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Scoperta parte dell'interruttore della memoria del cervello

Degli scienziati sud coreani hanno acquisito la prova che il cervello spegne il suo inibitore della memoria per produrre nuovi ricordi.


Nel 1953, un uomo di nome Henry Molaison ha subito un intervento chirurgico per la rimozione della maggior parte del suo ippocampo, nel tentativo di curare gli attacchi epilettici.


L'intervento però è stato un successo parziale, perché oltre a curare i suoi attacchi, gli ha anche inibito la capacità di formare nuovi ricordi a lungo termine.


Sono stati proprio i problemi di memoria di Molaison a indurre i medici a concludere che è l'ippocampo la parte del cervello responsabile della memoria a lungo termine.


Da allora, l'ippocampo è stato studiato spesso, e si è generalmente accettato che ha un ruolo importante nella memoria. Quello che non sono stati studiati a sufficienza sono i processi fisici che avvengono quando si formano nuovi ricordi.


Gli scienziati del Centro IBS di Ricerca sull'RNA e del Dipartimento di Scienze Biologiche della Seoul National University in Corea del Sud, hanno scoperto molteplici meccanismi repressivi nell'ippocampo durante la formazione della memoria, e hanno pubblicato i risultati nel numero di Science di questo mese.


Il team di ricerca ha usato uno strumento chiamato «profilazione del ribosoma» (RPF), così come il sequenziamento dell'RNA per analizzare l'ippocampo di topo.


Al contrario della convinzione diffusa che la formazione della memoria si basa sulla formazione di proteine ​​nel cervello, il gruppo di ricerca ha scoperto che i geni che codificano subunità ribosomiali (l'organello responsabile della traduzione dell'mRNA in proteine) dell'ippocampo sono soppressi in modo traslazionale. Hanno anche scoperto che i livelli ippocampali di ribosomi traducenti sono molto inferiori a quelli di altri organi (fegato, testicoli e reni).


Essi hanno effettuato il sequenziamento dell'RNA e la RPF nell'ippocampo del topo dopo una paura condizionata contestuale, confrontandoli con un gruppo di controllo non testato dopo 5, 10 e 30 minuti e 4 ore dal condizionamento.


L'analisi dei dati ha permesso alla ricerca di comprendere le regolazioni traslazionali e trascrizionali nel cervello durante la formazione della memoria su una scala genomica. Le osservazioni hanno mostrato che l'apprendimento ha indotto due tipi di eventi repressivi: una prima ondata di regolazione traslazionale transitoria dopo circa 5/10 minuti e la soppressione dei geni attraverso una diminuzione dei livelli di mRNA dopo 30 minuti, che è proseguita fino a 4 ore.


Perché accade questo? Sembra che per produrre nuovi ricordi, il cervello abbia bisogno di spegnere i processi genetici che inibiscono la formazione di ricordi. Il ricercatore dell'IBS Jun Cho spiega: "Alcuni di questi geni potrebbero essere 'geni soppressori della memoria' che devono essere sotto-regolati per formare la memoria".


Dopo le analisi si è riscontrato che il Nrsn1 (uno dei nuovi geni identificati che sono sottoposti a rapida repressione traslazionale) può agire come soppressore della formazione della memoria a lungo termine. Inoltre, anche l'attivazione del recettore degli estrogeni ESR1 nell'ippocampo ha compromesso la formazione della memoria.


Quando un animale non esperimenta alcuno stimolo dall'ambiente, l'ippocampo subisce la repressione del gene, impedendo la formazione di nuove memorie. Al momento dell'arrivo di uno stimolo, viene spenta la regolazione genica repressiva dell'ippocampo, consentendo la creazione di nuova memoria, e come dice Jun Cho, "lo studio dimostra l'importanza potenziale della regolazione genica negativa nell'apprendimento e nella memoria".

 

 

 


Fonte: Institute for Basic Science via AlphaGalileo (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Jun Cho, Nam-Kyung Yu, Jun-Hyeok Choi, Su-Eon Sim, SukJae Joshua Kang, Chuljung Kwak, Seung-Woo Lee, Ji-il Kim, Dong Il Choi, V. Narry Kim, and Bong-Kiun Kaang. Multiple repressive mechanisms in the hippocampus during memory formation. Science, 2 October 2015: 82-87. [DOI:10.1126/science.aac7368]

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