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Atrofia e infarti portano a perdita di memoria in modo indipendente

Un nuovo studio mostra che il volume dell'ippocampo e gli infarti cerebrali contribuiscono in modo indipendente alla perdita di memoria nelle persone anziane senza demenza.

"Abbiamo scoperto che gli infarti cerebrali sono associati a un ippocampo più piccolo, e che sia gli infarti che il volume dell'ippocampo sono associati indipendentemente al funzionamento globale della memoria", concludono i ricercatori, per voce dell'autore senior Adam M. Brickman, PhD, del Taub Institute for Research on Alzheimer and the Aging Brain al Medical Center di New York della Columbia University. "Inoltre, infarti e volume dell'ippocampo sono associati a specifici aspetti del funzionamento della memoria, che si sovrappongono formano un tutt'uno".

La demenza vascolare è stata considerata principalmente un declino nei domini cognitivi non legati alla memoria, in particolare la funzione esecutiva e la velocità di percezione, notano, e qualsiasi declino significativo della memoria è generalmente attribuito alla coesistenza dell'Alzheimer (AD) con l'atrofia ippocampale associata.

"Anche se questo studio non ha esaminato le persone con demenza di per sé, l'implicazione dei nostri dati è significativa in quanto suggeriscono che una storia di infarti cerebrali può portare a un fenotipo che è in genere considerato prodromico dell'AD; in altre parole, gli infarti sono associati a memoria impoverita e ippocampo più piccolo, non solo alle minori prestazioni nei domini nonmemory", concludono gli autori.

Il loro rapporto è pubblicato nel numero stampato del 3 gennaio di Neurology, di cui sono state fatte anticipazioni. E' il primo studio, a loro conoscenza, che esamina se la memoria è associata alla presenza di infarti precedenti indipendente dall'atrofia ippocampale, scrivono.

Infarti e volumi cerebrali

Per questo rapporto, i ricercatori hanno utilizzato dati provenienti da scansioni ad alta risoluzione di risonanza magnetica strutturale (MRI) su 658 ospiti in comunità gli anziani di 65 anni e più, senza demenza all'inizio dello studio, che partecipavano al progetto Washington Heights-Inwood Columbia Aging. Le immagini del cervello sono state utilizzate per calcolare i volumi dell'ippocampo e relativi al cervello, nonché sono stati valutati gli infarti cerebrali corticali e subcorticali.

Tutti sono inoltre stati sottoposti a test neuropsicologici, con punteggi di sintesi che riflettevano le prestazioni su compiti di memoria, linguaggio, velocità di elaborazione, e funzione visuo-spaziale, dichiarano gli autori. "Abbiamo usato diverse analisi di regressione per relazionare gli infarti corticali e subcorticali e i volumi dell'ippocampo e relativi del cervello alle misure di performance cognitiva nei domini di memoria, linguaggio, velocità di elaborazione e capacità visuospaziali".

Hanno scoperto che la presenza di infarti cerebrali era associato ad un ippocampo più piccolo, e un volume più piccolo dell'ippocampo era associato in particolare a minore memoria. "Gli infarti cerebrali sono stati associati a memoria e prestazioni cognitive peggiori in tutti gli altri domini, indipendentemente dal volume dell'ippocampo", scrivono gli autori. L'osservazione che gli infarti cerebrali influenzano la memoria e gli altri domini cognitivi indipendentemente dalle variazioni nell'ippocampo suggerisce un "bisogno fondamentale di prevenzione dell'ictus", aggiungono.

"Colpi multipli"

In un precedente campione prospettico di persone anziane, si nota, oltre il 50% di quelli con demenza avevano patologie multiple all'autopsia, mentre più del 80% delle persone dementi ne avevano una o nessuna. "Questa osservazione suggerisce che la demenza è un effetto cumulativo di 'colpi multipli' che nella maggior parte dei casi includono AD, Parkinson / patologia del corpo di Lewy, e infarti cerebrali; concentrarsi sulla prevenzione di uno dei 'colpi' può diminuire l'incidenza della demenza".

Gli infarti cerebrali sono una lesione cerebrale in gran parte prevenibile, con fattori di rischio e programmi di prevenzione chiaramente identificati, concludono. "Uno sforzo della salute pubblica enfatizzando la prevenzione dell'ictus può ridurre significativamente l'incidenza della demenza".

Lo studio è stato sostenuto dal National Institutes of Health (NIH) e dal Charles and Ann Lee Saunders Fellowship. Il Dr. Brickman fa parte del comitato editoriale del Journal of International Neuropsychological Society and Neuropsychology Review; è consulente di Profase LLC, e riceve il sostegno alla ricerca del NIH e dall'Associazione Alzheimer. L'informativa per gli coautori si trova nel documento.

Neurology, 2012;78:38-46, Abstract.

 

 

 


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Pubblicato in MedscapeToday il 28 dicembre 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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