Ricerche
Ci avviciniamo alla soluzione? Farmaci prevengono e curano l'Alzheimer nei topi
Immaginiamo una prevenzione, un trattamento o anche una cura farmaceutica per l'Alzheimer. E' quasi impossibile esagerare definendolo sviluppo monumentale e che potrebbe rispondere alle preghiere di milioni di persone.
Sebbene la scienza non ci sia ancora arrivata, un nuovo studio pubblicato su The Journal of Neuroscience, guidato da ricercatori della Scuola di Gerontologia della USC Davis, offre una visione fugace e stuzzicante delle soluzioni potenziali.
"I nostri dati suggeriscono la possibilità di produrre farmaci in grado di prevenire e curare l'Alzheimer", ha detto Christian Pike, l'autore principale, professore e preside di laboratorio della USC Davis. "Vale solo sui topi ma sono dati estremamente incoraggianti".
Il team ha studiato gli effetti di una classe di farmaci chiamati ligandi TSPO su topi maschi, geneticamente modificati per sviluppare l'Alzheimer, chiamati 3xTg-AD. Poiché un meccanismo chiave dei ligandi TSPO è l'aumento della produzione di ormoni steroidi, era importante assicurare che i topi avessero bassi livelli di testosterone e ormoni correlati prima del trattamento. Dei piccoli topi sono stati castrati, mentre nei topi anziani la diminuzione avveniva come normale conseguenza dell'invecchiamento. "Abbiamo esaminato gli effetti dei ligandi TSPO nei topi giovani adulti, quando la patologia è in una fase iniziale, e nei topi anziani quando la patologia era abbastanza grave", spiega Pike. "I ligandi TSPO riducono l'entità della patologia e migliorano il comportamento in entrambe le età".
La scoperta più sorprendente per Pike e il suo team è stato l'effetto dei ligandi TSPO sui topi anziani. Quattro trattamenti - uno alla settimana per quattro settimane - nei topi anziani 3xTg-AD hanno provocato un significativo abbassamento di patologia di tipo Alzheimer e miglioramenti nel comportamento della memoria. Questa scoperta suggerisce la possibilità che i ligandi TSPO possano invertire i componenti dell'Alzheimer e quindi avere il potenziale di essere utili nel trattamento.
Questi risultati possono essere assai significativi anche per gli esseri umani. "I ligandi TSPO sono attualmente utilizzati negli esseri umani in alcuni tipi di neuroimaging. Dei nuovi ligandi TSPO sono nella fase di sviluppo di sperimentazione clinica per il trattamento dell'ansia e di altre condizioni", scrive Pike. "C'è una forte possibilità che leganti TSPO simili a quelli utilizzati nel nostro studio possano essere valutati per l'efficacia terapeutica nei pazienti di Alzheimer entro i prossimi anni".
Alla luce dei risultati, il team cercherà ora di capire come i ligandi TSPO riducono la patologia di Alzheimer. Sulla base delle conoscenze assodate (che i ligandi TSPO possono agire protettivamente, riducendo l'infiammazione, scudando le cellule nervose da una ferita e aumentando la produzione di ormoni neuroattivi nel cervello), il team studierà quali di queste azioni sono più significative nella lotta all'Alzheimer, in modo da sviluppare nuovi ligandi TSPO conseguentemente.
Anche se Pike e il suo team riconoscono che i risultati rappresentano una possibilità interessante, i ricercatori hanno sottolineato anche che essa di fatto non è ancora acquisita. "Ad essere ottimisti, questi dati forniscono risultati molto promettenti, con tangibili benefici potenziali sia per la prevenzione che per il trattamento dell'Alzheimer", precisa Pike. "Il lato pessimistico è che i ricercatori hanno sviluppato molti interventi che curavano l'Alzheimer nei topi, ma che non hanno dimostrato benefici significativi nell'uomo. Stiamo perseguendo in modo cruciale il modo di traslare correttamente questi risultati negli esseri umani".
Hanno collaborato allo studio Anna Barron (studente post-dottorato ex USC Davis e ora al Molecular Imaging Center dell'Istituto Nazionale di Scienze Radiologiche in Giappone); Luis Garcia Segura (Instituto Cajal, Spagna); Donatella Caruso e Roberto Melcangi (Dipartimento di Farmacologia e Scienze Biomolecolari, Centro di Eccellenza per le Malattie Neurodegenerative, Università di Milano), e Anusha Jayaraman e Joo Lee (USC Davis). La ricerca è stata finanziata dal National Institutes of Health a sostegno del Centro di ricerca sulla malattia di Alzheimer dell'USC, diretto da Helena Chui, professore di neurologia e gerontologia della USC.
Fonte: University of Southern California. Articolo originale scritto da Jonathan Riggs.
Riferimento: A. M. Barron, L. M. Garcia-Segura, D. Caruso, A. Jayaraman, J.-W. Lee, R. C. Melcangi, C. J. Pike. Ligand for Translocator Protein Reverses Pathology in a Mouse Model of Alzheimer's Disease. Journal of Neuroscience, 2013; 33 (20): 8891 DOI: 10.1523/JNEUROSCI.1350-13.2013
Pubblicato in Science Daily il 21 Maggio 2013 (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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