Pianificare in anticipo per alleviare le sfide morali ed etiche dell'Alzheimer

3 Mag 2024 | Esperienze & Opinioni

Quali sono alcune delle sfide morali o etiche dell'Alzheimer?

 

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Donne che si prendono cura
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Gruppo Auto-Mutuo-Aiuto Valdobbiadene
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Sostegno Psicologico Ottobre 2023

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neurons with amyloid and tau

Uno studio condotto da ricercatori del Massachusetts General Hospital getta nuova luce sul modo in cui i segni distintivi del morbo di Alzheimer (MA), che sono le placche di amiloide-beta (A-beta) e i grovigli neurofibrillari di proteina tau, producono i loro effetti dannosi nel cervello.


I risultati suggeriscono che solo le strategie che puntano allo stesso tempo entrambe le proteine ​​patologiche, piuttosto che una o l'altra, potrebbero essere opzioni terapeutiche promettenti.


Bradley Hyman MD/PhD, direttore dell'Unità Alzheimer al MassGeneral Institute for Neurodegenerative Disease, autore senior della ricerca pubblicata su Nature Neuroscience, dice:

"Il nostro studio attuale rafforza la crescente evidenza che suggerisce che A-beta e tau lavorano insieme per compromettere la funzione cerebrale e che, per alcuni aspetti di tale deterioramento, predomina la tau. Siamo incuriositi di capire come interagiscono a livello molecolare, per trovare il modo di bloccare questa sinergia".


Il gruppo ha usato scansioni avanzate a calcio multifotone per misurare l'attività neurale in diversi topi modello di MA. Gli esperimenti in un modello che sovra-esprime la forma umana di A-beta hanno confermato studi precedenti secondo le quali le placche portano all'iperattività dei neuroni.


Studi con topi di due modelli che sovra-esprimono diverse forme di tau hanno trovato, per la prima volta, che livelli elevati della proteina sono associati a una significativa riduzione dell'attività neurale, indipendentemente dal fatto che la tau fosse aggregata o meno in grovigli.


Esperimenti con un modello di topo innovativo che sovra-esprime sia A-beta che tau hanno scoperto che, in presenza di entrambe le proteine ​​patologiche, sparisce l'iperattività associata all'A-beta e predomina l'effetto di silenziamento neuronale della tau. La scoperta è stata duplicata nei topi indipendentemente dalla loro età, compresi gli animali troppo giovani per mostrare la perdita di neuroni osservata di solito negli animali che sovra-esprimono solo la tau.


Poiché i topi modello usati in questo studio sono stati progettati specificamente per riuscire a bloccare l'espressione della tau con il farmaco antibiotico doxiciclina, i ricercatori hanno misurato l'attività neurale nei topi tau-sovraesprimenti e negli animali che hanno sovra-espresso sia A-beta che tau, prima e sei settimane dopo la somministrazione di doxiciclina.


Mentre il blocco dell'espressione della tau ha restituito livelli normali di attività neurale nei topi che hanno sovra-espresso quella sola proteina, il trattamento con doxiciclina non ha ripristinato l'attività neurale negli animali che esprimono entrambe le proteine ​​patologiche, anche nei topi troppo giovani per mostrare danni neurali.


Gli autori osservano che le loro scoperte potrebbero aiutare a spiegare perché gli studi clinici sulle terapie con beta-bloccanti hanno avuto difficoltà a migliorare i sintomi dei pazienti con MA. Hyman, che è professore di neurologia alla Harvard Medical School, dice:

"Una delle implicazioni del nostro lavoro è che gli approcci che combinano terapie anti-A-beta e anti-tau potrebbero essere più efficaci di ognuna di esse da sola, almeno dal punto di vista dell'attivazione neurale. Trovare che tau e A-beta funzionino in modo sinergico apre le porte a nuove ricerche per capire esattamente come funziona quell'interazione".

 

 

 


Fonte: Massachusetts General Hospital (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Marc Aurel Busche, Susanne Wegmann, Simon Dujardin, Caitlin Commins, Julia Schiantarelli, Naomi Klickstein, Tarun V. Kamath, George A. Carlson, Israel Nelken, Bradley T. Hyman. Tau impairs neural circuits, dominating amyloid-β effects, in Alzheimer models in vivo. Nature Neuroscience, 2018; 22 (1): 57 DOI: 10.1038/s41593-018-0289-8

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