stavo acquisendo discipline spirituali: ospitalità, pazienza, preghiera, come aspettare, come lasciare andare. Ho capito che probabilmente non avrei potuto mai imparare queste cose in altro modo.
La sera dopo, tenevo la mano di mia madre e insieme abbiamo recitato il ventitreesimo salmo. Era uno dei pochi brani biblici che poteva ancora ricordare. Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. L'ho sentita ripetere quelle parole così agevolmente, come se la sua memoria fosse perfetta.
Quello che ho capito, quando l'ho baciata per la buona notte e ho lasciato il suo edificio era questo: nonostante tutte le nostre differenze, quando io e mia madre abbiamo detto quel salmo insieme, probabilmente intendevamo in pratica la stessa cosa.
Fonte: Jeanne Murray Walker, PhD in Psychology Today (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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