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The Father: il film ci porta dentro la mente di un uomo che soffre di demenza
Il film (al cinema dal 20 maggio) è un viaggio angosciante che vale la pena di affrontare. Grazie a un grande Anthony Hopkins che, per questo ruolo, ha vinto il suo secondo Oscar
La vecchiaia sugli schermi non è più un tabù. Al cinema e in tv, sono sempre di più le storie che parlano di acciacchi, disfunzioni erettili e amori senili. Lo fanno con il tono della commedia come Il metodo Kominsky (la terza stagione parte il 28 maggio su Netflix) o Grace and Frankie (sempre Netflix), due serie interpretate rispettivamente da Michael Douglas e Alan Arkin, la prima, e da Jane Fonda e Lily Tomlin, la seconda. Oppure con sfumature più drammatiche.
Appartiene a questa seconda categoria The Father – Nulla è come sembra, arrivato al cinema da noi il 20 maggio in lingua originale e, poi, dal 27 nella versione doppiata. Un film che racconta la progressiva perdita di lucidità dell’anziano protagonista Anthony (Antony Hopkins) e la difficoltà di sua figlia Anne (Olivia Colman) alle prese con un genitore incapace di badare a se stesso ma orgogliosamente determinato a rifiutare ogni aiuto, a cominciare dalla presenza di una badante.
Il film ha vinto due Oscar lo scorso aprile: miglior attore protagonista per Anthony Hopkins (la sua seconda vittoria dopo Il silenzio degli innocenti) e miglior sceneggiatura non originale per Florian Zeller e Christopher Hampton. Florian Zeller, che con questo film ha anche debuttato alla regia, è l’autore del testo teatrale, Il padre, andato in scena per la prima volta a Parigi nel 2012, e vincitore del premio Molière per la miglior commedia e, successivamente, di un Tony e un Olivier (rispettivamente a Frank Langella e Kenneth Cranham) per il miglior attore protagonista nelle versioni allestite a Broadway e nel West End londinese.
Girato tutto in interni, The Father – Nulla è come sembra, come dal sottotitolo in italiano, racconta la perdita del senso della realtà del protagonista creando lo stesso tipo di confusione nello spettatore. L’appartamento londinese in cui ci troviamo si modifica sotto i nostri occhi esattamente come cambia nella mente di Anthony, convinto, a seconda dei momenti, di essere a casa della figlia o nella sua. Da una scena all’altra vediamo cambiare l’arredamento del soggiorno, i mobili della cucina, e apparire o scomparire un quadro appeso sopra al caminetto.
Allo stesso modo, anche i piani della figlia si alterano seguendo il flusso dei ricordi dell’anziano in preda alla confusione: Anne sta lasciando Londra per trasferirsi a Parigi con il suo compagno come sembra annunciare a un certo punto oppure no? Persino la memoria della vita passata fluttua da una certezza all’altra, mentre i volti familiari assumono lineamenti e caratteri diversi. L’effetto è straniante. A tratti angosciante. Per tutta la durata del film si attende una rivelazione, il sollievo di qualcuno che s’intrometta nella narrazione per aiutarci a distinguere tra quello che è nella mente di Anthony e la realtà.
Anthony Hopkins e Olivia Colman hanno raccontato di non avere, nessuno dei due, mai conosciuto direttamente persone affette da demenza e di non aver neppure sentito il bisogno di farlo come preparazione al ruolo. “In un certo senso, non saperne nulla mi ha messo nella condizione ideale per interpretare una donna che si trova ad affrontare una situazione del tutto nuova”, ha detto la Colman.
Anthony Hopkins, che ha compiuto 83 anni e che, a differenza del suo personaggio, è in forma perfetta, sembra aver trovato il modo per convogliare lucidità ed esperienza in una delle sue migliori interpretazioni di sempre. E stiamo parlando di uno dei più grandi attori viventi in assoluto.
Fonte: Enrica Brocardo in Wired.it
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