Ricerche
Gene di Alzheimer collegato ad altre forme di demenza
Una variante del gene che è ritenuto cruciale nella patogenesi dell'Alzheimer è associata anche ad altre forme di demenza, secondo la segnalazione di ricercatori.
In uno studio di genetica case-control, la variante dell'allele ε4 del gene dell'apolipoproteina E (APOE), era elevata sia nel Parkinson che nella demenza a corpi di Lewy, secondo Cyrus Zabetian (foto), MD, del VA Puget Sound Health Care System di Seattle, e i suoi colleghi.
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I risultati sorprendenti suggeriscono che l'APOE ε4 può contribuire alla neurodegenerazione attraverso meccanismi diversi dall'elaborazione dell'amiloide disturbato che avviene nell'Alzheimer, sostengono Zabetian e colleghi online in Archives of Neurology, che notano inoltre che la malattia dei corpi di Lewy comprende il Parkinson, il Parkinson con demenza, e la demenza a corpi di Lewy, che si distinguono in base a criteri clinici.
Se la demenza viene diagnosticata prima, o contemporaneamente, come parkinsonismo, la malattia è denominata demenza con corpi di Lewy, mentre se il parkinsonismo arriva almeno un anno prima della demenza, viene indicata come demenza di Parkinson. Ma la classificazione è complicata: in alcuni casi i cambiamenti neuropatologici caratteristici della malattia a corpi di Lewy coesistono con quelli dell'Alzheimer.
Per questa analisi, i ricercatori hanno definito quattro tipi di demenza: (1) Alzheimer senza cambiamenti neuropatologici di corpi di Lewy, (2) malattia a corpi di Lewy con le caratteristiche dell'Alzheimer, (3) malattia a corpi di Lewy pura (con caratteristiche di Alzheimer limitate o assenti) e (4) demenza di Parkinson (anch'essa con caratteristiche di Alzheimer limitate o assenti). Hanno condotto un'analisi genetica su autopsie per fissare la frequenza di APOE ε4 in ciascun gruppo, nonché nei controlli cognitivamente normali. In complesso hanno analizzato la genetica di 244 persone con Alzheimer, 224 con corpi di Lewy/Alzheimer, 91 con malattia a corpi di Lewy pura, e 81 con demenza di Parkinson. I risultati sono stati confrontati con quelli di 269 controlli.
Zabetian e colleghi hanno scoperto che, come previsto, la frequenza dell'allele era più alta nei pazienti con Alzheimer o con caratteristiche di Alzheimer rispetto ai controlli: 38,1% e 40,6%, rispettivamente, contro il 7,2%. Le differenze erano significative a P = 1.97 x 10 -32 e P = 1.65 x 10 -35, rispettivamente. Ma, inaspettatamente, i tassi erano superiori anche negli altri due gruppi: il 31,9% nella malattia pura a corpi di Lewy e il 19,1% nella demenza di Parkinson. Le differenze erano significative a P = 1.2 x 10 -16 e P = 1.94 x 10 -5, rispettivamente. E la differenza tra questi ultimi due gruppi è stata significativa a P = 0,01.
In una regressione logistica corretta per età e sesso, utilizzando i controlli come gruppo di riferimento, l'allele ε4 era fortemente associato a tutte e quattro le forme di demenza. Il rapporto di differenza era:
- 9,9 con un intervallo di confidenza del 95%, dal 6,4 al 15,3 per l'Alzheimer
- 12.6 con un intervallo di confidenza del 95% da 8,1 a 19,8 per la malattia a corpi di Lewy con caratteristiche di Alzheimer
- 6.1 con un intervallo di confidenza del 95% da 3,5 a 10,5 per la pura malattia a corpi di Lewy
- 3.1 con un intervallo di confidenza del 95% da 1,7 a 5,6 per la demenza di Parkinson
I ricercatori sostengono che, nonostante ricerche precedenti abbiano collegato l'APOE ε4 all'accumulo di beta amiloide nei pazienti con Alzheimer, questo studio suggerisce che potrebbe svolgere altri ruoli nella neurodegenerazione. Zabetian e colleghi hanno avvertito che, anche se il campione era limitato ai bianchi, non avevano dati genetici sulla stirpe e quindi "non si può escludere del tutto la possibilità di una struttura della popolazione non riconosciuta" nei dati.
Lo studio è stato sostenuto dal Department of Veterans Affairs e il NIH. Zabetian non rivelato confliti di interesse.
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***********************Riferimento: Tsuang D, et al. APOE 4 Increases risk for dementia in pure synucleinopathies. Arch Neurol 2012; DOI: 10.1001/jamaneurol.2013.600.
Scritto da Michael Smith - Verificato da Zalman S. Agus, MD, professore emerito della Perelman School of Medicine alla University of Pennsylvania e da Dorothy Caputo, MA, BSN, RN, pianificatrice di assistenza.
Pubblicato in MedPageToday il 20 Novembre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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