PARIGI - Più di 100 anni dopo che è stato colto nell'atto di rovinare il cervello di un paziente, l'Alzheimer rimane una delle più grandi sfide della medicina in quanto priva sempre più persone della loro memoria e indipendenza.
I ricercatori cercano di arrestarne il progresso, riferendo piccoli passi in avanti insieme a molte battute d'arresto frustranti.
E mentre l'assistenza ai malati di Alzheimer è migliorata da quando l'ex presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e lo scrittore britannico di fantascienza Terry Pratchett hanno contribuito a limitare lo stigma, i meccanismi chiave della malattia restano un enigma. L'Alzheimer provoca due terzi dei casi di demenza (colpisce una persona su 200) e trovare una cura non è mai stato più pressante visto che la popolazione mondiale cresce e invecchia.
"Ci sarà uno tsunami in termini di costi" ha detto alla AFP il direttore delle iniziative scientifiche dell'Alzheimer Association degli StatiUniti, Dean Hartley, in vista della Giornata Mondiale dell'Alzheimer il 21 settembre. Una porta per la speranza si è chiusa il mese scorso quando i giganti farmaceutici Eli Lilly, Pfizer e Johnson & Johnson hanno bloccato i test di terapie tanto attese che non hanno superato gli studi clinici. Il 6 settembre, ricercatori francesi hanno annunciato che l'estratto di pianta ginko biloba, ampiamente commercializzato come rimedio naturale di Alzheimer, in realtà non previene la demenza.
Incolpando almeno in parte l'insufficienza dei finanziamenti, i ricercatori dicono che ancora non sanno bene cosa fare delle placche e grovigli che il medico tedesco Alois Alzheimer (foto Wikipedia in alto) ha visto per primo nel cervello di un paziente con demenza morto nel 1906. Poca ricerca si è fatta fino agli anni '60, anche perché c'erano meno persone che vivevano fino all'età in cui si presenta la malattia. Oggi, gli unici farmaci nel nostro arsenale trattano alcuni sintomi, ma sono incapaci di rallentare la progressione del morbo.
"Le persone sono risolutamente alla ricerca disperata di medicinali, sia le persone affette da questa malattia, che quelle attorno a loro", ha detto Eric Karran, direttore di ricerca di Alzheimer Research UK, aggiungendo che "Questo è un momento critico per questa malattia". "L'industria farmaceutica ha avuto una serie di fallimenti molto, molto costosi. Temo che possa pensare: 'Questo è molto difficile e dovremo solo attendere che la scienza sia più evoluta' ".
Hartley e Karran hanno detto che l'Alzheimer riceve una frazione del denaro speso dai governi per la ricerca sulle malattie, pur essendo una delle malattie più costose in termini di sofferenza e di spesa. Alzheimer Disease International (ADI) proietta il numero di persone affette da demenza da 35,6 milioni nel 2010 a 65,7 milioni entro il 2030 e a 115,4 milioni nel 2050. Il costo, sommando assistenza in ospedale e a domicilio, farmaci e visite cliniche, è previsto che aumenterà di circa l'85 per cento entro il 2030, da circa 600 miliardi di dollari (480 miliardi di euro) nel 2010 - quasi il PIL della Svizzera.
Ma il denaro non è l'unico problema. La malattia è particolarmente complicata da decifrare, anche perché il suo effetto sugli esseri umani è quasi impossibile da replicare negli animali da laboratorio. E la sua lenta progressione è un ostacolo in più. "La malattia sembra essere presente nel cervello delle persone forse 15 anni prima ... di patirne i sintomi", ha detto Karran. L'Alzheimer normalmente diviene evidente intorno all'età di 70 anni, quando i famigliari osservano che la persona amata diventa smemorata e confusa. "Quando i pazienti sono disponibili per essere studiati nelle sperimentazioni cliniche, in realtà si sta guardando una malattia che sta procedendo da 15 anni", uno stadio in cui i neuroni sono già morti, ha detto Karran.
Gli scienziati non sono d'accordo sui ruoli della formazione della placca amiloide beta e di una proteina chiamata tau che forma grovigli all'interno di queste cellule del cervello. La maggior parte delle terapie testate puntavano alla beta amiloide, ma alcuni suggeriscono che in realtà è la tau ad uccidere le cellule cerebrali. "Ancora non capiamo esattamente la relazione tra il danno strutturale e i sintomi cognitivi" ha detto alla AFP il dottorando olandese in neurofisiologia Willem de Haan.
I ricercatori vorrebbero trovare un trattamento che ferma la malattia in una fase precoce, anche prima della comparsa dei sintomi. E anche se non ci sono riusciti, il loro lavoro è scoprire indizi importanti lungo la strada. Si sa già che una piccola percentuale di persone, più donne che uomini, è geneticamente predisposta a sviluppare l'Alzheimer. Una storia familiare di malattia aumenta il rischio. Alcuni studi suggeriscono che una vita sana può ridurre le possibilità di sviluppare la malattia a quelle persone che non portano geni correlati all'Alzheimer.
Anche la diagnostica sta migliorando: nuova ricerca mostra che una semplice test di tracciamento dell'occhio e i disturbi del sonno possono essere indicatori precoci, aiutando le vittime a fare scelte di vita prima che le fasi della malattia passino alla marcia superiore.
Gli esperti ritengono che se i governi, i ricercatori e le case farmaceutiche lavorassero insieme in modo efficiente, potrebbe essere disponibile un trattamento entro 20 anni. Ma mettono anche in guardia contro le false speranze date alle persone disperate. "Trovare un farmaco per una malattia cronica è molto, molto più complicato, per esempio, di mettere un uomo sulla Luna", ha detto Karran.
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Pubblicato da Mariette le Roux (AFP) in Google.com/Hosted News il 17 Settembre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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